LA SORPRESA

LA VITA DEL PITTORE

COME USARE TRIPADVISOR SENZA FARSI MALE


TripAdvisor è indiscutibilmente uno strumento molto utile, soprattutto quando ci si deve orientare in qualche città esotica, tipo Busto Arsizio, solo che bisogna saperlo interpretare. Il modo più sbagliato di usarlo è andare nei ristoranti primi in classifica. È ovvio, no? Quale classifica basata sulle opinioni della maggioranza potrà mai essere attendibile? La trasmissione più vista è il Festival di Sanremo, non il Festival dei Quartetti di Beethoven, il libro più venduto è qualcosa di Dan Brown e il film più visto ha sempre una o due scarrettate di supereroi. Per non parlare della democrazia. I politici fanno a gara per sembrare dei perfetti deficienti, e più sono deficienti più piacciono. Non dimentichiamoci che l’unico politico di sinistra che per un attimo ha goduto di un una certa popolarità, aveva la testa rettangolare. “Certo”, si potrebbe obiettare, “ma il cibo non ha niente di intellettuale. Uno sarà pur capace di capire se una pizza è buona o fa schifo, no?”.
No.
Questo funziona con i gatti, non con gli umani. Un gatto riesce a individuare con precisione chirurgica i croccantini da 11 euro al kg che ha nella ciotolina e scarta sistematicamente tutti quelli comprati al discount. I gatti saranno anche meno intelligenti degli umani, ma mica sono scemi. Gli umani, invece, oltre alla loro famosa intelligenza, hanno anche i pregiudizi, le aspettative, i campanilismi, l’autosuggestione, l’orgoglio personale, le fobie e tutta una serie di altre zavorre emotive che li rendono molto meno obiettivi di un gatto.
I primi ristoranti in classifica non sono i migliori, anzi spesso sono solo trappole per turisti, cioè per gente che potrebbe mangiarti anche una testa di cane se gliela metti nel menù come “rissoto alla boloniese”. Quindi, tanto per cominciare

REGOLA #1
Le recensioni positive non vanno lette.

Le recensioni positive non contengono nessuna informazione utile, perché il loro contenuto non ha niente a che vedere col sapore del cibo, ma solo col film che uno si sta proiettando nella testa. Ci sono tanti fattori che possono far sembrare prelibata una schifezza, ma il più efficace di tutti è certamente la cosiddetta “accoglienza dello staff”. Non parlo della semplice gentilezza, quella va benissimo, ci mancherebbe, parlo di tutta quella serie di insistenti e prolungate lusinghe che mirano a far sentire il cliente di passaggio importante, proprio come faceva la mamma quando lo imboccava facendo l’aeroplanino. La gente adora sentirsi importante e questo i proprietari dei ristoranti lo sanno bene, visto che da quando esiste TripAdvisor alcuni di loro si sono trasformati in veri e propri stalker. C’è chi ti racconta tutta la storia in sei volumi del suo fedele abbattitore oppure, fra un piatto e l’altro, ti invita ad alzarti dal tavolo per ammirare le “meravigliose” opere d’arte di produzione propria appese in giro nel locale. Non sto inventando.


Quadri e bagni, cosa si può desiderare di più? E poi magari, quando stai per uscire, ti dà pure un bigliettino con il logo di TripAdvisor, come a dire “ti tengo d’occhio”. È ovvio che in questo modo le recensioni sono tutte falsate.
Gli aspetti positivi di un ristorante, se ce ne sono, non vanno cercati nelle recensioni eccellenti ma in quelle pessime. Quindi

REGOLA #2
Leggere solo le recensioni pessime.

Se la gente scrive “porzioni piccole”, vuol dire che il cibo è servito con un minimo di attenzione all'estetica invece che essere versato in una mangiatoia.
“Costo del coperto eccessivo” significa che non è una mensa aziendale.
“Se la tirano”: sono discreti.
“Locale fighetto”: posate pulite.
“Le tagliatelle non si fanno così”: le tagliatelle si fanno esattamente così.
Eccetera.
Le uniche osservazioni negative da prendere in considerazione sono quelle che (a) riguardano l’incolumità fisica e (b) si ripetono. Direi che questa può essere considerata una regola.

REGOLA #3
Vedi sopra.

Uno che dice di essere stato male è solo un caso, due può essere una coincidenza, tre è meglio se stai a casa e ti fai un toast.
Poi

REGOLA #4
Dare un’occhiata alle foto.

Oggi la gente fotografa tutto e, per qualche motivo, tutto ciò che fotografa appare molto più squallido di com’è nella realtà: il bianco è giallino, i contorni sono mossi, i colori spenti e anche la più squisita delle leccornie può sembrare vomito fumante di balena. È come se le fotocamere dei telefoni avessero uno squallidificatore incorporato, un filtro che spalma uno strato di squallore su ogni cosa, non so se mi spiego.


Quindi, se dopo aver guardato un po’ di foto di un ristorante, non ti è passata la voglia di andarci, questo è sicuramente un buon segno, visto che la realtà potrà essere solo meglio. Da questo punto di vista le foto sono molto più eloquenti di qualsiasi recensione.
Infine una regola importantissima

REGOLA #5
Guardare come il proprietario risponde alle recensioni negative.

