IN COMA È MEGLIO SU SUBSTACK

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Ciao!

L'UNIVERSO È UN POSTO ASSURDO

L'universo è un posto assurdo, per rendersene conto non è necessario pensare a buchi neri, big bang o paradossi quantistici, basta guardare una stella: cosa c'è di più familiare di una stella? In realtà ciò che è familiare è la parola, non la stella. Purtroppo le parole hanno questa fregatura: rendono banale l'eccezionale. Da un lato è un bene, è comodo: se ci fermassimo a riflettere tutte le volte su ogni cosa che nominiamo, non riusciremmo più a vivere in modo funzionante (lavarci, uscire di casa, pranzare, quelle cose lì), ma d'altra parte è anche un peccato, perché la familiarità delle parole ci fa dimenticare che viviamo in un posto assurdo.

Per esempio, Deneb. 
Quando la sera in estate esco sul terrazzo, ogni tanto guardo quelle quattro o cinque stelle che l'inquinamento luminoso cittadino mi permette di vedere: una di queste è Deneb. 


All'apparenza non è niente di speciale, solo un puntino luminoso, se però mi fermo a pensare a cosa sto guardando, la rassicurante normalità di tutto quello che ho intorno (vasi, parapetti, luci cittadine eccetera) inizia a perdere senso.
Deneb è la più lontana di tutte le stelle facilmente visibili a occhio nudo: si trova a circa 2600 anni luce. Per dire, le altre stelle che in questo periodo riesco a vedere sono Altair (17 anni luce), Vega (25), Arturo (37). Questo significa che io, che sono miopissimo e ho una vista di merda anche con gli occhiali, mentre me ne sto seduto in terrazzo sommerso dalle luci della città, riesco comunque a vedere senza problemi un oggetto che si trova a 25 milioni di miliardi di chilometri. Non è assurdo? Già mi stupisco quando nelle mattine serene d'inverno riesco a vedere le Prealpi, che sono a circa 200 chilometri, figuriamoci un coso che sta a 25 milioni di miliardi di chilometri.
Siccome con i numeri così grandi è difficile farsi un'idea e alla fine dire "un miliardo di chilometri" o "mille miliardi di miliardopoli" è un po' la stessa cosa, facciamo un paragone molto approssimativo giusto per rendere l'idea: se questi due pallini sono il Sole e la Terra

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allora Deneb si trova grosso modo a 1500 chilometri dal tuo monitor.
Non so se questo esempio è stato di aiuto, ad ogni modo il punto è questo: ci sono dei fotoni denebiani che sono usciti dall'atmosfera della stella 2600 anni fa, quando Anassimandro immaginava che l'universo fosse fatto così


hanno viaggiato per tutto quel tempo nello spazio interstellare senza interagire con niente e ieri sera sono arrivati intatti e incontaminati come Deneb li ha fatti dritti nei miei occhi, sono stati raccolti dalla mia retina e hanno prodotto impulsi elettrici nel mio cervello che adesso mi stanno facendo scrivere questo post. È a tutti gli effetti un contatto diretto con un remotissimo oggetto alieno, è come averlo toccato.
Ok, i fotoni sono particelle con massa a riposo nulla e, a differenza delle particelle di cui è fatta la materia, posso metterli tutti nello stesso stato quantico senza che si lamentino, però sono comunque particelle, non sono concetti o leggende, sono entità fisiche reali che sono uscite dall'atmosfera di una stella aliena e sono finite nei miei occhi.

L'assurdità della situazione aumenta se penso a cos'è davvero Deneb, perché da qui sembra un innocuo puntino ma in realtà è un'immensa palla di gas luminoso al cui confronto il nostro Sole, che pure è discretamente immenso, diventa un'insignificante cacchina. Questo il confronto


Non fa impressione? Se prendiamo questo tramonto


e immaginiamo di mettere Deneb al posto del Sole, il risultato è questo


Carino, vero? Questo perché il raggio di Deneb è circa uguale alla distanza della Terra dal Sole.

Deneb emette così tanta luce che se fosse alla distanza di Alfa Centauri, la stella a noi più vicina, sarebbe più luminosa della Luna piena, cioè la vedremmo benissimo anche di giorno, come una specie di secondo Sole (giusto per farsi un'idea più precisa: la magnitudine della Luna piena è -12,7; se Deneb fosse alla distanza di Alfa Centauri avrebbe una magnitudine di -13,2, cioè sarebbe 1,6 volte più luminosa della Luna). Peccato non sia andata così, sarebbe stato divertente. Di certo riusciremo a vedere Deneb di giorno quando esploderà come supernova fra qualche milione di anni. Non vedo l'ora.

