HO FAME HO SONNO

PERCHÉ QUESTO QUI È PERSINO PEGGIO DI QUELLO LÀ

Le somiglianze fra questo qui e quello là sono molte. È un’inevitabile conseguenza dei sistemi democratici: se vuoi piacere alla gente devi essere uguale alla gente, e se la gente è sempre più o meno uguale è ovvio che i suoi beniamini saranno sempre più o meno uguali. Al massimo differiranno nella pettinatura, nell’accento o nel personaggio interpretato: donnaiolo ridanciano negli anni dell’ascesa, piagnucoloso profeta negli anni del declino, ma per il resto saranno uguali.
Entrambi sono uomini di spettacolo: recitano, cantano, raccontano barzellette e amano le folle adoranti. Entrambi si sforzano di trovare nomi di partito che non contengano la parola “partito”, si fanno chiamare per nome come un qualsiasi Vasco Rossi, sono grandi esperti di gusti e pregiudizi dell’uomo medio, si lamentano sempre di qualche complotto ai loro danni, amano tantissimo gli insulti (soprattutto quelli dati, un po’ meno quelli ricevuti), si definiscono milionari prestati alla politica, sono inclini all’autoritarismo, prediligono la compagnia dei servi, non sopportano le critiche, banalizzano la realtà, si ritengono onniscienti, non ascoltano, si vantano, si ripetono e infine, forse la cosa più deprecabile di tutte, abusano senza ritegno dell’espressione “è una frase estrapolata dal contesto”.


La Terra è tonda, non piatta!

E chi dice il contrario?

Lei.

Io?

Sì, lei! Ha detto in classe davanti a tutti che la Terra è piatta. Me l’ha riferito mia figlia.

È una frase estrapolata dal contesto.

Che contesto?

Facevo di no con la testa.


Fra i due c’è però anche una differenza. Una differenza piccola ma fondamentale che rende questo qui forse persino peggio di quello là. Quello là è uno interessato solo ai fatti propri, non è che abbia chissà quale disegno politico e non gli importa niente del cosiddetto bene comune. Questo lo rende dannoso, certo, ma solo nella misura in cui la realizzazione dei fatti propri ostacola la realizzazione dei fatti altrui, per il resto è innocuo. Tutti sono liberi di fare quello che vogliono, purché lui possa continuare a dedicarsi spensieratamente e ininterrottamente ai tanto cari fatti propri, che sono: ridere, cantare e eiaculare, possibilmente non in carcere. Agisce avendo di mira il suo bene personale, come tutti, ma a differenza di tutti lo persegue anche a costo di procurare danno agli altri. Lui lo sa e se ne frega: “del resto tutti farebbero lo stesso con me”, pensa, e con questo si autoassolve. Non si ritiene più buono degli altri, ma solo più furbo.
Invece questo qui si ritiene più buono. Mentre quello là vuole solo salvare se stesso, questo qui, ed è questa la cosa terribile, vuole salvare il mondo. Questo qui persegue un supposto bene comune fondato sulla convinzione che il mondo sia controllato da un sistema di cattivi che prosperano sulle spalle di un popolo di buoni, e i cattivi sono per definizione tutti coloro che si oppongono ai buoni, cioè lui e i suoi seguaci. “Noi e loro”, dice sempre, e ai cattivi si può dire e fare di tutto, dopotutto sono cattivi. Ciò che rende questo qui peggiore di quello là è che mentre quello là ha un freno morale (freno che decide di ignorare ogni volta che gli fa comodo), questo qui non ne ha nessuno. Questo qui si ritiene un santo in lotta contro il male ed è proprio questo che lo rende (lui e chiunque come lui verrà dopo di lui) capace di tutto.
Dovendo scegliere, meglio finire nelle mani di un delinquente che in quelle di un santo. Almeno col delinquente puoi sperare in un gesto di pietà.

