INTERVISTA A EMANUELESI

Siccome sono ormai circa sei anni che su questo blog appaiono strisce di Emanuelesi, mi sono detto: ma chi è Emanuelesi? In rete non si trova molto, giusto il suo sito, dove si può vedere un po’ del suo lavoro, ma nessuna informazione su di lui, niente, neanche una parola. Così ho deciso di mandargli una mail con qualche domanda.

Ciao, Emanuelesi. Chi sei?
Mi descriveresti la tua giornata tipo?

Quanto tempo dedichi mediamente al blog?
Ieri mi sono riguardato tutte le tue strisce. Possono essere molto diverse fra loro, ma in tutti i casi costringono chi le guarda a farsi delle domande e a cercare una risposta, risposta che spesso è nascosta nei dettagli. Domande e dettagli sono due cose molto rare, per caso hai studiato tutti i trucchi del social media marketing e li applichi al contrario o ti viene spontaneo?
Avrei voluto dirti le mie tre strisce preferite, ma non sono stato capace di sceglierne solo tre, così ho deciso di dirtene tre a caso fra le mie preferite: Gli altri, L'agguato, L’uomo naso e Bonnard ovvero l’artista. Sì, lo so, sono quattro. Mi fai una striscia in cui l’uomo naso e Bonnard si incontrano? Ti prego.




Grazie. Un’altra striscia che mi piace molto è Moby Dick. Quando arrivo alla fine e vedo quel capello sul cuscino, quasi mi si inumidiscono gli occhi, ma, ti giuro, dopo quattro anni non l’ho ancora capita. Me la potresti spiegare?




Un’altra tua caratteristica, non so se te ne sei accorto, è che non fai mai uso di parole. Non ti capita mai di sentirne la mancanza?
Ti capisco. Anch’io se potessi ne farei volentieri a meno. Secondo me le parole possono anche essere disposte in modo appropriato, piacevole o addirittura elegante, qualcuno ci riesce, ma alla fine hanno sempre un fondo ineliminabile di volgarità. Al livello più basso stanno le chiacchiere, più su c’è il discorso, poi la narrativa, la poesia e in cima a tutto sta il silenzio. Ti è piaciuta questa?
Facciamo un esperimento. Se ti dico “oscurità”, “orpelli” e “macedonia”, tu cosa mi rispondi?


Molte volte prendi di mira l’arte contemporanea, come per esempio nel Capolavoro o nel Sorpasso. Volevo sapere cosa pensi di Pistoletto.


C’è qualcuno a cui ti ispiri?
Che rapporto hai con i fumetti?
Esprimi tre desideri.

Progetti per il futuro?
Ultima cosa, potresti dire una parola? Solo una, a tua scelta. Puoi disegnarla, se vuoi.

SOLUZIONE DEL PROBLEMA ONTOLOGICO

Capita di avere un pensiero fisso, per alcuni è la morte, per altri i soldi, i rapporti sessuali o il proletariato. Il mio pensiero fisso è il problema ontologico. Da quando ne ho sentito parlare dal dentista non riesco più a togliermelo dalla testa.


Inconcepibile...

La prego, non mi dica che va devitalizzato.

No, no, tranquillo. Mi chiedevo perché l'essere e non il nulla.


Per fortuna l'altra sera, in modo del tutto casuale, ho trovato la soluzione. Ero al ristorante con Giuseppe, Giuseppe e Giuseppe (per comodità scelgo solo amici con lo stesso nome). Arrivati al dessert, Giuseppe vuole ordinare quei dolci cinesi con dentro il messaggio. Io non ero d'accordo, faccio molta fatica a digerire i messaggi, però Giuseppe insiste e così alla fine decido di accontentarlo. Io accontento sempre tutti, mi piace vedere la gente smettere di insistere.
Purtroppo, come tutti i dolci cinesi, anche questi sapevano di muco rappreso. Non che io sappia che sapore ha il muco rappreso, ma m'immagino che sia più o meno così: dolciastro, farinoso, con un retrogusto di limone dimenticato in frigorifero da tre settimane. Anche i messaggi dentro ai dolci non erano proprio il massimo: "Attraversa sulle strisce solo se ci sono", "Non prestare soldi al gatto", "Il mondo finirà nel 1993", "Complimenti hai vinto un altro dolce cinese". Quest'ultimo capita proprio a me.


