TRE COSE PAUROSE DELL'UNIVERSO

L'universo è pieno di cose paurose: orizzonti degli eventi, materia degenere, getti relativistici eccetera, tutte cose che se apparissero in camera da letto farebbero molta più paura di un banale fantasma. Tutti fenomeni naturali, ovviamente, ma in confronto a quello che di solito succede in una classica vita umana sembrano soprannaturali. Selvaggiamente soprannaturali. Ma anche senza prendere in considerazione fenomeni così estremi, basta pensare a una "banale" superficie di Titano per avere paura. Cioè, voglio dire, in questo momento, a circa un miliardo e mezzo di km dal mio rassicurante soggiorno, c'è un posto così


un posto perennemente immerso in questa foschia arancione, a 180 gradi sotto zero, dove i mari sono di metano liquido. Anche se non ci abita nessuno, questo posto esiste e io potrei benissimo essere lì, con la mia tuta pressurizzata, seduto in mezzo a quei sassi di ghiaccio (probabilmente) d'acqua.
Eppure le cose più paurose dell'universo non sono queste, ma tre sue caratteristiche che a prima vista potrebbero non sembrare particolarmente degne di terrore.
La prima è che l'universo cambia.
Cambia non semplicemente nel senso che una stella oggi è qui e poi fra un miliardo di anni è là, ma cambia nel senso che invecchia. Per esempio c'è stata un'epoca nel passato in cui non esistevano stelle e ci sarà un'epoca nel futuro (fra 100 mila miliardi di anni) in cui le stelle smetteranno di formarsi, e poi un'altra epoca (fra 10 mila miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di anni) in cui l'universo sarà dominato dai buchi neri e così via. A me questi cambiamenti fanno paura, più o meno come alle civiltà antiche facevano paura le eclissi o le comete.
Per qualche motivo la mente umana ha sempre trovato più rassicurante l'idea di un universo eterno e immutabile (Aristotele), e quando si è visto che invece l'universo cambia (Galileo), si è comunque continuato a pensare che su grande scala dovesse essere, se non immutabile, perlomeno statico (Newton), e quando poi un tizio coi baffi (Einstein) ha dedotto dalla sua nuova teoria della gravità che in realtà l'universo non è statico ma si espande, quello stesso tizio ha cercato fin che ha potuto di opporsi alla sua stessa deduzione e alla fine, quando ormai nessuno poteva più negare il fatto che l'universo si espande, è stato fatto un ultimo disperato tentativo per mantenerlo almeno stazionario, cioè in espansione, ok, ma sempre uguale a se stesso (Fred Hoyle, Hermann Bondi, Thomas Gold). Non è incredibile? Più di duemila anni di sforzi intellettuali per opporsi alla spaventosa idea di un universo che cambia.
Una conseguenza di questa espansione (seconda cosa paurosa) è che l'universo ha avuto un inizio.
Questo significa che esiste un giorno nel passato, molto probabilmente un lunedì, in cui l'universo ha iniziato a esistere, così, dal nulla. Perché un universo si dovrebbe mettere a esistere? È vero che i credenti hanno sempre pensato a un evento del genere senza trovarlo particolarmente spaventoso, ma i credenti hanno il vantaggio di presupporre che ci sia un creatore, e se c'è un creatore allora non si può dire che l'universo sia veramente nato dal nulla, visto che è nato da, appunto, un creatore. Bisogna ammettere che il concetto di creatore è abbastanza rassicurante e mette a tacere un bel po' di ansie cosmologiche, perché vuol dire che esiste un meta-universo divino, guarda caso eterno e immutabile, che contiene il nostro universo umano e mutevole. Rimosso invece Dio dalle condizioni iniziali, se l'universo è cominciato, poniamo, lunedì 4 marzo del 13719997980 a.C., ciò significa che domenica 3 marzo del 13719997980 a.C. è un giorno che non esiste, e non esiste né fisicamente, né metafisicamente, né qualsiasicosamente. C'è un poi, ma non c'è un prima. Non è inquietante?
