LE RADIOSVEGLIE

Buongiorno, desidera?

Voglio comprare il computer.

Ottima idea, signore. Purtroppo noi vendiamo radiosveglie.

...

Non è per cattiveria. Sono quindici anni che vendiamo radiosveglie, abbiamo sempre venduto radiosveglie. Vede? Fuori l’insegna dice “radiosveglia store”. “Store” vuol dire negozio e “radiosveglia” vuol dire radiosveglia. A volte la lingua è inesorabile.

E questo cos’è?

Questo?

Che cos’è?

È un registratore di cassa. Abbastanza simile a un computer, almeno esteriormente, ma pur sempre un registratore di cassa.

Lo compro.

Non è in vendita, signore. Noi vendiamo radiosveglie. Niente computer, niente registratori di cassa, solo radiosveglie.

Sveglie?

Radiosveglie.

A me serve il computer.

Qui non troverà nessun computer. Io le posso dare solo attenzione, cortesia, qualche utile consiglio sulle radiosveglie e, al massimo, una radiosveglia, ma non posso darle un computer, neanche se volessi. Forse nella mia vita fuori di qui potrei darle un computer. Nella mia vita in borghese, diciamo così, quando non porto questa divisa fosforescente e non vado in giro con un cartellino plastificato col mio nome e una foto-tessera in cui sorrido senza motivo, forse lì potrei darle un computer, dico in teoria, perché molto probabilmente non ne avrei voglia. Vede, signore, io sono cortese solo quando vendo radiosveglie.

Voglio un altro commesso.

Può chiedere a Mario, Francesco o Monica. Guardi, laggiù.

Non vedo nessuno.

Certo, signore, sono nascosti dietro lo scaffale, ma se fa uno sforzo potrà sentirli ridere di lei.

Loro hanno il computer?

A casa, probabilmente. Come tutti. Ma qui, in questo capannone prefabbricato in mezzo alla campagna, dove uomini e donne completamente annientati dalla vita gettano via le loro poche ore libere, la domenica o il sabato pomeriggio, prima di finire in qualche bettola a commentare lo sconcertante aumento dei prezzi delle radiosveglie, qui, gentile signore, Mario, Francesco o Monica hanno solo radiosveglie, migliaia di radiosveglie, radiosveglie di tutte le dimensioni e di tutti i tipi: digitali, analogiche, stereo e mono, colorate e in bianco e nero, luminose, profumate, radiosveglie di lattice per adulti o di marzapane per i più piccoli, radiosveglie buffe e radiosveglie introspettive, come questa, vede? Basta premere il pulsante e le parlerà di sé. Su, provi.

Io?

Prema il pulsante.

“SONO TANTO INFELICE!”.

Ha sentito, signore? Povera radiosveglia.

...

Oh, non si rattristi. Se vuole abbiamo anche radiosveglie che mentono.

La compro.

Questa qui?

Voglio comprarla. Voglio comprare questa sveglia.

Radiosveglia.

Io la renderò felice.

Lei è una brava persona.

Con me sarà felice.

Ne sono certo.

...

Sono quarantacinque euro.

CHI MALE INTENDE È A METÀ DELL’OPERA

È terribile non essere capiti.

Non me ne parlare.

È una delle cose peggiori.

Dopo le crocchette di miglio.

Mi hai tolto le parole di bocca.

Oh, scusa!

Tranquillo. Vuol dire che c’è intesa.

Ed è un bene o un male?

Un bene.

Mi hai tolto le parole di bocca.

Il problema è quando uno non ti capisce.

È terribile.

È un po’ come --

Morire.

No.

Morire nel senso di quando uno non ti capisce.

È come quando ti viene a trovare qualcuno --

Ah, sì. Terribile.

E tu non hai niente da offrirgli da bere.

Neanche l’acqua del rubinetto?

Quello che voglio dire --

Dillo.

È che magari tu dici “a” --

Preposizione di moto a luogo.

E quello capisce “b”.

Preposizione di moto b luogo.

Ti ho raccontato di quando ho chiesto un tramezzino con prosciutto, funghi e maionese e mi hanno portato una crocchetta di miglio?

No.

Una volta mi sono fermato a fare uno spuntino all’autogrill di Fiorenzuola, hai presente?

È il mio ristorante preferito.

Ho chiesto un tramezzino con prosciutto, funghi --

E cosa ti hanno portato?