Noi siamo abituati a un mondo di tramonti, Prealpi, terrazzi eccetera, non siamo abituati a un mondo di vuoto quasi perfetto, anni luce di oscurità e immense palle di gas luminoso che si muovono nel nulla e ogni tanto esplodono. Il nostro mondo familiare è la stranezza, il posto assurdo in cui invece ci troviamo è la normalità.

TUTTE LE FORTUNE DI TRUMP

È davvero stupefacente quanto Trump sia fortunato. È talmente fortunato che potrebbe essere usato come prova della non esistenza di dio, o perlomeno della non esistenza di un dio buono, mentre sarebbe un'ottima prova dell'esistenza di un dio bastardo (attenzione: qui "dio bastardo" non è una bestemmia, dal momento che non mi sto riferendo al dio cristiano, che è buono e inesistente, ma a un ipotetico dio bastardo di mia invenzione che invece potrebbe esistere). È da un bel po' che ho notato che a quest'uomo gira sempre tutto nel verso giusto e ormai mi ero più o meno assuefatto a questa curiosa peculiarità del nostro universo, ma quest'ultima storia dell'attentato fallito è riuscita comunque a stupirmi. Mi sono detto: "ma com'è possibile? Ma cos'ha fatto di male la specie umana per meritarsi la longevità di Trump e la morte di Schubert a 31 anni?".

Ora farò un elenco di tutte le fortune di Trump, perché le voglio vedere tutte scritte e ordinate una dietro l'altra. Cioè, tutte... diciamo le più eclatanti. A cosa serve? Boh? Forse a consolarci insieme (io e te, dico) per quanto siamo sfortunati che Trump sia così fortunato, un po' come dice il famoso adagio "mal comune mezzo eccetera", perché l'evento "Trump Presidente" è di sicuro un "mal comune", un gigantesco "mal comune", comune anche a chi lo vota, benché sia troppo in estasi per rendersene conto, e comune anche a chi non vive negli Stati Uniti, visto che gli Stati Uniti non sono il Portogallo ma sono, appunto, gli Stati Uniti; un male molto probabilmente comune anche allo stesso Trump, essendo quest'uomo uno di quegli infelici che più ottengono ciò che vogliono più sentono la mancanza di ciò che ancora non hanno, autoannientandosi man mano che si autoaffermano, un po' come fanno gli incendi. Chissà, forse tutto questo poteva essere evitato se i suoi genitori lo avessero mandato ad asfaltare le strade quando aveva otto anni. Tutti sempre a parlar male del lavoro minorile e poi i risultati sono questi.


La prima grande fortuna di Trump è che i suoi elettori lo amano a prescindere, esattamente come fanno gli adepti di una setta con il loro guru. Mentre l'elettore comune è normalmente ipercritico e diffidente nei confronti dei politici, sempre accusati di mentire, rubare e imbrogliare anche quando non c'è nessuna base per sostenerlo, Trump è visto come una specie di novello Gesù Cristo: può fare qualsiasi cosa senza perdere mai l'amore dei suoi fan, anche mentire (condanna di 83,3 milioni di dollari per diffamazione), rubare (condanna di 354 milioni di dollari per frode) e imbrogliare (colpevole di avere falsificato i conti della campagna elettorale 2016; la sentenza non è stata ancora scritta, ma di questo dirò dopo perché riguarda un'altra fortuna di Trump, non questa qui).
Questo amore incondizionato non è una fortuna specifica di Trump ma è comune a tutti i populisti cosiddetti carismatici (dove con "carismatico" credo si intenda "psicopatico"), ciononostante ho voluto menzionarla perché è una fortuna molto importante: non solo gli permette di conservare il suo consenso elettorale sempre e comunque, anche nel caso venisse ripreso mentre sodomizza un maiale (è una citazione di Black Mirror, ok?), ma gli permette anche di eliminare senza sforzo ogni dissenso interno al partito. Chiunque osi criticarlo ha poi due possibilità: 1) o si affretta a rimediare trasformandosi in un impareggiabile leccaculo (lo hanno fatto Ted Cruz, Marco Rubio, Lindsey Graham e recentemente James Vance, il futuro vice Presidente degli Stati Uniti che in passato ha definito Trump "cynical asshole” e “America’s Hitler”, ma forse erano complimenti); 2) o si cerca un altro mestiere visto che nessuno lo voterà mai più (è successo per esempio a Paul Ryan, Liz Cheney o, il caso più divertente di tutti, all'ex vice Presidente Mike Pence, quando la folla del 6 gennaio voleva impiccarlo davanti al Campidoglio senza però riuscire a catturarlo. Speriamo che con Vance vada meglio).
Ancora oggi in Italia c'è gente che ama Mussolini nonostante sia morto da un pezzo e sia riconosciuto da tutti i libri di Storia come uno dei peggiori criminali del Novecento, figuriamoci se non può amare incondizionatamente uno che è ancora vivo e non ha ancora ucciso nessuno. "Vivo" e "non ha ancora ucciso nessuno" è quanto basta a Trump per meritarsi l'entusiasmo del suo elettorato.

