CRAPULONI E SALUTISTI

Vivere come se si fosse immortali è un comportamento assurdo. Mi riferisco a chi tratta il proprio corpo come se fosse una cosa di cui si può fare a meno. Certo sarebbe bello. È una gran scocciatura doversi trascinare dietro per tutta la vita chili e chili di frattaglie sanguinolente avvolte in un sacchetto di pelle, una roba che va periodicamente rifornita, pulita, tosata e svuotata. Sarebbe molto meglio poter fare a meno del corpo e passare tutta la giornata a rotolarsi nel letto, ma purtroppo non si può. Io non sono il mio corpo, ma senza il mio corpo io non ci sono. Lo dimostra il fatto che nessuno è ancora riuscito a mandarlo da solo a fare la spesa. Non sto criticando chi si nutre solo di ciccioli e tuorli d’uovo, beve alcol denaturato e fuma tutto ciò che è combustibile, sto solo dicendo che è assurdo vivere come se si fosse qualcosa che non si è, cioè immortali. È come se uno si comportasse come se fosse un cavallo. Cosa direbbe la gente di uno che andasse in giro con gli zoccoli, mangiasse biada, dormisse in piedi e quando qualcuno gli facesse notare che non è un cavallo rispondesse imbizzarrendosi? Direbbe che è assurdo. E se è felice così? Può darsi, salvo quei brevi inevitabili momenti di lucidità in cui, nella solitudine della sua stalla, si ricorda di essere solo un povero essere umano che finge di essere un cavallo. Perché sotto sotto ognuno di noi sa di non essere un cavallo.
Allo stesso modo è assurdo dedicare la vita alla manutenzione del corpo, come se eliminando tutte le cause di morte si potesse essere immortali.


Hai d’accendere?

Non fumo.

Beato te, io col tabacco mi faccio i suffumigi. Vuoi qualcosa da bere?

Non bevo.

Nemmeno un --

No, grazie.

Allora ti faccio un tè coi biscotti.

Non mangio.

Posso --

Non respiro.


In questo caso quello che si ignora è che la morte non è uno spiacevole incidente che interrompe la vita quando uno meno se l’aspetta, ma uno spiacevole modo di essere vivi. Vivere come se si fosse immortali è assurdo, ma è assurdo anche vivere come se si potesse diventarlo. Da questo punto di vista non c’è differenza fra crapuloni e salutisti: sono solo due modi diversi di fuggire di fronte alla dura verità di non essere un cavallo.

FREDDY

Non esagerare col vino.

Mica devo mica guidare.

Hai i trigliceridi alti.

I trigliceridi?

I trigliceridi, tesoro.

I trigliceridi sono a posto.

Sono alti.

Cos’è ‘sta roba?

Non ti piace?

Ci hai messo il formaggio?

Nella pasta?

Sì.

Sei matto?

È strana...

È il basilico.

Mi fai la pasta col formaggio e pensi che non me ne accorga?

È solo il basilico. Lo sai che hai problemi con le cose verdi.

Fa schifo.

Ti faccio qualcos’altro.

Questo dallo al cane.

Il cane?

Sì.

Il cane è il secondo.

Cosa?

Il cane.

Sì.

È il secondo.

Cosa stai dicendo?

Arrosto di cane.

Freddy?

Arrosto di Freddy.

Non è vero.

Dovevo buttarlo via?

Hai ucciso Freddy?

No.

Tu hai ucciso Freddy!?

Era già morto, io l’ho solo cucinato.

Freddy è morto?

È in forno.

Non ci posso credere.

È caduto dalle scale.

Com’è successo?

Niente, è uscito sulle scale e si è buttato.

È caduto?

Per me si è buttato. Sai com’era Freddy.

Come hai potuto cucinarlo?

Olio e rosmarino.

Gesù Cristo...

Dovevo buttarlo via? Volevi che lo buttassi nell’immondizia?

Taci, per favore.

È pur sempre carne. Carne di un animale sano, fra l’altro.

È Freddy!

Dove vai?

Mi faccio due uova.

Lascia stare, faccio io.

Dove sono le uova?

Siediti.

Dimmi solo dove sono.

Per favore, siediti.

Fammele strapazzate.

Sale e pepe?

E peperoncino.

Tu siediti.

Okay.

Okay?

Okay.

Torno subito.
 
Ah, mettici anche un po’ di Freddy.