Per rendere l'idea, immagina che io ora ti dia una scatola, una piccola scatola di legno col suo coperchio e tutto, e ti dica che dentro non c'è niente, non nel senso che è semplicemente vuota, ma nel senso che dentro non c'è neanche il vuoto, neanche lo spazio, neanche la possibilità di concepire uno spazio vuoto. Oltre la superficie che delimita quella scatola che tieni in mano, l'universo smette di esistere. Non dirmi che non ti fa paura? L'unica differenza fra la scatola e l'inizio dell'universo è che mentre la scatola si vede, l'inizio dell'universo non si vede. In teoria lo si potrebbe vedere (sai, la faccenda che più si guarda lontano, più si guarda indietro nel tempo), ma purtroppo l'universo quando era giovane era opaco, tipo nebbia, e così, guardando sempre più nel passato, si arriva a un punto in cui il nostro sguardo viene bloccato da questa opacità, come un lontanissimo guscio che ci circonda, oltre il quale non si riesce a vedere niente. Questo guscio è l'universo com'era a circa 400 mila anni di età, un bambino.
E questo mi porta alla terza cosa paurosa (la più paurosa, direi): l'universo ha solo 14 miliardi di anni.
Ora, l'età precisa è oggetto di discussione e dipende dal valore di alcuni parametri cosmologici su cui gli astronomi litigano da decenni, ma più o meno possiamo dire che sia intorno ai 14 miliardi di anni, mezzo miliardo di anni in più o in meno.
14 miliardi di anni è sicuramente un sacco di tempo, è difficile persino immaginare quante cose ci si possa promettere di fare (e poi rimandare) in 14 miliardi di anni, ma non è una quantità di tempo così inconcepibilmente grande come lo sono le dimensioni spaziali tipiche dell'universo. L'universo, spazialmente, è inconcepibilmente grande, ma temporalmente è solo grande, umanamente grande. Per esempio, la galassia GN-z11, al momento la più lontana mai osservata, è distante da noi 300 mila miliardi di miliardi di km, distanza che, penso siamo tutti d'accordo, si possa far tranquillamente rientrare nell'inconcepibilmente grande. 
Provo a dirlo in un altro modo. L'età media di una persona attualmente viva su questo pianeta è di circa 30 anni, ok? Ciò significa che è sufficiente sommare l'età di 467 milioni di persone per uguagliare l'intera età dell'universo. 467 milioni di persone non sono poi così tante. Voglio dire, in questo momento gli abitanti della Cina, presi tutti insieme, hanno 3 volte l'età dell'universo.
Consideriamo invece le distanze, quanta strada fa una persona in 30 anni di vita? Facciamo una stima per eccesso e supponiamo che faccia 5 km a piedi ogni giorno, più 15 km per andare al lavoro in macchina e poi magari un paio di viaggi in aereo all'anno di quanto, boh? 5000 km l'uno? Diciamo che una persona fa in media 17 mila km all'anno. Cioè, in base a questa stima inverosimilmente generosa, ogni abitante della Terra ha finora percorso circa 500 mila km. Se prendiamo tutte le persone del mondo e sommiamo le distanze da loro percorse, abbiamo che i terrestri attualmente vivi hanno percorso 423 anni luce. Non è male, ma rispetto alle dimensioni tipiche dell'universo è niente. 423 anni luce sono sufficienti per arrivare grosso modo alla Stella Polare, ma poi basta, siamo fermi, non siamo nemmeno usciti dalla nostra galassia. Per avere un'idea di che tiro di sputo siano 423 anni luce, si pensi che la Grande Nube di Magellano, la galassia più vicina, è a 163 mila anni luce; Andromeda, la prima galassia seria più vicina, è a 2 milioni e mezzo di anni luce e siamo ancora nell'universo locale, cioè così vicini a casa nostra che l'espansione dell'universo non riesce nemmeno a farsi sentire; GN-z11, la suddetta galassia più lontana, è a ben 32 miliardi e 200 milioni di anni luce; e l'universo contenuto nel famoso guscio nebbioso di cui sopra è ancora più grande. 
Insomma, penso di avere reso l'idea.
Per qualche motivo viviamo in un universo spazialmente immenso, ma temporalmente piccolo. Oppure, vedendo le cose da un altro punto di vista, l'umanità è spazialmente infinitesima, ma temporalmente grande, e questo mi fa molta più paura dell'Esorcista.