Una seconda fortuna di Trump è la distribuzione dell'elettorato repubblicano rispetto a quello democratico. Se nelle elezioni americane vincesse semplicemente chi prende più voti, Trump avrebbe perso già nel 2016, quando era ancora relativamente innocuo, avendo preso il 46.1% dei voti contro il 48.2% di Hillary Clinton, ma per sua grande fortuna negli Stati Uniti non vince chi prende più voti, ma chi ottiene più grandi elettori. Come probabilmente saprà chi sta leggendo questo post, ogni Stato mette in palio un certo numero di grandi elettori e per aggiudicarseli basta un solo voto in più dell'avversario: vincere in uno Stato con il 51% o il 100% è la stessa identica cosa, il numero di grandi elettori che ti aggiudichi è sempre quello, l'unica differenza è che nel secondo caso metà dei voti sono sprecati. Siccome gli elettori repubblicani sono distribuiti più uniformemente fra i vari Stati rispetto agli elettori democratici, la conseguenza è che vanno sprecati molti più voti democratici che repubblicani.
È sempre stato così? No, però adesso, proprio in questi anni fantastici e pieni di sorprese, il caso ha voluto che i democratici abitino praticamente tutti in California e a New York, mentre i repubblicani li trovi un po' dappertutto, come le zanzare.
Grazie a questo regalo della buona sorte, un candidato democratico può vincere le elezioni presidenziali solo se le stravince, come ha fatto Biden nel 2020 (51.3% - 46.8%), se invece le vince di poco, ha perso. Questo non sarebbe un problema così grave se il candidato repubblicano fosse un normale politico conservatore e non un criminale psicopatico amico di Putin. Non è un'iperbole, eh, è la realtà oggettiva: è un criminale perché è stato condannato in un processo penale (vedi sopra); è amico di Putin perché lo dice lui stesso; è psicopatico perché questa parola descrive in modo preciso il suo comportamento. Copio da Wikipedia:

«Gli psicopatici non provano rimorso per le proprie azioni. Se causano danni ad altri, non provano vergogna né senso di colpa, ma incolpano qualcun altro.
Non provano alcuna emozione verso gli altri in generale, dimostrando insensibilità e disprezzo.
Possono avere un fascino superficiale e si esprimono senza preoccuparsi della realtà dei fatti.
Tendono a essere impulsivi e irresponsabili.
Mancando la coscienza e l'empatia, fanno ciò che vogliono e a proprio piacere, violando le norme sociali senza alcuna vergogna o rimorso; ciò che manca, in altre parole, è la reale qualità che permette a un essere umano di distinguersi dall'animale».

Perfetto, no? Manca solo la grande passione per le pettinature sceme.