RADIOGRAFIA DELL'ANIMA

L’abbigliamento è un argomento molto delicato. Quante amicizie sono finite per un cavallo dei pantaloni troppo basso? Quanti matrimoni sono entrati in crisi per un marito in mutande e ciabatte? Per non parlare delle scritte sulle magliette: mai fare commenti sulle scritte che uno decide di portare in giro come un uomo sandwich, mai, nemmeno quando la scritta dice “si prega di commentare la scritta”. Per questo motivo affronterò l’argomento con la massima delicatezza possibile. Mi sono anche cosparso le dita di borotalco.
Chi pensa che sia superficiale giudicare una persona dall’abbigliamento sbaglia, perché l’abbigliamento non è un semplice involucro che ricopre la persona. I vestiti non si infilano da soli sul corpo, purtroppo, e anche quando uno si mette la prima cosa che capita in realtà sta scegliendo: sceglie di non scegliere. Persino il non vestirsi è un modo di vestirsi, il più studiato di tutti, perché nessuno è indifferente al proprio aspetto, come è abbondantemente dimostrato dall’esistenza degli specchi. L’abbigliamento è un’espressione di sé, come il linguaggio, il comportamento o la suoneria del telefono.
Ci si veste sempre per gli altri, mai per se stessi. Il che non significa necessariamente vestirsi per piacere agli altri, ma magari per distinguersi dagli altri, per essere rispettati dagli altri, per stupirli, per mettersi in mostra, per passare inosservati o chissà per quale altro motivo, ma tutto sempre e solo per gli altri. Quando uno dice che si veste per piacere a se stesso, in realtà sta solo dicendo che si veste per dare agli altri l’idea che gli piacerebbe che gli altri avessero di lui, cioè, anche in questo caso, si veste per gli altri. Del resto basta pensare a cosa farebbe se gli altri improvvisamente sparissero. Forse per un po’ continuerebbe a vestirsi nello stesso modo, è l’abitudine, ma sarebbe interessante vedere come si vestirebbe dopo un anno, dopo dieci anni, dopo cento anni. Siamo sicuri che dopo diecimila anni di esistenza solitaria sulla Terra una persona avrebbe ancora voglia di mettersi i tacchi o di stirarsi la camicia? Ma soprattutto come si vestirebbe se gli altri non fossero proprio mai esistiti? Probabilmente si butterebbe addosso qualcosa a seconda del clima e della pericolosità degli animali circostanti, ma di certo non avrebbe il concetto di abbigliamento. Una persona sola fin dalla nascita sarebbe nuda come una bestia. Autenticamente nuda, non semplicemente svestita.
L’abbigliamento, come tutte le espressioni di sé, dice qualcosa di chi lo esprime. Nella maggior parte dei casi non è facile capire cosa dica, ma ciò non significa che non dica niente. Per esempio cosa dicono i sandali infradito? Che la decenza è solo una futile convenzione borghese? Che basta solo un po’ d’aria per scacciare ogni cattivo odore? Che la civiltà occidentale ha finalmente debellato l’ancylostoma duodenale? Spero che nessuno sia così ingenuo da pensare che ci si mette i sandali perché sono comodi. La comodità dei sandali è il pretesto per metterli, non il motivo.
C’è però un tipo di abbigliamento che è particolarmente facile da interpretare e che dice tutto della persona che lo porta. Una specie di radiografia dell’anima.


L’abbigliamento eccentrico è un travestimento, quindi la prima cosa che dice di chi lo porta è il personaggio che sta interpretando, cioè dice in modo esplicito, chiaro e dettagliato chi quella persona vorrebbe essere (un ribelle, un artista, uno stimato professore dandy mezzo aristocratico e mezzo matto) e di conseguenza dice chi di sicuro quella persona non è, perché solo chi sa di non essere una certa persona ha bisogno di travestirsi da quella persona. Nessuno dovrebbe quindi stupirsi di scoprire che uno che va in giro vestito come un bambino a carnevale millanti titoli che non ha, perché è ovvio che chi mente già nel vestirsi mentirà anche nel parlare. Chi è falso è falso in ogni espressione di sé, dalla montatura degli occhiali alle dichiarazioni d’amore, cosí come un pianoforte scordato è stonato qualsiasi cosa suoni.
Ma l’abbigliamento eccentrico dice anche altre cose. Per esempio dice che chi lo porta è una persona vanitosa, egocentrica, esibizionista e altre cose non riferibili in modo adeguatamente delicato, ma soprattutto dice che è una persona frivola. Tenuto conto della smisurata quantità di cose che varrebbe la pena conoscere durante questo brevissimo soggiorno terrestre, già è abbastanza curioso che uno possa spendere anche solo un minuto a scegliersi le scarpe, figuriamoci occuparsi di un intero guardaroba. Penso sia per questo che è così difficile trovare luminari vestiti da pagliacci.

LE MIE FOTO DELLE VACANZE

A me piacerebbe tantissimo viaggiare ma purtroppo c’è l’inconveniente che non mi piace viaggiare. Nel senso che mi piacerebbe tantissimo vedere posti nuovi, cosa che faccio regolarmente con Google Maps (anche se non vado mai oltre Bardonecchia), ma allo stesso tempo l’essere in posti nuovi mi mette a disagio. Non so perché. Forse c’entra col fatto che sono cresciuto in una famiglia apprensiva, una di quelle famiglie che appena hanno un figlio rivestono i mobili di gommapiuma e limano le unghie del gatto. Il risultato è un figlio senza graffi e ammaccature, ma totalmente incapace di vivere in un mondo non imbottito.
Per me è molto faticoso allontanarmi da casa, lasciare gli angoli familiari, le sporgenze rassicuranti e tutte quelle piccole e accoglienti fessure in cui è così riposante lasciarsi andare. Ma per non assecondare fino in fondo ciò che mio malgrado sono, tempo fa ho fatto una pazzia: ho preso carta di credito e Lexotan e sono andato nel posto più lontano raggiungibile in treno: Londra. Che città fantastica! Nonostante le differenze di cultura, clima, fuso orario e composizione chimica del caffè, ho trovato innumerevoli posti in cui sentirmi a casa. Ecco solo alcune delle oltre duemila foto che ho fatto in questa meravigliosa città.