FALENE

I RUMOROSONI

Non è per vantarmi, ma penso che i miei vicini di casa siano le persone più fastidiose del mondo, esclusi naturalmente i terroristi, i serial killer e altre professioni del genere.
Bisogna dire che io con i vicini non sono mai stato particolarmente fortunato. Finora, nel corso dei miei vari domicili, mi è capitato di avere gente che guarda la televisione di notte, gente che fa le feste di notte, gente che suona la tromba di notte eccetera, per qualche motivo mi capita sempre gente che fa cose rumorose di notte. O forse sono io che sono una persona insofferente, non è una possibilità da escludere. Quando qualcuno si lamenta con me del suo personale set di vicini di casa, io penso sempre "forse sei tu che sei un po' insofferente, non i tuoi vicini rompipalle" e intanto lo ascolto e scuoto la testa in segno di esecrazione dicendo più o meno "sono i tuoi vicini che sono rompipalle, non tu insofferente". Il motivo di questo mio scetticismo nei confronti della presunta fastidiosità dei vicini altrui è che i casi che di solito vengono sottoposti alla mia attenzione sono sempre del tipo "i vicini non tagliano la siepe", "i vicini suonano il pianoforte (n.b. di giorno), "i vicini hanno un bambino che piange" eccetera, cioè sempre e solo cose legittime, comprensibili e sopportabili. Ce li avessi io dei vicini che non tagliano la siepe! Che ci facciano crescere le mangrovie al posto della siepe, basta che la notte mi lascino dormire. Ma chi lo sa, magari se capitasse a me di avere dei vicini con problemi di siepi, pianoforti e bambini, forse mi lamenterei anch'io. Lo sappiamo tutti, è difficile essere obiettivi con se stessi, e proprio per questo motivo ho deciso di lasciare al lettore il giudizio finale: sono io che sono insofferente oppure ho davvero i vicini più fastidiosi del mondo?
Premessa: tutto quello che dirò è vero, non mi invento niente, cambierò solo qualche dettaglio per non correre il rischio che i miei vicini si imbattano casualmente in questo post, si riconoscano e mi picchino. Quindi, tanto per cominciare, diamo loro dei nomi fittizi: Fausta e Ernesto Rumorosoni.
Per dimostrare la mia obiettività sulla faccenda, o perlomeno il mio sforzo di essere obiettivo, voglio iniziare descrivendo brevemente i loro pregi. "Pregi" non è la parola giusta, diciamo le caratteristiche che potrebbero renderli meritevoli di comprensione e solidarietà. Esiste una parola per esprimere questo concetto? Io non l'ho trovata quindi ricorrerò a un neologismo: sgarzurro.

