Una sera di primavera del 1935, Enrico Fermi era a cena con gli amici all’Osteria Panisperna, dove, nonostante il nome, si mangiavano anche cose commestibili. C’erano Majorana, Einstein, Bohr, Hubble e alla quinta bottiglia di vino si unì a loro anche Newton.
Era una serata piacevole. L’inverno era appena finito e in giro per Roma non c’era neanche un fascista (in TV davano il festival di Sanremo).
Come al solito si parlava di particelle subatomiche, antimateria e trasformazioni di Lorentz.
A proposito, dov’è Lorentz?
Dice che è arrivato qui nel 2016, ma non ci ha visti.
Sempre in ritardo quel ragazzo.
Arrivati al limoncello l’argomento finì come al solito sugli extraterrestri. Era uno dei pallini di Einstein, non riusciva a rassegnarsi all’idea che la sua fama potesse limitarsi solo a questo pianeta. Ma Fermi era scettico, molto scettico, soprattutto quando era ubriaco.
Ascolta, Albert, so di darti un dispiacere, ma siamo soli nell’universo. Più soli di un protone in una stella di neutroni, di un raggio cosmico fuori dal cosmo, di un vino buono al supermercato.
Esagerato.
È così.
Nella nostra galassia ci sono cento miliardi di stelle, lo so perché le ho contate, vuoi che siano tutte disabitate?
Ragiona, se l’universo è pieno di extraterrestri, allora dove sono?
Ecco, è questo il cosiddetto paradosso di Fermi: “se l’universo è pieno di extraterrestri, allora dove sono?”. Se la stessa cosa l’avesse detta un signor Rossi qualsiasi, sarebbe stata battezzata come la cazzata di Rossi, invece l’ha detta Fermi e, a quanto pare, le cazzate dei geni si chiamano paradossi.
A un certo punto nella Storia dell’umanità, grosso modo quando la Chiesa esaurì le scorte di legna da ardere, gli scienziati iniziarono a dare per scontata l’esistenza di vita extraterrestre. Non solo la vita elementare (eucarioti, procarioti, tifosi, eccetera) ma anche la vita complessa, quella intelligente.
Il ragionamento è questo: se osservo un fenomeno, qualsiasi fenomeno sia, per quanto insolito e improbabile possa essere, sicuramente nell’universo ce n’è a bizzeffe. L’idea si basa sul fatto che l’universo è obiettivamente molto grande e sull’ipotesi che sia più o meno tutto come qui da noi. È un’ipotesi plausibile, soprattutto quando non se ne sa niente. William Herschel, per esempio, era convinto che tutto l’universo avesse il parquet.
All’inizio gli scienziati pensavano che ci fosse vita un po’ dappertutto: sulla Luna, su Marte, persino sul Sole. Ogni volta che si scopriva un nuovo oggetto astronomico (un asteroide, una cometa, qualsiasi cosa), subito si congetturava sulle strane forme di vita che potevano abitarlo.
Non c’è atmosfera.
Vivranno sottoterra.
Ci sono -265 gradi.
Il riscaldamento costerà meno che da noi.
È poco più grande di un campo da calcio.
E a quanto stanno?
Purtroppo le prime missioni spaziali hanno subito raffreddato gli entusiasmi. Sulla Luna non c’era niente, idem su Marte e, guarda un po’, neanche sul Sole. Oggi il sistema solare è stato perlustrato in lungo e in largo, si è guardato dappertutto, anche sotto il tappeto del bagno, ma non si è trovato niente. A qualcuno è venuta anche l’idea di spedire nello spazio delle sonde con a bordo tutte le indicazioni necessarie per raggiungere il pianeta Terra e alcuni gadget promozionali: un uomo e una donna stilizzati, qualche numero primo e alcuni dischi dei Beatles. Nessuno ha mai contraccambiato. Immagino cosa possano aver detto quelli che li hanno trovati.
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sgm
argi4’
Dopo più di quarant’anni di missioni spaziali in cui la cosa più simile alla vita che si è trovata è il Mars Pathfinder, la comunità scientifica ha ridimensionato le proprie aspettative: all’inizio cercava vita intelligente, poi vita e basta, poi qualche batterio, poi acqua, tracce di acqua, indizi di acqua nel passato, compatibilità con la presenza di acqua nel passato, qualsiasi cosa inizi per “a”.
Il colpo di grazia è arrivato con l’imbarazzante fallimento del progetto SETI, con cui si cercava di captare i segnali radio di lontane civiltà aliene. Probabilmente il piano consisteva nel sorprenderle mentre ascoltavano i dischi dei Beatles, ma purtroppo nessuno ha mai captato niente.
Ora alcuni stanno pensando di spedire un’altra sonda con a bordo un giradischi, ma si tratta di una minoranza. Perlopiù tutti iniziano a pensare che la vita sia una rarità e, in particolare, che la vita intelligente esista solo qui, sul pianeta Terra, o al massimo su un pianeta identico alla Terra, nella stessa posizione della Terra, ora.