Terza fortuna di Trump: i senatori. Siccome gli Stati Uniti sono una repubblica federale, gli autori della Costituzione hanno pensato di assegnare lo stesso numero di senatori (due) a ogni Stato, indipendentemente da quanto grande o piccola sia la sua popolazione, in modo da impedire che gli Stati più piccoli finiscano per non contare niente. In questo modo succede che la California (40 milioni di abitanti) può eleggere due senatori esattamente come il Wyoming (0.5 milioni), il Nord Dakota (0.7 milioni), il Sud Dakota (0.9 milioni) e tutti gli altri pezzi semideserti di campagna americana. Sembra assurdo, vero? Ma questi famosi padri costituenti non erano scemi, erano solo nel 1787 e a quel tempo Los Angeles era poco più grande del mio soggiorno.
Come succede un po' in tutto il mondo, i conservatori che odiano gli immigrati vivono principalmente nelle campagne, mentre i progressisti stanno nelle grandi città a bere margarita e fantasticare sull'innata accoglienza della gente di campagna non ancora corrotta dal capitalismo, con il risultato che il Senato degli Stati Uniti, a differenza del Congresso, ha una sovrarappresentanza di repubblicani. Questa fortunata coincidenza fra decisioni settecentesche e distribuzioni umane moderne, ha fatto sì che il Senato abbia assolto Trump dalle accuse di impeachment sia nel 2020 (la famosa "telefonata perfetta" in cui ricattava Zelensky) sia nel 2021 (il famoso colpo di stato passivo-aggressivo).
Bastavano cinque o sei Dakota in meno e Trump sarebbe stato condannato.

Poi c'è la Corte Suprema. Quanti giudici della Corte Suprema ha nominato Obama in otto anni di presidenza? Due. Quanti Trump in quattro anni? Tre. Non è fortuna questa? Un giudice obamiano ogni quattro anni contro un giudice trumpiano ogni anno e tre mesi circa. L'ultima giudice è stata nominata in sostituzione di Ruth Bader Ginsburg morta il 18 settembre 2020, giusto due settimane prima delle elezioni (due settimane, non so se mi spiego), neanche avesse un timer interno. Tutti e tre i giudici confermati senza problemi dal Senato fortunato appena menzionato.
Grazie a questa Corte Suprema così infarcita di nomine trumpiane ("only the best people"), Trump ha avuto in regalo il rinvio del suo processo per l'insurrezione del 6 gennaio, l'immunità parziale per tutti i crimini vari ed eventuali commessi mentre era (e sarà) Presidente e, come conseguenza di questo, il rinvio della sentenza di cui sopra che sarebbe dovuta arrivare l'11 luglio, appena prima del congresso repubblicano, con l'ipotesi non così improbabile che Trump avrebbe dovuto collegarsi in remoto da una comoda cella di Rikers Island).
Ma io dico, questo stronzo non poteva limitarsi a vincere il SuperEnalotto come fanno tutti?

Ma non è finita. Altro colpo di fortuna: il tragico rincoglionimento di Biden. In teoria poteva rincoglionirsi lui, no? Non è poi così più giovane, ci sono solo tre anni di differenza. No, chi si rincoglionisce? L'altro.

Arrivati a questo punto, chiunque sarebbe soddisfatto della sua opera, ma il Fato che governa questo universo di dolore e disperazione non è un tipo che sta con le mani in mano a lungo e così arriviamo all'attentato del 13 luglio (13 luglio 2024, per quelli che leggeranno questo post nel futuro, sempre che ci sarà un futuro): un tizio, per motivi non ancora chiari visto che era un elettore registrato repubblicano, decide di assassinare Trump durante un comizio e lo manca di un centimetro: un solo minuscolo centimetro di distanza tra la fine di Trump e l'apoteosi di Trump eroe dell'universo con tutti che lo adorano e i nemici che si scusano e si inginocchiano vergognosi al suo cospetto chiamandolo Santo; in mezzo il nulla, solo queste due possibilità: o la fine o l'apoteosi.

