BATTUTE A CASO

Siccome è strano che uno che pretende di chiamarsi “Astutillo Smeriglia” si metta a dire cose deprimenti, le poche righe che seguono saranno opportunamente inframmezzate da battute a caso.
"Ognuno deve portare la sua croce", disse Simone di Cirene.
Nel film “Manhattan” c’è quella famosa scena in cui Woody Allen elenca le dieci cose per cui vale la pena vivere. Non ricordo esattamente quali fossero queste dieci cose e non ho voglia di cercarle, ma erano cose tipo la sinfonia  Jupiter di Mozart, un certo giocatore di non so più che sport e il viso di Tracy. Chiunque può trovare dieci cose del genere nella sua vita, cose per le quali poter dire a se stesso che per quanto imperfetto, fastidioso e deprimente sia il soggiorno su questo pianeta, ne è valsa comunque la pena. Io per esempio potrei dire la nona sinfonia di Schubert, il podio di Schumacher con la Mercedes al Gran Premio di Valencia del 2012 e il viso di Tracy. Obiettivamente il viso di Tracy batte qualsiasi cosa.


In città la macchina è indispensabile, serve per cambiare parcheggio quando lavano le strade.
Così uno può raccontarsi che queste dieci bellissime cose rendano sopportabili le altre infinite cose un po’ meno bellissime, perché ogni volta che hai bisogno della nona sinfonia di Schubert, lei è lì, sempre uguale nella tua esecuzione preferita, sempre perfetta, piacevole e rassicurante, e quando finisce puoi riascoltarla ancora, tutte le volte che vuoi, eternamente. Senti che bella parola: “eternamente”. La nona sinfonia di Schubert ha sempre voglia di stare con te, fin dal 1828.
Sono un filantropo, quando vedo qualcuno in difficoltà gli auguro sempre buona fortuna.
Peccato però che, se ci si pensa bene, c’è un problema. È sempre così: quando pensi bene a una cosa salta sempre fuori un problema, credo sia per questo che chi non pensa è mediamente più felice di chi pensa. Il problema in questo caso è che la nona sinfonia di Schubert può essere apprezzata proprio perché la vita non è come lei, e neanche come la nona sinfonia di Bruckner, che sarebbe già qualcosa.
I miei nonni erano così poveri che non potevano permettersi neanche i campioni omaggio.
Se le persone fossero come la nona sinfonia di Schubert, se fossero delicate e eleganti come lei, se si esprimessero con quelle bellissime melodie e soprattutto senza mai dire neanche una parola, sarebbe molto più difficile rendersi conto di quanto è bella la nona sinfonia di Schubert e forse non sarebbe più una cosa per cui vale la pena vivere, visto che la vita stessa sarebbe una cosa per cui vale la pena vivere. Invece la vita è esattamente l’opposto: non solo non è neanche lontanamente bella come la nona sinfonia di Schubert, ma nella vita niente rimane com’è, l’eternamente non esiste. Anzi, se c’è un motivo per cui si può arrivare a dire che ci sono dieci cose per cui vale la pena vivere è proprio che queste cose sono la negazione stessa della vita e quindi, in quanto tali, non fanno altro che sottolineare quanto la vita sia imperfetta, fastidiosa e deprimente. Non sono dieci cose per apprezzare la vita, sono dieci cose per dimenticarla.
Stephen Hawking non è malato, è solo molto pigro.
La verità è che la vita non ha bisogno di motivi per essere vissuta, lei va tranquillamente avanti per conto suo senza aspettare che a te venga voglia di viverla: la vita  inizia, fa le cose che deve fare, più o meno sempre le solite, e poi un giorno finisce, così, come se niente fosse, nella più totale indifferenza dell’universo.
Se mai un giorno aprirò una gelateria, la chiamerò “leccami”.

NOTE A PIÈ DI PAGINA

UNA COSA BELLA

Ogni tanto penso: e se la Terra esplodesse e restasse solo questo blog a testimonianza della specie umana? Se qualcuno, mettiamo un abitante di Plutone, dovesse farsi un’idea di questo pianeta solo leggendo questo blog? Penserebbe che la Terra è un posto orribile pieno di cose orribili e penserebbe che anche la persona che l’ha scritto è una persona orribile, perché alla fine, se a uno piace parlare solo di cose orribili, forse vuol dire che è un po’ orribile anche lui, e così alla fine penserebbe che è stata proprio una gran fortuna che la Terra sia esplosa e, se per un disgraziato caso non fosse esplosa, bisognerebbe assolutamente fare subito qualcosa per farla esplodere.
Ora, la Terra è effettivamente un brutto posto, questo non si discute, e non mi sto riferendo alla sua forma, la sfera è una bellissima figura geometrica. Certo, un cilindro o una piramide sarebbero stati più divertenti, ma lasciamo stare. La Terra è un brutto posto perché è abitata perlopiù da brutta gente, scimmie coi peli a ciuffi che si credono chissà chi solo perché riescono a stare in equilibrio su due zampe. Ma la Terra non è solo questo. Se spegnete un attimo i cannoni plutonici, vi spiego.
Sulla Terra c’è anche la sonata BWV 1016 di Bach, tanto per dire una cosa bella. In nessun altro posto dell’universo c’è una sonata così e, cosa più importante, è una sonata bellissima. Sì, lo so, “bellissimo” è un aggettivo abusato, è “bellissimo” anche un paio di scarpe che fra un anno sarà “bruttissimo”, fra dieci “kitsch” e fra venti “irresistibilmente retró”, ma non è colpa dell’aggettivo, è colpa delle scarpe. “Bello” non significa niente, è come “sgrangamboso”, che un tempo veniva usato per indicare tutte le cose sgrangambose, ma poi tutti hanno iniziato a dire che questo è sgrangamboso e quello è sgrangamboso e alla fine “sgrangamboso” non ha più voluto dire niente, così ora, quando ci si trova davanti a una cosa sgrangambosa, non si sa più che cosa dire, non ci si accorge nemmeno che è sgrangambosa. Per “bello” è più o meno la stessa cosa. Per dire che una cosa è bella bisognerebbe canticchiare la sonata BWV 1016.
Magari a qualcuno può non piacere, è normale, così come a qualcuno può non piacere il Barolo, ad esempio a uno che ha perso il palato in guerra. Non dico che questa sonata sia l’unica cosa bella al mondo, per esempio anche la BWV 1017 non è male, dico solo che se anche fosse l’unica cosa bella al mondo e se tutto quanto l’universo e via dicendo fosse stato messo in piedi solo per arrivare a questa sonata, se la gastroenterite, lo sporco sotto le unghie, i DJ, i pantaloni col cavallo basso, gli amministratori di condominio, l’hip hop, l’accento brianzolo, l’esultanza dopo il gol, gli impiegati piagnucolosi, i manifesti elettorali, i discorsi presidenziali, i passeggini gemellari, i caschi con le orecchie, le riviste di moda, la moda, le barzellette, i capannoni prefabbricati, lo spam telefonico, le soubrette, il Ministero dei Beni Culturali, la cadenza dei giornalisti sportivi e lo squallore ontologico dei sandali coi calzini, se tutto questo fosse solo un effetto collaterale della sonata BWV 1016, ne sarebbe valsa comunque la pena.
Tutto questo per dire, cari amici di Plutone, che prima di far esplodere la Terra è meglio se l’ascoltate.