Cosa dice il tuo messaggio? 

No, niente.

Perché lo nascondi?

Non lo sto nascondendo.

L'hai messo in tasca.

Non mi pare.

Da' qua.

Guarda, è vuota.

L'altra tasca!

Mi dispiace, Giuseppe, ma ho una tasca sola.

E questa cos'è?

Ah, la chiamate tasca anche se è a sinistra?

Ma dai, che fortuna! Hai vinto un altro dolce cinese. Cameriere!


In teoria i dolci li avevano finiti, ma è incredibile quello che può inventarti un bravo cuoco con quel poco che ha in cucina: zucchero, farina e limone dimenticato in frigorifero da tre settimane. 


Allora? Che dice il messaggio?

Oddio...

Cos'hai? Perché fai quella faccia?

Giuseppe...

Dimmi.

Dimmi.

Dimmi.

È la soluzione del problema ontologico.

Ah. E non dice nient'altro?

LETTERA APERTA AI RAZZISTI

Ciao, persona che pensi che “straniero” sia sinonimo di “pericoloso” (per brevità “razzista”).
So che non ci conosciamo, ma avrei una cosa importante da dirti: essere razzisti non è immorale, come tu pensi ti venga rimproverato e magari te ne compiaci pure (“io sono cattivo, gli altri sono buonisti”). Essere razzisti è cretino.
Ok, in realtà è anche immorale, almeno secondo la mia personale classifica dei valori:

1. Razionalità
2. Umanità
3. Pita gyros

ma, prima ancora che immorale, è profondamente e insuperabilmente cretino (spero che la parola "cretino" non ti offenda, dopotutto sei contrario al politicamente corretto, giusto?).
Per esempio, prendiamo un popolo fra i più odiati della Terra: i proprietari di Audi. Come sai, esiste un pregiudizio molto diffuso secondo cui queste persone sarebbero dei patetici coglioni. Sarà vero? Non sarà vero? A molti viene il dubbio visto che, si dice, quando vedi uno fare una cazzata in autostrada, nove volte su dieci è un'Audi: se suona il clacson per chiedere strada è un'Audi, se fa lo slalom in mezzo al traffico è un'Audi, se è ribaltato in mezzo a un campo è quasi sempre un'Audi, per cui viene spontaneo chiedersi: sarà l'Audi che attira i coglioni o si diventa coglioni quando si guida un'Audi? O forse, molto più semplicemente, succede che quando a fare una cazzata è un'Audi, ci si fa caso, mentre quando la cazzata è fatta da un altro non ci si fa caso? Questo tipo di selezione dei fatti è una cosa che facciamo tutti senza nemmeno accorgercene: i fatti che confermano i nostri pregiudizi li chiamiamo "prove", quelli che li negano li chiamiamo "eccezioni". "Ci sono anche Audi per bene", si dice. Non tenere conto di questo difetto del cervello umano è già di per sé abbastanza cretino, ma tu, caro Razzy, fai anche di meglio.
Supponiamo che fra quelli che hanno l’Audi ci sia effettivamente un piccolo ma significativo surplus di coglioni. È possibile, dopotutto i coglioni esistono e, quali che siano i motivi, non è detto che siano distribuiti uniformemente fra tutte le case automobilistiche. Io non so se è vero, ma ammettiamolo. Ora, cosa fai tu quando entri in contatto con uno sconosciuto con l'Audi? Lo consideri automaticamente una minaccia per la sicurezza stradale e, pur non sapendo niente di lui, lo ritieni responsabile di tutto il male che hanno fatto le Audi in tutta la storia dell'umanità. In poche parole giudichi una persona non per quello che è, ma per il gruppo di persone cui appartiene. Invece di attribuire a uno la responsabilità delle sue azioni personali, gli attribuisci la responsabilità delle azioni di alcuni suoi simili, fra l'altro i suoi simili peggiori, mica i premi Nobel. Immagino che tu, quando vai all'estero, pretenda di essere giudicato per quello che hai detto e fatto, non per quello che ha detto e fatto Bernardo Provenzano. È una cosa ovvia, eppure, questa cosa così ovvia che applichi a te stesso, non sei capace di applicarla agli altri. Ecco perché sei un cretino.