C'è questo vecchio film di Cronenberg, "La zona morta", tratto da un romanzo di Stephen King e ora te lo spoilererò. È la storia di Christopher Walken che per qualche motivo ha questo potere soprannaturale di vedere il futuro delle persone che tocca. Il potere si rivela ben presto una specie di maledizione o qualcosa del genere ma non ricordo bene perché. Quello che mi ricordo è che un giorno Christopher Walken va a un comizio di un candidato repubblicano (credo fosse repubblicano, ma potrei sbagliare) e stringendogli la mano vede che in un futuro non lontano diventerà Presidente degli Stati Uniti e fra una grappa e l'altra scatenerà una guerra nucleare planetaria (il dettaglio delle grappe potrebbe essere apocrifo). Allora cosa fa Christopher? Quello che farebbe una qualsiasi persona normale: decide di assassinare quel figlio di puttana. Si organizza, compra un fucile, si allena a sparare (non abbastanza) e il giorno in cui è previsto un comizio di questo futuro Presidente si apposta in un angolo, gli spara e lo manca. Esattamente come è successo il 13 luglio: il criminale si salva e il povero attentatore viene ammazzato dalla sicurezza. Ma è a questo punto della storia che interviene il genio di Stephen King e il repubblicano, impaurito dallo sparo, prende un neonato che passava di lì per caso e lo usa come scudo umano per proteggersi. Questa sarà la foto che passerà alla Storia: un criminale vigliacco che si fa scudo con un neonato, non un criminale vigliacco che alza il pugno in segno di sfida mentre una bandiera degli Stati Uniti sventola eroicamente sopra la sua testa.
Christopher morente riesce a toccare un'ultima volta il candidato repubblicano e vede che la sua carriera è finita, stroncata da quella foto, e tutto finisce bene con il criminale che si suiciderà e Christopher che muore felice: anche se tutti pensano che sia lui il vero criminale, in realtà lui sa di avere salvato il mondo.
Bello, no?
Peccato che la Storia di questo pianeta non sia scritta da un autore di romanzi horror.

DOCUMENTARI SUGLI ESSERI UMANI

Siccome sabato non avevo voglia di fare niente, mi sono detto: perché non passare la giornata a guardare documentari? Visto che c'è qualcuno che ha condiviso con me il suo abbonamento a una di queste piattaforme di streaming video, ora mi ritrovo con un sacco di film e documentari da guardare a scrocco (grazie qualcuno!).
Ho scelto di vedere documentari invece che film per lo stesso motivo per cui, se devo andare a caso, preferisco leggere saggi invece che romanzi: è molto raro che un'opera di finzione valga davvero la pena di essere letta/vista, mentre un'opera informativa, chiamiamola così, può essere interessante anche se non è particolarmente significativa, qualcosa impari sempre.
Quindi documentari.

La prima cosa che noto (1) è che sono quasi tutti su animali (perlopiù squali), Hitler e catastrofi, qualcuno su paradisi terrestri o gente che fa cose avventurose, nessuno sulla fisica (vale a dire su tutto il resto dell'universo). Squali e Hitler sono interessanti, certo, ma perché non c'è neanche un documentario sulla nucleosintesi primordiale o sul dualismo onda-particella? Sono fenomeni naturali molto più incredibili dei vermi luminosi delle grotte di Waitomo (che comunque sono assolutamente incredibili).
Ma questo non è un problema, gli animali mi interessano, purché siano a debita distanza e ci sia uno schermo televisivo fra me e loro. Sulla Terra ci sono più di otto milioni di specie diverse di cui non so assolutamente niente ed è bellissimo non sapere niente quando hai tanti documentari da guardare. Così inizio il mio binge watching documentaristico.
Al terzo video, mentre sto guardando l'accoppiamento dei leoni marini delle Galapagos, noto alcune altre cose che tutti questi documentari hanno in comune:

2) Sono pieni di musica. La musica non tace praticamente mai e imbottisce ogni scena con la massima enfasi. È come quei telecronisti sportivi che urlano esaltati per tutti i 90 minuti di Empoli - Sassuolo 0 - 0.

3) Sono pieni di riprese spettacolari. Questa è una cosa positiva, a chi non piacciono le riprese spettacolari? Se non fosse che, con tutti quei droni e quella post-produzione, a volte sono talmente spettacolari da sembrare finte. A volte sembra di guardare un film Marvel.

4) Sono pieni di frasi a effetto e retorica ma avari di dettagli e spiegazioni. Come direbbe qualcuno: "la gente non ne ha mai abbastanza di retorica". È vero che una storia, vera o finta che sia, va saputa raccontare, ma proprio i dettagli e le spiegazioni sono la storia di un documentario, non possono essere sostituiti da pistolotti motivazionali come nelle pubblicità delle auto.
Il risultato è che si passa velocemente da un argomento all'altro senza mai approfondirne nessuno. Voglio dire, mi parli delle vongole? Benissimo, dimmi tutto delle vongole! Dimmi quante specie ci sono, come funziona il loro olfatto (hanno l'olfatto?), da cosa si sono evolute, di cosa si nutrono, quali predatori hanno, come passano il tempo libero, tutto. Non limitarti a farmele vedere per trenta secondi con una bella musica mentre corrono nella savana.