Una crocchetta di miglio.

No!

Giuro.

E cos’hai fatto?

Be’, puoi immaginarlo.

Posso?

Sì.

Grazie.

La maggior parte delle discussioni si basa solo su dei fraintendimenti.

È perché c’è intesa.

È raro che si parli veramente di qualcosa.

Tutti parlano solo di fraintendimenti. Per esempio, ti ho raccontato della crocchetta di miglio all’autogrill di Fiorenzuola?

È successo anche a te?

Sì.

Sul serio?

Una cosa terribile.

Vero?

È terribile non essere capiti.

L’INCONVENIENTE DI AVERE IL CAZZO

Molte mie amiche si complimentano con me per il fatto che ho il cazzo. Io cerco di spiegare loro che non è tutto rose e fiori, ma loro mi dicono di non sminuirmi. “Beato te”, mi dicono, “che hai un organo riproduttivo così semplice e maneggevole. Io invece ho il clitoride, il punto G, l’orgasmo vaginale, l’orgasmo multiplo, l’orgasmo esterno, l’orgasmo a singhiozzo, il cosiddetto plateau, l’orgasmo di simpatia, l’eiaculazione di Skene e le contrazioni di Kegel. Tutto questo senza neanche un libretto delle istruzioni”.
Riconosco che il cazzo è una grande comodità, basta sfiorarlo e fa tutto da solo. “Tu”, dicono le mie amiche, “te la puoi sbrigare in dieci secondi”, in realtà il mio record è 2,65, compresa la sigaretta celebrativa, “io invece”, continuano loro, “potrei andare avanti così per ore, guarda”.
“Carla”, dico io alle mie amiche, “quella non è la vagina”.
“Che ne sai tu delle donne”, rispondono loro.
È la famosa invidia del pene, che Freud ha concisamente descritto così: ”Se vedi un pene eretto e la cosa ti rode, allora hai il mio stesso problema”.
Ma non c’è niente da invidiare. Se una donna sapesse quale insostenibile peso è trascinarsi dietro per tutta la vita il cazzo, ringrazierebbe dio ogni volta che ha le mestruazioni. Il cazzo è peggio delle mestruazioni. È come avere l’incredibile Hulk nelle mutande, l’unica differenza è che non diventa verde. In cambio di 2,65 secondi di piacere, ogni uomo deve sottostare per tutta la vita alle voglie del cazzo (per non parlare delle idee del cazzo).
Per esempio, sei in autostrada che ti fai tranquillamente i tuoi 170 chilometri all’ora sulla corsia di emergenza e all’improvviso una Polo ti sorpassa. Sfreccia via in un attimo, quasi non te ne accorgi, ma il tuo cazzo se ne accorge eccome.


INSEGUILO, PRESTO!

Per favore, stai buono.

DOBBIAMO SUPERARLO! PORCA PUTTANA!

Ma che senso ha?

IDIOTA! METTI CHE AL CASELLO C’È UNA DONNA! GLIELA VOGLIAMO LASCIARE!?

In autostrada? Alle tre di notte?

MUOVITI! MI STO GIÀ LUBRIFICANDO!


È un luogo comune che la superiorità dei maschi negli sport sia una questione di forza fisica. Certo, deve essere per questo che i giocatori di biliardo sono tutti degli energumeni. In realtà non sono i muscoli, ma il cazzo. Il fatto è che per il cazzo è sempre una questione di vita o di morte, qualsiasi cosa, anche una semplice chiacchierata con gli amici.


Ti dico che le pere sgocciolano.

Stai generalizzando.

Diciamo che la maggior parte delle pere sgocciolano.

Ci sono centinaia di tipi di pera.

Le abate, per esempio, sgocciolano.

Le abate non sgocciolano.

Stai generalizzando.

La maggior parte delle pere abate non sgocciolano.

Ogni volta che le mangio mi sbrodolo tutto.

Forse non sono abate.

Sono gialle, col picciolo e a forma di pera. Pere abate.

Non sono abate.

Dammi la definizione di pera abate.

Sono quelle che non sgocciolano.

Quindi tutto quello che non sgocciola è una pera abate?

Sono gialle, a forma di pera e non sgocciolano.

Controlliamo sul dizionario.

Dammi la definizione di dizionario.