APPENDICE E RIASSUNTO

Finita la “Buca dell’amore”, piccolo modello matematico dell’essere umani, non resta che una cosa da fare: rileggerla da capo. Non ci dovrebbe volere molto, una o due mezze giornate al massimo, undici quarti di mezza giornata a voler proprio esagerare, ma in cambio se ne ricaveranno numerosi insegnamenti di fondamentale importanza per la vita di tutti i giorni, festivi compresi, come per esempio che il clacson non serve a uccidere i piloti avversari. A supporto della lettura ho preparato un’appendice con tutte le grandezze esistenziali fondamentali e le formule che le legano, di modo che sarà sempre possibile avere a portata di mano un pratico formulario utile sia per la comprensione del modello stesso, sia per tutte quelle volte in cui ci si trova di fronte al comportamento apparentemente inesplicabile di un esemplare di homo ss.
A volte si sente dire che “una persona non è un numero”, ed è vero: non è un numero, ma alcuni numeri.


APPENDICE

Amor proprio (a) e intelligenza (i)

a > 0
0 < i < 1

Amori storicoemblematici

aPericle =  0.12
aMarco Aurelio = 0.28
aThomas Jefferson = 0.31
acasalinga di mezza età = 0.51
aGiuliano detto l’Apostata = 0.88
acalciatore professionista = 0.93
aFederico II di Prussia = 1.00
aAlessandro Magno = 1.73
abanale mitomane = 2.07
aNapoleone = 4.71

Saggezza (so) necessaria per raggiungere un obiettivo

0 ≤ so ≤ 1

Obiettivi poco saggi

so < 0.5

Obiettivi saggi

so ≥ 0.5

Sussistenza corporea

so = 0

Illuminazione

so = 1

Obiettività

so = s*
0.5 ≤ s* < 1

Equazione della buca dell’amore sul piano della saggezza (x) necessaria per raggiungere un obiettivo e dell’amor proprio (y) che resta ancora da soddisfare (piano SA)

y = a(x-1)

Equazione di un obiettivo di saggezza so sul piano SA

x = so

Coordinate del momento del raggiungimento di un obiettivo sul piano SA

M: so, aso-a

Orgoglio (oo) dato dal raggiungimento di un obiettivo

oo = aso

Intelligenza minima necessaria per raggiungere un obiettivo

i ≥ so √(a2+1)

Saggezza dell’obiettivo raggiungibile più lontano

sR = i / √(a2+1)

Saggezza dell’obiettivo concepibile più lontano

sC = 1 / √(a2+1)

Irraggiungibilità dell’obiettivo concepibile più lontano

sR < sC

Irraggiungibilità e inconcepibilità dell’illuminazione

sC < 1

Saggezza di una persona

s = sR

Equazione fondamentale della persona

s = i / √(a2+1)

Orgoglio (o) e insoddisfazione (n)

o = as
n = a - o

Condizione di frustrazione

n > o

Stupidità del primo tipo (o stupidità in senso stretto)

i < 0.5

Stupidità del secondo tipo (o stoltezza)

s < 0.5

Stupidità del terzo tipo (o tracotanza)

a > √(1/s*2 - 1)

Amor proprio oltre il quale si è inevitabilmente stolti, frustrati e tracotanti (limite di Alessandro Magno)

a > √3


RIASSUNTO

L'UOMO CHE DISEGNAVA I PESCI

LA BUCA DELL’AMORE (24, 25 E CONCLUSIONI)

24. LA SOLUZIONE DELLA COSA

Chi è poco intelligente è detto stupido (parte 11), chi pur usando tutta la sua intelligenza non fa altro che aggirarsi nei pressi di se stesso è detto poco saggio o stolto (parte 14), chi non riesce a concepire che il comportamento altrui possa avere un senso è detto tracotante (parte 20). Alcuni sono stupidi, molti sono stolti, tutti sono tracotanti, poco o tanto, prima o poi, concretamente o potenzialmente (parti 21 e 23). Dunque il segno distintivo dell’essere umano non è l’intelligenza, non è la saggezza, ma è la tracotanza, cioè quella spiccata e così umana attitudine a non essere umani.
Stabilito questo, è ora finalmente possibile spiegare quella cosa straordinaria che dicevo (parte 1), cioè quella cosa che non riesco a togliermi dalla testa e che non mi lascia dormire durante i discorsi di fine anno del Presidente della Repubblica. Ora è infatti chiaro che il problema non sta nell’assurdità del comportamento umano, ma nell’ambiguità delle parole usate per esprimerlo. Se infatti si usano i termini qui definiti, non solo l’assurdità scompare ma quasi stupisce che una constatazione così evidente possa mettere in moto anche il più piccolo sopracciglio. Infatti, facendo le opportune sostituzioni verbali, si ottiene:

Gli esseri umani, le creature più intelligenti del mondo, sono spesso stolte, e non è raro vedere persone molto sagge comportarsi in modo così tracotante da non essere più umane.