5) (E questa è la cosa più triste) chi più chi meno, questi documentari cercano sempre di umanizzare gli animali: li descrivono come se avessero emozioni e desideri umani, attribuiscono loro scopi e progetti, li inseriscono in storie simili a quelle umane con amici, parenti, mariti e mogli. Tanto per rendere l'idea, la prole viene chiamata "bambini", gli accoppiamenti "storie d'amore" e non è raro che il narratore dia voce ai "pensieri" degli animali con esclamazioni del tipo: "e ora che vuole questo?!" (quando un coccodrillo d'acqua dolce dell'Australia settentrionale si imbatte in un coccodrillo marino) o "finalmente a casa!" (quando una formica tagliafoglie ritrova la strada verso il suo formicaio nella foresta pluviale) o "uhm.... vediamo se così funziona" (quando un amphioctopus marginatus del pacifico si protegge da un odontodactylus scyllarus col guscio di una codakia tigerina).
Che bisogno c'è di tutto questo?

Siccome lo scopo di queste piattaforme è avere più spettatori possibili, possiamo assumere che questi documentari siano ritenuti i più interessanti per il maggior numero di persone possibili, non solo per quanto riguarda gli argomenti trattati ma anche per il modo in cui sono raccontati. È difficile credere che una multinazionale che investe miliardi di dollari commetta l'errore di comprare mille documentari tutta musica e retorica sugli squali, quando invece la gente preferirebbe vedere gli scienziati del CERN che spiegano per un'ora e mezza come funziona il Large Hadron Collider. Quindi è ragionevole concludere che questi documentari siano davvero ciò che la stragrande maggioranza della gente vuole vedere quando decide di vedere un documentario, questo significa che dicono molto di più sugli esseri umani che sugli animali che descrivono.

Vediamo cosa dicono.
La prima informazione che si ricava (vedi punto 1) è che alla specie umana non frega niente di sapere come funziona l'universo in cui vive. Sembra assurdo, lo so, ma vista la premessa data sopra (multinazionale miliardi eccetera), non c'è altra conclusione possibile. Ovviamente ci sono alcuni individui a cui questo universo interessa, altrimenti vivremmo ancora nelle caverne con la TV in bianco e nero, ma a noi umani, come specie, non interessa. Non so perché. Forse in un mondo in cui la gente crede a figli di Dio che risorgono, alieni nascosti dal Governo e memorie dell'acqua, l'esperimento della doppia fenditura non sembra poi così spettacolare.

Altra informazione immediata (punto 2), gli esseri umani hanno un perenne bisogno di avere un sottofondo musicale, qualcosa di più o meno melodioso che cancelli ogni possibilità di imbattersi in un momento di silenzio.

Poi.
La stato d'animo che più accende l'attenzione umana è la paura (squali, Hitler e catastrofi).

Il bisogno di essere stupiti vince su quello di capire (punti 3 e 4).

Un essere umano si interessa a qualcosa solo se riesce a rivedere se stesso (punto 5). 

E infine (tutti i punti), la mente umana viaggia più sui binari dell'emotività che su quelli della razionalità, che è un po' il motivo per cui la nostra specie esiste da circa 300000 anni ma ha capito che un'ipotesi va verificata sperimentalmente solo 400 anni fa.
Questo è abbastanza sorprendente.

La razionalità è la funzione più potente del cervello umano, nessun altro animale ce l'ha, nemmeno gli scimpanzé nonostante siano così carini. Ogni esemplare della specie umana è dotato di razionalità, è lì a disposizione sempre pronta all'uso nella testa di ogni homo sapiens: nella tua, nella mia, persino in quella di un testimone di Geova. Ha l'inconveniente di essere faticosa, è vero, va tenuta in allenamento, spesso dà risultati controintuitivi o addirittura sgradevoli, ma è la funzione cerebrale che garantisce le maggiori probabilità di successo quando si tratta di capire una cosa, qualsiasi cosa: dalla formazione delle galassie a come si cambia l'ora sul display del forno. Eppure gli esseri umani scelgono di lasciarsi guidare dall'emotività: preferiscono credere alle storie che suonano bene invece che a quelle fondate; si fanno impressionare da trucchi e paroloni invece che dai dati; trovano più convincente chi li rassicura nelle loro convinzioni soggettive a chi invece cerca di descrivere il mondo in modo oggettivo.
Questo è un peccato. È un po' come fanno quegli avari che hanno i milioni in banca ma vivono da pezzenti. 

