LA SERA IN CUI SONO ANDATO A MANGIARE LA PIZZA CON THOMAS BERNHARD

Thomas Bernhard è esattamente come uno se l’aspetta dopo non aver letto nemmeno un suo libro: affabile, spiritoso, estroverso, uno con cui ci si sente subito a proprio agio. L’ho conosciuto nel 1985, al tempo faceva il babysitter. Nella vita aveva fatto un po’ di tutto: il commesso, il parrucchiere, il cuoco cinese e ora faceva il babysitter. Mi ha raccontato che quando aveva bisogno di arrotondare preferiva i lavori cosiddetti umili. Gli piaceva molto l’aggettivo “cosiddetto”. Preferiva i lavori cosiddetti umili ai lavori cosiddetti borghesi, perché con i lavori cosiddetti borghesi si deve venire a patti con i cosiddetti valori della cosiddetta classe cosiddetta borghese. Era un miracolo che riuscissi a capirlo.
In quel periodo io ero fidanzato con Morena, una ragazza straordinaria ma sempre a corto di soldi e che, non so per quale motivo, si ostinava a chiamarmi “abbello”. Una sera che dovevamo uscire a cena, passo a prenderla al solito posto sotto il viadotto, ma lei non c’è. Aspetto un po’, niente, non si fa vedere. Impegni di lavoro, mi dirà poi. Siccome però io avevo già prenotato in pizzeria e non mi andava di mandare tutto a monte, decido di chiamare una babysitter per farmi compagnia, tanto, penso, che problema c’è? I soldi glieli do e non deve neanche cambiarmi il pannolino. Solo che come babysitter chi mi arriva? Esatto.
Al tempo non sapevo chi fosse, appena mi rivela che è uno scrittore, cerco di capire meglio.   


Quindi lei è uno scrittore?

Cosiddetto.

Bello.

Ho pubblicato alcuni romanzi, racconti e altre cose.

Sembra divertente.

Lo è, finché uno ne ha la forza.

In che senso? Lei non scrive seduto?

Scriverei sdraiato se la macchina da scrivere sulle costole non mi togliesse il respiro. Ho provato, sa? Ma sono andato in coma. Mi hanno dovuto ricoverare d’urgenza al centro medico Grillparzer. Una vera scocciatura. Io non sopporto Grillparzer.

E com’è il coma?

Meglio.


In effetti non sembrava molto in forma. Stava tutto curvo, col berretto di lana, la coperta sulle ginocchia e due infermieri che gli praticavano una toracocentesi. Il rumore del liquido intercostale che sgocciolava nella bacinella sotto il tavolo era abbastanza fastidioso.


Beh, dopotutto si è tolto le sue soddisfazioni, no? Non è obbligato a continuare a scrivere. Perché non si gode la pensione e basta?

Ho cinquantaquattro anni.

Terrestri?

A me interessa solo pubblicare. Scrivo le mie cose su carta economica e poi mi ritrovo dei libri così carini da mettere in ordine sulla mensola. È per questo che ho diviso la mia autobiografia in cinque parti, per massimizzare i volumi.

Quindi non le interessa diventare famoso?

Ogni cosa è ridicola se paragonata alla morte.

Ah, non me ne parli.


Com’è semplice a volte avere a che fare con le persone. Uno pensa che uno stimato scrittore austriaco e un ragazzino brufoloso non abbiano niente da dirsi, e invece eccoli lì in pizzeria a parlare della stupidità della razza umana, dell’ipocrisia e della volgarità di ogni religione, di quanto sarebbe utile tagliare le orecchie a chi fa un figlio (parole sue) e del suicidio. Ah, il suicidio! La nostra grande passione comune.


Davvero non hai mai provato con le borse di plastica?

No!

Dovresti. Basta una borsa della spesa e un laccio emostatico, è veramente facile.

Sembra divertente.

Molto meglio dei barbiturici. L’ultima volta sono stato a letto quattro giorni.

No, sei pazzo? Se vuoi ti do i miei. Mi sono salvato solo perché erano scaduti.


Una persona davvero piacevole. Dopo la pizza gli ho proposto una grappa a casa mia, davanti a una puntata di Magnum P.I., ma Thomas era molto provato e preferiva tornare a casa a sistemare i suoi libri sullo scaffale. Poi, nei mesi successivi, ne ho letti alcuni e devo dire che non sono niente male. “Il respiro” è uno dei miei preferiti. Lo consiglio assolutamente a tutti quelli che quando sentono l’annuncio “allontanarsi dal binario due, treno in transito”, oltrepassano anelanti la linea gialla e poi si fermano incerti sull’orlo della banchina. È un libro eccezionale, fa l’effetto di una spintarella.