25. TRAIETTORIE DI VITA

Il modello può ancora spiegare molto altro se per esempio si tiene conto dell’evoluzione temporale dell’amor proprio e dell’intelligenza, le due grandezze fondamentali della persona (parti 4 e 6), dalle quali è possibile dedurre tutte le altre: saggezza (parte 12), orgoglio (parte 13) e insoddisfazione (sempre parte 13). Queste grandezze non sono fissate una volta per tutte al momento della nascita, come si è implicitamente fin qui assunto, ma evolvono nel tempo: amor proprio (a) e intelligenza (i) sono funzioni dell’età (t).
Ecco per esempio un possibile modo di esprimere analiticamente l’andamento temporale dell’amor proprio

a(t) = a0 e-t/t’

Uno nasce che si ama tantissimo (a0), ma col passare del tempo si ama sempre meno e il suo amore tende esponenzialmente a zero, un po’ perché invecchiando diventa sempre più assuefatto a se stesso e un po’ perché torna piano piano a essere quello che è sempre stato: niente. Assumiamo che l’amor proprio iniziale tipico della specie umana sia alcune volte il limite di Alessandro Magno, per esempio e volte

a0 = e √3

L’amor proprio di una persona scende sotto tale limite solo dopo un tempo t’ dalla nascita. Cioè t’ è l’età oltre la quale una persona può iniziare a essere saggia, anche se non è detto che lo sarà mai. La figura seguente mostra due casi di evoluzione dell’amor proprio, uno con t’=15 anni (curva continua) e l’altro con t’=40 anni (curva tratteggiata).


Entrambe le persone partono con lo stesso spropositato amor proprio (≈4.71), ma mentre la prima arriva a settant’anni amandosi in maniera ormai trascurabile (≈0.04), la seconda si ama ancora più di Giuliano l’Apostata (≈0.82). Si osservi per inciso che non è detto che t’ sia minore della durata della vita, anzi in certi casi può addirittura essere maggiore dell’età dell’universo (t’»1) e trasformare così la curva a(t) in una retta

a = e √3

In questi sfortunati casi l’amor proprio non accenna a diminuire per tutta la vita, cosa che può spiegare certe catastrofiche campagne di Russia.
Anche l’intelligenza può essere espressa in funzione dell’età

i(t) = (e imax/t”) t e-t/t”

Uno nasce con un’intelligenza nulla, raggiunge la sua intelligenza massima (imax) all’età t” e poi diventa sempre meno intelligente, tendendo piano piano a tornare alle condizioni intellettuali di un embrione. Assumiamo che l’età tipica in cui si raggiunge l’intelligenza massima sia 35 anni

t” = 35

Le due curve qui sotto mostrano l’andamento dell’intelligenza nel caso di una persona normalmente intelligente (imax=0.6, curva verde) e di una persona molto intelligente  (imax=0.9, curva blu).


La prima diventa intelligente a circa diciotto anni e poi torna a essere stupida a sessanta, invece la seconda diventa intelligente a nove e lo rimane fino a ottantotto, un’età che non augurerei a nessuno.
Al passare del tempo le persone cambiano, e cambiando percorrono le loro traiettorie sul piano dell’amor proprio e dell’intelligenza (parte 15). La figura che segue  mostra le traiettorie di vita di quattro diversi tipi di persona, ottenute combinando due possibilità di intelligenza: normale (imax=0.6, traiettorie verdi) e molta (imax=0.9, traiettorie blu), con due possibilità di amor proprio: normale (t’=15, traiettorie continue) e molto (t’=40, traiettorie tratteggiate). I punti sulle traiettorie indicano intervalli di età di dieci anni, partendo da dieci fino a cento anni.