Che abbia torto o ragione non ha nessuna importanza, l'unica cosa che conta è la forma: se risponde in modo professionale è tutto ok, se invece sbrocca come un quindicenne su Facebook allora il ristorante va assolutamente evitato. Ecco un esempio.


Qui c’è anche un velo di xenofobia, che non guasta mai.
Chi non riesce a essere professionale nel rispondere a una banale critica, figuriamoci se riesce a esserlo nella gestione di un ristorante. Ognuno è come è, ed è tale in ogni aspetto della sua vita. Per esempio, io sono apprensivo, e lo sono sia quando chiamo l’ambulanza perché mi è andato un ciglio in un occhio, sia quando mi faccio l’anestesia totale prima di salire in aereo. La mia apprensione non è selettiva, è un mio modo di essere e la manifesto in ogni aspetto della mia vita. Lo stesso vale per la professionalità. Uno non professionale ti fa mangiare la cacca.
Naturalmente avrei molte altre regole da sciorinare, per esempio: considerare solo le recensioni nella lingua del posto (REGOLA #19) o assicurarsi che gli istogrammi delle recensioni abbiano un profilo gaussiano (REGOLA #127), ma non mi sembra il caso di dilungarmi oltre. Già queste poche regole dovrebbero impedire che si finisca in un posto dove servono teste di cane.
Oh, se poi capita, capita. Le si accompagni con un buon rosso (REGOLA #86).

ARTE CONTEMPORANEA E SUA INTERPRETAZIONE

Premesso che sono un totale ignorante di arte contemporanea, l'arte mi piace molto, in particolare quella contemporanea. Cioè, mi spiego, l'arte antica, quando mi piace, mi piace molto di più dell'arte contemporanea, di cui non capisco assolutamente niente, ma l'arte contemporanea è, non so come dire, più divertente. Per me i musei di arte contemporanea sono un po' come i luna park quand'ero piccolo. Invece l'arte antica è faticosa. Un quadro del Cinquecento mi piace solo quando riesco a capirlo, invece un'opera d'arte contemporanea mi piace anche quando non la capisco. Anzi, è proprio il non capirla che la rende interessante. Credo sia per questo che, quando qualcuno cerca di spiegarmi la cosiddetta visione dell'autore, perdo immediatamente interesse, l'opera diventa la banale trasposizione materiale di un concetto, e a me i concetti non interessano, a me interessa l'arte.
Per questo motivo cerco di informarmi il meno possibile sugli artisti della nostra epoca, cosa che mi riesce abbastanza bene, e appena posso corro in qualche museo di arte contemporanea a cogliere i frutti della mia ignoranza. Per esempio, qualche giorno fa sono andato al Mambo di Bologna e devo dire che mi è piaciuto tantissimo.
Questa è una delle prime opere che s'incontrano appena entrati


Un'installazione imponente che sembra invitarti a entrare, ma allo stesso tempo ti minaccia, perché l'entrata, lo stretto cunicolo attraverso cui bisognerebbe passare, ricorda l'ingresso di un loculo, pronto a richiudersi al tuo passaggio, con quella chiave rossa che probabilmente simboleggia il sangue e dunque la caducità umana.
Uno potrebbe obiettare "ma non avevi detto che spiegare l'opera significa banalizzarla?", sì, è vero, ma solo se sai di cosa stai parlando. In caso contrario provare a indovinare fa parte del gioco, come la Settimana Enigmistica.
Un'altra opera che mi è piaciuta molto è questa 


Vernice su intonaco. In genere non amo i quadri con le scritte, ma questo, nella sua semplicità, ha qualcosa di così profondamente vero che toglie quasi il fiato. "Sono qui", è vero, ma qui dove? Destabilizzante.
Sarà che ho una predilezione per ciò che è assente piuttosto che per ciò che è mostrato, ma ho apprezzato molto anche questa 


Credo rappresenti una sedia.
Non ho invece nessuna ipotesi plausibile su come interpretare questa meravigliosa scultura


Rappresenta forse la rinuncia ad ascoltare? L'isolamento individualista della nostra epoca? La supremazia del suono sull'immagine? L'esatto contrario di quello che ho appena detto? Bellissima.
E che dire di questa?


Uno sguardo freddo, quasi metafisico, sulla costante condizione di precarietà che da sempre caratterizza l'essere umano. Quando sono ripassato nello stesso punto, l'opera non c'era più. Geniale.
Ma non mancano le opere più tradizionali, come questa


che in qualche modo ricorda Burri, o questa


assai enigmatica, o questa


una figura umana ridotta alla sua cruda e angosciante inconsistenza, un'opera di grande impatto emotivo che l'artista, quasi a voler rimarcare il nulla che avvolge la nostra esistenza, non ha esitato a dipingere direttamente sulla porta del bagno.
Questa invece è un classico


Ho già visto quest'opera in tanti altri musei e ogni volta mi colpisce sempre. Per esempio questa è la versione che si trova al Museion di Bolzano


Non so se sia sempre dello stesso artista o di qualcun altro, non ha importanza, io fruisco quest'opera così com'è: potente, ossessiva, quasi folle.
Ma se proprio potessi scegliere un'opera da portarmi a casa, sceglierei senza dubbio questa


Meravigliosa, vero?
Non so cosa voglia dire, di certo non "Ontani".