Tutto questo per contendersi la femmina, anche quando in realtà non c’è nessuna femmina. Ma il cazzo come potrebbe saperlo? Chiuso com’è dentro le mutande, al buio, senza occhi né orecchie. Sarebbe il cervello che glielo dovrebbe dire.
Un uomo non è altro che una propaggine del proprio cazzo, indispensabile per permettere al cazzo di spostarsi, nutrirsi e lavarsi (il cazzo non ha nemmeno la doccia) ed è facile rendersi conto che dietro a ogni comportamento maschile c’è sempre il cazzo. Perché sono sempre i mariti che ammazzano le mogli? Il cazzo. Chi sevizia le pecore? Il cazzo. Chi scrive i libri di Vespa? Il cazzo.
In poche parole il cazzo è pericoloso. Molto più pericoloso delle bombe a grappolo o del Ministero dell’Istruzione. Su ogni cazzo dovrebbero esserci le scritte come per le sigarette: “il cazzo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”, “il cazzo crea un’elevata dipendenza, non iniziare”, “non fare respirare il tuo cazzo ai bambini” e così via.
Ma quello che è veramente tremendo, è sotto gli occhi di tutti, è che le cose non migliorano con l’arrivo dell’impotenza, il momento segretamente agognato da ogni donna sposata. Anche quando il cazzo si è definitivamente ammosciato e se ne sta raggrinzito sulla sua piccola sedia a rotelle, non cambia niente, continua a dettare legge fino alla fine, come quei dittatori decrepiti e completamente rintronati che non ne vogliono sapere di abbandonare il loro posto, nemmeno quando non sanno più distinguere il motorino dal gatto dei vicini, con le spiacevoli conseguenze che si possono immaginare.

PICCOLI ADULTI A BRIGLIA SCIOLTA

Non è vero che non mi piacciono i bambini. Non mi piacciono i bambini coi genitori, ma i bambini da soli mi piacciono. Sono così sprovveduti e boccaloni che si può facilmente spadroneggiare in lungo e in largo con la propria superiorità intellettuale. Gli si può far credere qualsiasi cosa. All’ultimo bambino con cui sono uscito, ho fatto credere che le costolette che avevo nel piatto erano il suo gatto. Poveraccio. Ha fatto una faccia che sembrava uno spot del Telefono Azzurro. Poi, appena il mio stomaco ha rumoreggiato, gli ho detto: «senti? miagola». Si è messo a piangere.
Un bambino senza genitori non è un problema, posso gestirlo. Se mi fissa, lo fisso; se fa un’osservazione sgradevole, lo sgrido; se prova ad avvicinarsi con le sue zampette appiccicose, gli do una sberla. Tanto i bambini non si fanno male, hanno le guanciotte apposta per attutire i colpi.
I bambini sono innocui, non c’è da aver paura. Anni fa, quando facevo il cameriere alla mensa delle elementari, un bambino che si allenava per diventare gradasso mi apostrofa dicendomi che ho il naso grosso, e poi se la ride con i suoi amichetti. Non aspettavo altro, mi ero messo apposta gli occhiali piccoli per far risaltare il naso. Vado da lui senza la minima soggezione (sono passati i tempi in cui i bulli di quinta elementare mi facevano paura) e gli rovescio il risotto sul tavolo. «Guarda cos’hai fatto» gli dico, «ora lo vado a dire alla maestra». Naturalmente crolla subito: «No! Non è vero! Non sono stato io!» eccetera. Povero piccolo stronzo, non ridi più adesso, eh? Lo guardo dibattersi per un po’, poi prendo lo straccio e pulisco.
I bambini non sanno fingere, cosa che mi mette in una condizione di oggettiva superiorità. Con loro non c’è il problema di chiedersi cosa pensino veramente, quello che pensano lo dicono e quello che dicono è quello che pensano, detto esattamente nel modo in cui lo pensano. Se un bambino fa il furbo con me, posso mettermi tranquillamente al suo livello e batterlo. Ci sarà un motivo se si dice: facile come rubare le caramelle a un bambino.
Il problema sono i genitori. Se ci sono i genitori, tutto questo non è più possibile. In loro presenza bisogna mantenere il contegno che si tiene con gli adulti, anzi ci vuole un surplus di contegno, perché gli adulti, quando si tratta dei loro figli, diventano molto più guardinghi e perdono qualsiasi lucidità. I genitori non riescono a vedere i propri figli come persone, ma li vedono come piccole divinità. Piccole delicatissime divinità a cui tutto è permesso. Così, quando ci sono bambini con genitori al seguito, succede che sono loro a spadroneggiare, perché, mentre io ho le mani legate, di fronte ho dei bambini a briglia sciolta, cioè degli adulti col corpo piccolo ma molto più bastardi degli adulti.
È come partecipare a un incontro di pugilato contro un cieco. Facile, se non fosse che ci sono i suoi genitori che ti tengono fermo.