Al momento della nascita tutti vengono sparati fuori dallo stesso punto (e√3, 0) e percorrono la loro traiettoria da destra verso sinistra, ma non tutti riescono a entrare nell’ambitissimo club dei saggi (zona rossa). Le persone molto intelligenti sono ovviamente le più avvantaggiate. Chi fra loro non si ama troppo (traiettoria blu continua) diventa saggio già a vent’anni e lo rimane fin quasi a novanta, mentre chi è altrettanto intelligente ma anche molto amante di sé (traiettoria blu tratteggiata) diventa saggio a cinquant’anni e smette di esserlo a settantacinque, il che non è male, ma è pur sempre peggio di come sarebbe potuta andare se solo avesse imparato a tenersi a bada un po’ prima.
Le cose si complicano per chi è meno intelligente. In questo caso le traiettorie non possono salire molto in alto, così, se l’amor proprio rimane troppo grande per troppo tempo, le traiettrorie cominciano a scendere troppo presto senza riuscire a oltrepassare il confine che separa i poco saggi dai saggi. Ciononostante una persona con un’intelligenza e un amor proprio normali (traiettoria verde continua) diventa comunque saggia a trent’anni e smette di esserlo a sessanta. Chi invece è straordinariamente amante di sé senza però avere un’intelligenza adeguatamente straordinaria non potrà mai essere saggio (traiettoria verde tratteggiata). Questa persona raggiungerà il punto più alto della sua traiettoria di vita quando sarà ancora troppo lontana dalla saggezza, e poi ricadrà giù per sempre nell’abisso dell’autocompiacimento e del narcisismo senza freni.
Ovviamente queste traiettorie non esauriscono tutti i casi possibili, primo perché persone diverse possono avere diversi valori di imax e t’, secondo perché, per i motivi più vari, può succedere che le curve dell’amor proprio e dell’intelligenza assumano forme diverse. Un esempio ben noto sono quelle persone il cui amor proprio torna a crescere durante la vecchiaia. Mentre non succede mai che uno da vecchio diventi più intelligente, per qualche motivo succede abbastanza spesso che torni piano piano a innamorarsi di sé, specie se fa uso di certe pillole. Questa lenta ricrescita dell’amor proprio in età avanzata può essere tenuta in considerazione aggiungendo un termine lineare alla curva dell’amor proprio

a(t) = a0 e-t/t’ + t/100

Quando t è piccolo il termine esponenziale è molto maggiore del termine lineare e la curva dell’amor proprio ha più o meno la nota forma, quando invece t è molto grande il termine lineare domina su quello esponenziale e l’amor proprio inizia a salire. La figura qui sotto mostra il nuovo andamento dell’amor proprio per t’=15 confrontato coi due precedenti


Infine qui sotto è rappresentata la corrispondente traiettoria di vita sul piano dell’amor proprio e dell’intelligenza


Fino a circa vent’anni la persona procede come se niente fosse verso la saggezza promessa, ma già intorno ai trenta inizia a frenare e a quaranta, quando ormai sembra fatta, torna improvvisamente indietro, come attirata dalla prospettiva di essere di nuovo giovane, senza però rendersi conto di non avere più l’intelligenza di quando era giovane. È il caso di quei vecchi che si atteggiano da giovani perché, dicono, “l’età che conta è quella che uno si sente”, riuscendo così nell’impresa di riunire i difetti di entrambe le età: la stoltezza dei giovani e la stupidità dei vecchi.


CONCLUSIONI

Non è per saltare subito alle conclusioni, ma essere umani significa soprattutto voler uscire dalla buca dell’amor proprio senza poter uscire dalla buca dell’amor proprio, cioè significa voler tracotantemente soddisfare tutto l’amore che si prova per sé senza poterlo soddisfare. A rendere umani non è la forma del corpo, come pensano i bambini quando giocano con le bambole, ma il modo in cui si è, e ciò che più di ogni altra cosa definisce il modo di essere umano è l’amor proprio, incondizionato e mai soddisfatto.
In realtà “amor proprio” è un pleonasmo, nel senso che l’amore, qualsiasi forma assuma e a qualunque cosa sia rivolto, è sempre amor proprio. Non per modo di dire o indirettamente, ma in senso letterale e direttamente, perché quando una persona ama qualcosa, qualsiasi cosa, ama sempre e solo il se stessa che c’è in quel qualcosa. Ognuno ama quello che gli somiglia (specchi, amici, conterranei), quello con cui si immedesima (bandiere, simboli, piatti tipici), quello che è suo (mogli, figli, cani) e quello che ha creato (pettinature, orti, dei), e in tutti i casi ama sempre e solo se stesso. Con un vantaggio, però: mentre quando ama direttamente se stesso può solo aspettarsi di essere biasimato dagli altri, quando ama il se stesso che c’è negli altri viene lodato, e gli si dice: “che marito fedele!” (a se stesso), “che madre premurosa!” (con se stessa), “che devoto credente!” (in se stesso), e così via. Non esiste altro amore che l’amore per se stessi e questo amore, a ben guardare, è l’origine di tutto quello che più o meno concordemente tutti riconoscono come “fastidioso”. È per amore che un uomo parcheggia i suoi ingombranti mezzi di locomozione sugli zerbini altrui, che i tifosi di ogni sport fisico e metafisico si fanno così volentieri vicendevoli gesti dell’ombrello, che i più vogliono sempre imporre il loro modo di vivere ai meno, ed è sempre e solo per amore che, ogni tanto, a qualcuno salta in mente di conquistare il mondo. Per questo io dico che forse è venuto il momento di smettere di amare e iniziare un po’ a odiare.
Non so se sei d’accordo.