LA MORTE VIEN CANTANDO

Siccome l’anno scorso sono morti quattro o cinque cantanti, molti hanno la sensazione che il 2016 sia stato un anno particolarmente sfortunato per le popstar, come se fare i milioni con le canzoni non solo non ti rendesse immortale, ma fosse addirittura un problema per la salute, peggio che fumare. In realtà, prima di dire che dei morti sono tanti, bisognerebbe capire tanti rispetto a cosa.
Quante sono le popstar oggi? Per rispondere a questa domanda ho selezionato tutti i musicisti che hanno venduto più di 75 milioni di dischi e/o venduto più di 20 milioni di copie di un disco e/o venduto più di 5 milioni di copie di un singolo (ecco come ho passato il Natale). Secondo questi criteri le popstar sarebbero 356, di cui 310 ancora in vita. Vediamo come sono distribuite per anno di nascita.


L’istogramma in figura mostra la quantità di popstar che sono nate di quinquennio in quinquennio a partire dal 1903, con la parte nera che indica quelle già morte. Quello che salta subito all’occhio è l’impressionante esplosione di popstar nate negli anni ‘40 e ‘50. Se si considera che uno diventa famoso fra i venti e i trent’anni, le popstar nate in questo periodo sono quelle che hanno spopolato negli anni ‘60, ‘70 e in parte ‘80. Tanto per avere un’idea, solo dal 1938 al 1952 sono nate 170 popstar, mentre nei trentacinque anni precedenti ne sono nate solo 18, poco più di un decimo. Questo significa che se prima ne morivano meno, non è perché fossero più in salute. Per morire negli anni ‘90 come Kurt Cobain (1967 - 1994), una popstar o doveva essere giovane (evento raro) o doveva essere nata negli anni ‘20 - ‘30 (ce ne sono poche). Oggi invece viviamo in un periodo in cui c’è una grande quantità di popstar in età da funerale. Essendo nate quasi tutte dopo il 1940, è naturale che inizino a morire con una certa frequenza solo ora, una frequenza che nei prossimi anni è destinata ad aumentare.
In questa tabella ci sono le probabilità (da moltiplicare per 100 per averle in %) che una persona, a seconda dell’età e del sesso, muoia prima della fine dell’anno. Chiamiamo p(E) la probabilità media fra uomini e donne che una persona di età E muoia entro un anno. La probabilità che invece sopravviva sarà 1 – p(E). Per esempio, se uno ha 53 anni come George Michael (1963 - 2016), la probabilità che non arrivi al 2018 è

p(53) = 0.005

cioè 0.5%, che è poco, ma se di George Michael ce ne sono 61, la probabilità che sopravvivano tutti è del 74%

[1 – p(53)]61 = 0.74

e quindi la probabilità che ne muoia almeno uno è del 26%, che non è poco.
Affinché una persona di età E muoia all’età di E’ anni, dovrà superare l’età E, E+1, E+2 e così via fino a E’–1, e morire a E'. Questo significa che la probabilità w(E, E’) che una persona di età E muoia quando avrà E’ anni è

w(E, E’) = [1-p(E)] • [1-p(E+1)] • ... • [1-p(E'-1)] • p(E') =

= p(E') • ∏i=E, E’-1 [1-p(i)]

e la probabilità che muoia in un’età compresa fra E’ e E” è

z(E, E’, E”) =

= w(E, E’) + w(E, E’+1) + ... + w(E, E”-1) + w(E, E”) =

= ∑i=E’, E” w(E, i)

Per esempio, la probabilità che uno di 72 anni muoia dopo almeno 10 anni ma prima di 15 è

z(72, 82, 86) = 0.231

Se torniamo all’istogramma dell’inizio, abbiamo che le popstar ancora in vita che hanno fra i 70 e i 74 anni, estremi compresi, sono 58. Se per semplicità assumiamo che abbiano tutte 72 anni, possiamo ricavare quante di loro moriranno nell’intervallo che va dal 2027 al 2031

z(72, 82, 86) • 58 ≈ 13

Applicando questa formula in modo analogo a ogni quinquennio dell’istogramma, si può ottenere la distribuzione dei morti nei prossimi trent’anni.