LA FABBRICA DEGLI EUFEMISMI

La fabbrica degli eufemismi non è mai in perdita. I suoi stabilimenti si trovano in fondo a una grande voragine sotterranea, lontano dagli schiamazzi della vita mondana, sulla riva del lago Cocito. Qui si danno da fare tanti graziosi lavoratori non specializzati a statura ridotta e di colore, vestiti con variopinte uniformi di un altro colore e di quell’altro colore ancora. Nella fabbrica degli eufemismi non ci sono discriminazioni di sesso, ma di genere, e in tanti anni di attività nessuno è mai stato licenziato, ma al massimo sollevato dal proprio incarico o allontanato con giusta (rispetto a un sistema di valori arbitrariamente scelto) causa. La gente non muore mai, ma scompare, manca, spira, trapassa, abbandona le mortali spoglie o passa a miglior vita, e tutti vivono in perfetta dialettica interna, con vigorosi scambi di vedute e venendo molto poco raramente alle estremità degli arti superiori. In pratica un paradiso altro diversamente terrestre.


Come spiega il grande successo della sua azienda?

L’azienda, come la chiama lei, non è mia, ma di tutte le persone che ogni giorno danno il loro contributo per mantenerla attiva e produttiva, dedicando la loro vita a costruire un mondo migliore.

Intende gli operai?

Sì.

Scusi, cos’è questo rumore fastidioso?

L’allarme. Suona ogni volta che qualcuno chiama le cose col loro nome. Tra poco smette.

Come spiega il grande successo della “loro” azienda?

Vede, gli eufemismi sono come i deodoranti, solo che non servono per profumare il corpo, ma la mente. Più la mente della gente emana sgradevoli odori, più c’è bisogno di eufemismi, ecco perché le vendite sono aumentate a dismisura negli ultimi anni. Se una persona ha dei pensieri sgradevoli riguardo a una certa cosa, per esempio nei confronti di una categoria di persone che giudica inferiore o che disprezza, invece di chiamarla col suo nome e provare vergogna davanti a tutti, può servirsi dei nostri prodotti e deodorare così i suoi pensieri. Ne abbiamo per tutti i gusti: sinonimi, litoti, perifrasi, neologismi, fino alle vere e proprie balle.

Ci può fare un esempio preciso?

No, non posso.

Chi sono i vostri clienti migliori?

Io non li chiamerei clienti. Il nostro è un servizio di pubblica utilità e in cambio non chiediamo denaro, ma solo un pezzettino di anima.

Come li chiamerebbe, allora?

Amici.

Chi sono i vostri migliori “amici”?

Un po’ tutti: giovani e meno giovani, ricchi e meno ricchi, donne e meno donne. Ultimamente andiamo molto bene fra i frequentatori di persone che non si sottraggono a offrire prestazioni fisiche a non trascurabile contenuto lubrico.

Intende i puttanieri?

Sì.

Nuovi progetti?

Ah, moltissimi. Uno staff di ingegneri è sempre al lavoro per trovare modi di esprimersi sempre più neutri per gente sempre meno esplicita. Noi vogliamo che anche le persone meno tolleranti e di mente non esageratamente aperta abbiano a disposizione parole per potersi esprimere in modo beneducato. È un loro diritto. E poi tenga presente che gli eufemismi col tempo si consumano.

Hanno una scadenza?

Certo. Un eufemismo funziona solo finché consente a chi lo usa di porre una distanza fra sé e la cosa nominata. Più si disprezza una cosa, più l’eufemismo deve essere elaborato. È come quando si raccolgono i bisogni del proprio cane, non lo si fa a mani nude. Col tempo, però, l’eufemismo diventa di uso corrente e quando sostituisce completamente la parola originaria, la distanza fra il nome e la cosa scompare e c’è bisogno di un nuovo e più elaborato eufemismo. Per questo presto lanceremo sul mercato nuovi prodotti, quali: “non non non vedenti”, “a non eccessiva pigmentazione riflettente tutte le frequenze della luce solare” e “cyborg metà uomo metà macchina a rotelle dotato di poteri diversamente super, quali l’andare più veloce della velocità del suono in un gas monoatomico di densità 1 kg/m3 alla pressione di 10-8 atmosfere”.