Ma in realtà non è così. In realtà l’universo è pieno di extraterrestri, solo che ci evitano.
Era una serata piacevole. L’inverno era appena finito e in giro per Roma non c’era neanche un fascista (in TV davano il festival di Sanremo).
Come al solito si parlava di particelle subatomiche, antimateria e trasformazioni di Lorentz.
A proposito, dov’è Lorentz?
Dice che è arrivato qui nel 2016, ma non ci ha visti.
Sempre in ritardo quel ragazzo.
Arrivati al limoncello l’argomento finì come al solito sugli extraterrestri. Era uno dei pallini di Einstein, non riusciva a rassegnarsi all’idea che la sua fama potesse limitarsi solo a questo pianeta. Ma Fermi era scettico, molto scettico, soprattutto quando era ubriaco.
Ascolta, Albert, so di darti un dispiacere, ma siamo soli nell’universo. Più soli di un protone in una stella di neutroni, di un raggio cosmico fuori dal cosmo, di un vino buono al supermercato.
Esagerato.
È così.
Nella nostra galassia ci sono cento miliardi di stelle, lo so perché le ho contate, vuoi che siano tutte disabitate?
Ragiona, se l’universo è pieno di extraterrestri, allora dove sono?
Ecco, è questo il cosiddetto paradosso di Fermi: “se l’universo è pieno di extraterrestri, allora dove sono?”. Se la stessa cosa l’avesse detta un signor Rossi qualsiasi, sarebbe stata battezzata come la cazzata di Rossi, invece l’ha detta Fermi e, a quanto pare, le cazzate dei geni si chiamano paradossi.
A un certo punto nella Storia dell’umanità, grosso modo quando la Chiesa esaurì le scorte di legna da ardere, gli scienziati iniziarono a dare per scontata l’esistenza di vita extraterrestre. Non solo la vita elementare (eucarioti, procarioti, tifosi, eccetera) ma anche la vita complessa, quella intelligente.
Il ragionamento è questo: se osservo un fenomeno, qualsiasi fenomeno sia, per quanto insolito e improbabile possa essere, sicuramente nell’universo ce n’è a bizzeffe. L’idea si basa sul fatto che l’universo è obiettivamente molto grande e sull’ipotesi che sia più o meno tutto come qui da noi. È un’ipotesi plausibile, soprattutto quando non se ne sa niente. William Herschel, per esempio, era convinto che tutto l’universo avesse il parquet.
All’inizio gli scienziati pensavano che ci fosse vita un po’ dappertutto: sulla Luna, su Marte, persino sul Sole. Ogni volta che si scopriva un nuovo oggetto astronomico (un asteroide, una cometa, qualsiasi cosa), subito si congetturava sulle strane forme di vita che potevano abitarlo.
Non c’è atmosfera.
Vivranno sottoterra.
Ci sono -265 gradi.
Il riscaldamento costerà meno che da noi.
È poco più grande di un campo da calcio.
E a quanto stanno?
Purtroppo le prime missioni spaziali hanno subito raffreddato gli entusiasmi. Sulla Luna non c’era niente, idem su Marte e, guarda un po’, neanche sul Sole. Oggi il sistema solare è stato perlustrato in lungo e in largo, si è guardato dappertutto, anche sotto il tappeto del bagno, ma non si è trovato niente. A qualcuno è venuta anche l’idea di spedire nello spazio delle sonde con a bordo tutte le indicazioni necessarie per raggiungere il pianeta Terra e alcuni gadget promozionali: un uomo e una donna stilizzati, qualche numero primo e alcuni dischi dei Beatles. Nessuno ha mai contraccambiato. Immagino cosa possano aver detto quelli che li hanno trovati.
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Dopo più di quarant’anni di missioni spaziali in cui la cosa più simile alla vita che si è trovata è il Mars Pathfinder, la comunità scientifica ha ridimensionato le proprie aspettative: all’inizio cercava vita intelligente, poi vita e basta, poi qualche batterio, poi acqua, tracce di acqua, indizi di acqua nel passato, compatibilità con la presenza di acqua nel passato, qualsiasi cosa inizi per “a”.
Il colpo di grazia è arrivato con l’imbarazzante fallimento del progetto SETI, con cui si cercava di captare i segnali radio di lontane civiltà aliene. Probabilmente il piano consisteva nel sorprenderle mentre ascoltavano i dischi dei Beatles, ma purtroppo nessuno ha mai captato niente.
Ora alcuni stanno pensando di spedire un’altra sonda con a bordo un giradischi, ma si tratta di una minoranza. Perlopiù tutti iniziano a pensare che la vita sia una rarità e, in particolare, che la vita intelligente esista solo qui, sul pianeta Terra, o al massimo su un pianeta identico alla Terra, nella stessa posizione della Terra, ora.
Ma in realtà non è così. In realtà l’universo è pieno di extraterrestri, solo che ci evitano.