Come si può vedere siamo solo all’inizio. Tra il 2032 e il 2037 moriranno circa 46 popstar, 9 all’anno, quasi una al mese. Spero che la gente riesca a farsene una ragione, altrimenti nei decenni a venire tv, giornali e social network non saranno altro che un lungo e ininterrotto necrologio.
E per quest’anno cosa dobbiamo aspettarci? Quella qui sotto è la distribuzione delle popstar ancora vive.


Le varie fasce di grigio, da destra a sinistra, mostrano le zone in cui sono nati i cinquantenni, i sessantenni, i settantenni, gli ottantenni e gli ultranovantenni. Queste le quantità (n) di popstar in ciascuna fascia:
Cinquantenni:61
Sessantenni: 88
Settantenni: 84
Ottantenni: 3
Ultranovantenni: Chuck Berry (1926)

E queste le probabilità medie (pm) che una persona di una certa fascia di età non veda il 2018:

Cinquantenni: 0,6%
Sessantenni: 1,3%
Settantenni: 3,1%
Ottantenni: 8,7%
Chuck Berry: 18,5%

Se si moltiplica n per pm si hanno i morti stimati del 2017. Ci si può così aspettare che moriranno circa 4 popstar: un sessantenne e tre settantenni, con una probabilità del 31% che a loro si aggiunga anche un cinquantenne. Invece Chuck Berry potrebbe farcela anche quest’anno. Fra i sessantenni potremmo doverne salutare uno fra Steven Tyler (1948), Robert Plant (1948), Mark Knopfler (1949), Bruce Springsteen (1949), Gene Simmons (1949), Gloria Gaynor (1949), Stevie Wonder (1950), Phil Collins (1951), Sting (1951), Paul Stanley (1952), Cyndi Lauper (1952) e Angus Young (1955), solo per citare i più famosi, mentre fra i settantenni abbiamo Tina Turner (1939), Bob Dylan (1941), Neil Diamond (1941), Paul Simon e Art Garfunkel (1941), Paul McCartney (1942), Barbra Streisand (1942), Aretha Franklin (1942), Keith Richards (1943), Mick Jagger (1943), Roger Waters (1943), Jimmy Page (1944), Rod Stewart (1945), Eric Clapton (1945), Cher (1946), David Gilmour (1946), Brian Johnson (1947) e Elton John (1947) (chissà chi canterà al suo funerale).
Prima di concludere, una precisazione: nell’insieme di popstar qui utilizzato non ci sono solo i cantanti solisti ma anche le band con i loro componenti principali. È vero che in questo modo si sono presi in considerazione anche dei perfetti sconosciuti come Ringo Starr (1940), ma è anche vero che ci sono molte persone universalmente riconosciute come popstar che però, non avendo venduto abbastanza dischi, non sono rientrate in questo insieme, come per esempio Leonard Cohen (1934 - 2016), o una quantità spropositata di gente diventata famosa durante e soprattutto dopo gli anni ‘80, o ancora, per ovvi motivi, gli italiani. A questo proposito basti pensare che, con i criteri usati, gli unici italiani che possono fregiarsi del titolo di popstar sono Domenico Modugno (1928 - 1994) e Andrea Bocelli (1958). Questo per dire che le popstar attualmente in circolazione sono ben più di 310 e dunque queste previsioni sono solo una sottostima. Dobbiamo stare pronti.
Come diceva Andy Warhol (1928 - 1987) “nel futuro morirà una celebrità ogni quindici minuti”.