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IL TURNO

LA BUCA DELL’AMORE (23)

23. LA SORPRENDENTE MOLTEPLICITÀ DELLA TRACOTANZA

Chi è stupido è poco saggio, ma chi è poco saggio non è detto che sia stupido (parte 15), di certo è poco obiettivo, ma non necessariamente tracotante, almeno non sempre, anzi potrebbe esserlo meno spesso di una persona saggia (parte 20), tutto dipende da quanto si ama. Persino una persona stupida, e quindi poco saggia e mai obiettiva, se non si ama troppo, può essere meno tracotante di una persona intelligente e saggia, da cui segue che la compagnia di un pastore analfabeta può essere più piacevole di quella di un professore di estetica. La tracotanza è il comportamento umano più imbarazzante, quello che può fare assomigliare a bestie anche le persone con più pubblicazioni su Nature o con le tuniche più eleganti, ma sfortunatamente è anche il comportamento più diffuso. L’umanità trabocca di tracotanza: individuale e di squadra, privata e istituzionale, fisica e metafisica. Benché la maggioranza delle persone non sia stupida e una numerosa minoranza non sia nemmeno poco saggia (parte 19), la stragrande maggioranza delle persone è, è stata o sarà tracotante, e anche quei pochi che non lo sono, se capita l’occasione giusta, possono esserlo (parte 21).
La tracotanza non si manifesta solo quando i registi non vincono i festival (parte 22) ma in moltissime altre occasioni, fra loro così diverse che a prima vista potrebbero sembrare completamente estranee, ma che in realtà sono solo diverse manifestazioni dello stesso fenomeno: una persona che si ama così tanto da non riuscire non solo a essere obiettiva, ma nemmeno a concepire la possibilità di non esserlo (parte 20). Assistere a un caso concreto di tracotanza è la cosa più facile del mondo: basta iniziare una conversazione con una persona a caso e contraddirla. Nella maggior parte dei casi questo è già sufficiente a far apparire i classici segni della tracotanza: occhi sporgenti, sudorazione eccessiva, schiuma alla bocca e abbondante uso della parola “stupido”, riferita naturalmente sempre e solo ad altri.
In linea di principio ci sono tre modi di reagire a un’opinione diversa dalla propria, a seconda che si sia obiettivi, non obiettivi ma consapevoli di poterlo non essere, non obiettivi e inconsapevoli, e sono: comprensione, incomprensione e tracotanza.
Chi è obiettivo comprende l’opinione altrui, che non significa condividerla ma solo rendersi conto che ha un senso, perché tutte le opinioni hanno un senso, anche quelle infondate o palesemente illogiche. Raramente un’opinione è una semplice proposizione per la quale può essere oggettivamente stabilito che sia vera o falsa, come “due più due fa cinque”, “il mondo è stato creato seimila anni fa” o “Franz Liszt è un grande compositore”. Più spesso le opinioni sono degli intricati miscugli di pregiudizi, giudizi, impressioni e in qualche caso concetti. A volte sono opinioni personali, altre volte sono opinioni comuni, condivise e riferite da tutti i più autorevoli spot televisivi, ma in tutti i casi, o tanto o poco, contengono sempre qualcosa di vero, o meglio: qualcosa che sembrerebbe vero se solo si riuscisse a vedere il mondo come lo vede chi le esprime. Il senso di un’opinione è questo modo di vedere il mondo, il cosiddetto “punto di vista”. In una conversazione ideale fra due persone non particolarmente interessate allo scalpo del proprio interlocutore, non si conversa per convincere l'altro ma per chiarire i rispettivi punti di vista, cosa che può fare solo chi riesce a mantenere la giusta distanza da se stesso.
Chi non ci riesce non sarà obiettivo. Una persona non obiettiva tenderà a sopravvalutare la chiarezza della propria opinione, perché la vede direttamente, e a sottovalutare quella dell’opinione altrui, e sarà portata a pensare che le parole dell’altro siano solo una curiosa accozzaglia di suoni esotici. Tuttavia, se il suo amor proprio non oltrepassa la soglia della tracotanza, questa persona riuscirà comunque a trattenersi dal mostrare quant’è brava a fare l’imitazione dell’Alouatta Seniculus e a imporsi di non usare la testa del suo interlocutore per aprire le noci di cocco, e questo perché, nonostante tutto, riuscirà a tenere presente la possibilità che anche l’opinione altrui, benché apparentemente senza senso, possa avere un senso.
Quando invece l’amor proprio oltrepassa la soglia della tracotanza, i peli si infittiscono, il coccige si allunga e gli ululati prendono il posto delle argomentazioni. Ciò che produce questa metamorfosi non è tanto il non riuscire a persuadere l’altro, quanto il non riuscire a concepire l’idea che ci sia bisogno di persuaderlo. L’opinione altrui, intelligente o stupida che sia, è percepita come molesta, un atto ostile. Non c’è modo di evitare la tracotanza del tracotante, perché questa non nasce da un’imperfetta comprensione dell’opinione altrui ma dalla semplice esistenza di quell’opinione. Infatti il tracotante ha una fondamentale e ben riconoscibile caratteristica: non ascolta. Per verificarlo basta interromperlo e chiedergli di ripetere l’opinione cui tanto si oppone: prima se ne starà un po’ in silenzio, poi proverà a ripetere quelle due o tre parole che ancora gli risuonano nei padiglioni auricolari e infine si rifugerà sull’albero più vicino.
La conseguenza più ovvia di questa incapacità di ascoltare è l’assoluta inamovibilità del tracotante.