VANDALISMO A FIN DI BENE

Ogni tanto c'è qualcuno che vandalizza un'opera d’arte o un edificio storico per sensibilizzare l'opinione pubblica sul cambiamento climatico. Il cambiamento climatico, non so se mi spiego. C'è davvero ancora qualcuno che non ha mai sentito nominare il cambiamento climatico?

È un vandalismo innocuo, dicono i vandali. Non è che l'opera d'arte o l'edificio storico vengano davvero danneggiati, vengono solo temporaneamente deturpati con materiali facilmente rimovibili che non provocano nessun danno permanente, dicono sempre i vandali. C'è da fidarsi?
Supponiamo di sì. Supponiamo che tutti questi vandali presenti e futuri siano persone coscienziose e profonde conoscitrici di opere d'arte e materiali imbrattanti, dopotutto lo fanno per una giusta causa, quindi sono dei nostri e la nostra squadra non può fare cose stupide, giusto? 

Bene. Questa pratica funziona? Sensibilizza?
Questo è un punto molto dibattuto. Ovviamente nessuno lo può sapere per certo e qualcosa mi dice che non lo sanno nemmeno i vandali in questione, a meno di non assumere che oltre a essere esperti di arte e materiali imbrattanti, siano anche in grado di prevedere il futuro.
L'unica cosa che posso dire è che, per le persone simili a me, i metodi più efficaci per sensibilizzarmi sono di altro tipo, come per esempio le argomentazioni razionali e i dati. Per quanto mi riguarda, queste performance mi fanno solo venire voglia di comprare una tonnellata di copertoni e bruciarli nel caminetto. Ma io sono io, magari c’è qualcuno con cui queste performance funzionano. Che ne so? Magari quando un negazionista del cambiamento climatico vede vandalizzare un’opera d’arte pensa: "caspita, ma allora mi sono sempre sbagliato! Non è vero che è tutto un complotto della lobby ebraica per costringerci a mangiare insetti!".

Ma al di là di tutto questo, che è soggettivo e dibattibile, una cosa che nessuno può negare è che la prima cosa che un gesto vandalico comunica in modo diretto e immediato, indipendentemente da quale sia il suo scopo indiretto e mediato, è che l'oggetto che viene vandalizzato è degno di essere distrutto. Poi, in un secondo momento, chi ha compiuto il gesto potrà spiegare con calma che si trattava di un'azione dimostrativa e che il vero messaggio non è quello immediatamente evidente che l'azione comunica, ma un altro: la critica delle politiche ambientali, la pace nel mondo, l'importanza di una dieta sana e equilibrata, tutto quello che si vuole, ma prima del messaggio indiretto che forse a qualcuno arriverà (chi lo sa?), arriva di sicuro e a tutti quello diretto: opere d'arte e monumenti storici sono degni di essere distrutti.
Spero che siamo tutti d'accordo che questo è un messaggio di merda, giusto?

Viviamo in un mondo pieno di opere umane inutili quando non dannose, obbrobri inguardabili, città costruite per lavorarci e morirci più che per viverci, paesaggi urbani che sembrano appena bombardati, per non parlare di quelli che vengono veramente bombardati, e ogni tanto, come fosse un miracolo, in questo contesto di orrore ordinario appare un'opera umana capace di parlare a tutti, persino ai vandali, altrimenti non si premurerebbero di distruggerla. In un mondo così, il messaggio "le opere d'arte sono degne di essere distrutte", vero o fittizio che sia, è un messaggio di merda.

È come se io mi procurassi la riproduzione di una pistola, cioè una pistola finta che in tutto e per tutto assomiglia a una pistola vera ma che in realtà non è in grado di sparare, e poi uscissi di casa e la puntassi contro i passanti fingendo di volerli uccidere. Molti scapperebbero, forse qualcuno cercherebbe di disarmarmi, è probabile che qualcuno mi picchierebbe. È comprensibile, il messaggio diretto che sto comunicando è "voglio ammazzarvi tutti". Quale sarà la reazione di queste persone quando dirò loro che in realtà la pistola è finta e che il mio gesto serviva per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla carenza di architettura antisismica in Italia? Dubito che le persone si tratterranno dal linciarmi, e questo perché il mio messaggio diretto è molto diretto (benché fittizio), mentre il messaggio indiretto è troppo indiretto (benché vero).