0,15 km/h?

Sì.

IL CORRIERE DEL TEMPO

Mi sarebbe piaciuto fare qualche considerazione su quei piccoli riciclatori di pettegolezzi, campionari di refusi, prontuari dell’approssimazione e dell’inesattezza che sono i giornali on line. Il Corriere della Sera, per esempio, in teoria il giornale italiano più autorevole, sembra un sito soft core: “Studentessa di giorno, webcam girl di notte. Guarda le foto.”, “Professoressa hot sorpresa nuda in aula con gli alunni. Guarda le foto.”, “Vescovo sexy molesta perpetua barely legal. Guarda le foto”. A cosa serve un sito soft core quando ci sono i siti hard core?
Volevo scrivere un post così e chiamarlo “Il Corriere della Sega”. E invece no, controllo con Google e cosa scopro? Ci sono circa diecimila siti che usano la stessa identica divertentissima inimitabile battuta. Allora mi sono sdraiato sul divano e ho deciso che non mi sarei più rialzato finché non mi fosse venuta un’idea veramente unica: filmare per otto ore l’Empire State Building? Fare la cacca in novanta barattoli, sigillarli e venderli a peso d’oro? Uccidere i genitori con un calzascarpe? Dopo tre giorni e tre notti durante i quali mi sono alzato solo per bere e andare al cinema, ho finalmente avuto l’idea: viaggiare nel tempo. Intendo come mi pare, non solo nel futuro di un secondo al secondo.
Ho fatto un paio di modifiche alla mia radiosveglia e via, sono partito. Per dimostrarlo ecco una foto di com’era il mondo venti miliardi di anni fa.


Dopo alcune brevi tappe temporali in cui ho scoperto cose veramente interessanti (il cibo del futuro sarà commestibile, gli egizi non vivevano nelle piramidi, Hitler adorava i giochi di strategia militare), ho deciso di andare in Palestina a trovare Gesù Cristo. Il piano era questo: andare a casa sua, raccontargli che nel futuro ci sarà una religione col suo nome e fotografare la faccia che avrebbe fatto. Purtroppo avevo finito le batterie della macchina fotografica e così ho dovuto fare uno schizzo.


Ti giuro che è così.

Non giurare, per favore.

La gente si radunerà ogni domenica, leggerà brani della tua biografia e alla fine fingerà di mangiarti.

È assurdo.

Sono convinti che questo li farà vivere in eterno. È la religione più diffusa nel mondo, con tanto di templi, sacerdoti e tutto quanto. Hanno anche un loro simbolo.

Che simbolo?

Una... un... ma, scusa, non sei felice?

Non so che dire, io sono ebreo.


A questo non avevo mai pensato: Gesù non è cristiano. È un paradosso incredibile, come se Dio fosse ateo o Babbo Natale scrivesse le letterine a se stesso fingendo di non sapere che tanto sono i suoi genitori che gli portano i regali. Intanto che pensavo a queste cose, mi sono accorto che Gesù stava parlando.


Questi prendono i soldi da Roma e poi ti fanno la morale, capisci? Non sanno neanche cos’è la morale! Scribi e farisei ipocriti! Sono come una tomba imbiancata, bella fuori, ma dentro piena d'ossa e immondizia.

Parli come Beppe Grillo.

Aiutami a cacciare questa gente, ti prego. Con la mia intelligenza, il mio fascino, il mio carisma e la tua macchina del tempo, possiamo fare grandi cose.


A me però era venuta un’altra idea: farlo fuori e cancellare il Cristianesimo dalla storia.
Certo, è una carognata. Ero lì, in casa sua, mi stava pure lavando i piedi, e io pensavo a come ammazzarlo senza sporcarmi troppo. Di solito non mi comporto così a casa della gente, ma stavolta era per una giusta causa. Sono sicuro che anche lui avrebbe capito. Così, con una scusa qualsiasi (la macchina del tempo in divieto di sosta), sono uscito di casa e sono andato a denunciarlo per apologia sovversiva. Ricordo ancora perfettamente le sue parole, a metà fra l’allibito e il deluso: “divieto di cosa?”.
Il giorno dopo lo hanno crocifisso.