Franz Listz è un grande compositore.

Discreto.

Grande.

Certamente era un grande pianista.

Oltre che un grande compositore.

Magari per un certo tipo di musica, virtuosistica e magniloquente.

Un grande compositore.

Anche come operista?

Grande compositore.

Ma se ha scritto una sola opera, a tredici anni e non piaceva nemmeno a lui. Ecco cos’ha detto, testuale: “Franz Listz non è un grande compositore”.

Franz Listz è un grande compositore.


Si può conversare con un tracotante per tutto il giorno, andare a dormire e poi ricominciare il giorno dopo, ma alla fine la sua opinione sarà identica a quella del giorno prima, parola per parola, come se non avesse mai parlato con nessuno. Il tracotante non è interessato a quello che dice ma solo a dirlo, e vuole dirlo così come gli viene, sempre uguale e senza fastidiose opinioni altrui, in modo da soddisfare almeno un po’ dell’amore che prova per sé. Qualsiasi cosa il tracotante dica, in realtà sta sempre dicendo una cosa sola: “amami”, e una cosa sola vuole sentirsi rispondere: “okay”.
Tracotante è chi sovrastima sempre il proprio contributo nei lavori collettivi e sottostima quello degli altri, chi fa scenate di gelosia per un niente e poi corteggia la prima che capita, chi vede gli errori altrui e non i propri, chi ride di tutti ma non permette a nessuno di ridere di lui, chi condanna i favoritismi ma trova ingiusto non ricevere un trattamento di favore, chi chiama “natura” le sue abitudini personali, “verità” i suoi gusti e “realtà” solo quello che lui vede, anche quando ha gli occhiali appannati, chi si offende per i suoi dei, chi non dice mai “secondo me”, chi parla con supponenza di ciò che non sa e chi sospetta sempre che la maestra voglia più bene a Mario. La tracotanza non è la caratteristica di una precisa categoria di persone, ma è un atteggiamento tipicamente umano, un atteggiamento che di certo non aiuterà in eventuali relazioni diplomatiche con altri pianeti.

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