Gli sgarzurri dei Rumorosoni
Prima di tutto Fausta e Ernesto sono due persone che lavorano tanto, dalla mattina alla sera, come si dice, e con "lavorano" intendo dire che fanno lavori manuali, quei lavori che quando arrivi a sera ti fanno male parti del corpo che non sapevi di avere e che a lungo andare ti trasformano le mani in due sculture di arte contemporanea. Quel che è peggio, fanno questi lavori in una condizione di subalternità. Dover prendere ordini è davvero una cosa odiosa, soprattutto quando la persona che te li dà pensa di poter ignorare le norme di cortesia che di solito regolano le interazioni umane. Ora non è il caso di specificare quali lavori facciano di preciso i Rumorosoni, l'unica cosa che qui importa dire è che si tratta di quel tipo di lavori per cui le madri di solito dicono ai figli la famosa frase "studia se no finisci a fare il [lavoro di Ernesto Rumorosoni] o, ancora peggio, il [lavoro di Fausta Rumorosoni]". Con questo non voglio dire che i lavori intellettuali tipo lo scrittore, il filosofo, il cowboy non siano lavori degni di essere chiamati tali, dico solo che questi lavori danno a chi li fa molte possibilità di allargare il proprio ego e le proprie prospettive, mentre con i lavori manuali subalterni ti spacchi la cosiddetta schiena per allargare l'ego e le prospettive di un'altra persona. Questo non è uno sgarzurro da poco e forse sarebbe già sufficiente per far apparire i miei vicini delle povere vittime delle circostanze e me, piccolo borghese snob che non ha mai fatto un lavoro manuale in tutta la sua vita (tranne quella volta che ha fatto per un anno lo sguattero nella mensa delle elementari), uno stronzo.
Ma questo non è l'unico sgarzurro dei Rumorosoni.
Ernesto e Fausta sono una coppia senza futuro: non hanno soldi, non hanno figli, ma soprattutto non hanno interessi. In casa loro non ci sono libri, non ci sono computer, non ci sono strumenti musicali (dio ti ringrazio!) e in generale non c'è nessun oggetto che possa far immaginare qualche tipo di interesse per la vita, se non la televisione. Anzi due.
I Rumorosoni non hanno nemmeno amici. Non so come sia possibile, ma so che la sera non escono mai, nemmeno il sabato quando escono anche gli gnu e i bonobo. Una possibilità è che in realtà escano sempre e solo dopo che sono uscito io e rientrino prima che io sia rientrato, ma è una cosa molto improbabile. Il fatto certo è che le sere in cui io sono in casa (e io sono quasi sempre in casa), loro sono in casa. "Ma come fai a saperlo? Li controlli?". No, si chiamano Rumorosoni.
Ultimo sgarzurro, molto serio, non è escluso che Fausta soffra di depressione o qualcosa del genere: non parla con nessuno (escluso Ernesto), non sorride mai, ha lo sguardo assente, si veste in modo trascurato, ha i baffi e probabilmente non si lava, visto che lascia dietro di sé quel caratteristico odore che si sente nelle case di riposo. È una cosa davvero triste e preferirei non dover tornare più su questo argomento.
Ok, ora tocca a me.

La fastidiosità dei Rumorosoni
I Rumorosoni sono quel tipo di persone con la fregarella, non so se mi spiego. Intendo quelle persone che dividono gli altri in due categorie: (categoria 1) persone che sono una possibile fonte di guadagno, (categoria 2) persone che sono un ostacolo al raggiungimento di una possibile fonte di guadagno.
Chi non rientra in nessuna di queste due categorie semplicemente non esiste, ma chi ci rientra è meglio che rientri nella prima, perché Ernesto picchia. Ma di questo dirò dopo.
Esempi.
Fausta fa delle crostate abominevoli, e fin qui tutto ok, ognuno ha il diritto di non saper cucinare. I problemi iniziano nel momento in cui Ernesto insiste per farmele mangiare e con "insiste" intendo dire che viene a suonarmi il campanello con la torta in mano e proferisce alcune parole nel dialetto locale che immagino significhino "Fausta ha fatto questa buonissima crostata di [non comprensibile] per te, sono certo che ti piacerà tantissimo". E io cosa gli dico? "Grazie" gli dico, magari aggiungendo qualcosa come "eh eh... ", "non dovevate" o "troppo gentile", al che lui risponde "20 euro", come in pasticceria. Peccato che l'unica cosa che queste crostate hanno in comune con la pasticceria sia il prezzo (in nero), non il sapore. Le crostate di Fausta, come detto, sono abominevoli. Lo dicono anche persone che, a differenza mia, sono in grado di mangiare quegli alimenti che emanano odori allarmanti come il parmigiano, il tartufo o la salsa di pesce tailandese. Per chi non lo sapesse, la salsa di pesce tailandese è una spremuta di carcasse di pesce lasciate marcire (fermentare, dicono) per almeno due anni e ha esattamente il sapore che ci si aspetta da ciò che è. Ecco, le crostate di Fausta sono peggio della salsa di pesce tailandese. Le crostate di Fausta stanno alla salsa di pesce tailandese come quest'ultima sta alla pizza (intendo una pizza senza parmigiano, tartufo o salsa tailandese). Qualcuno dice che probabilmente Fausta usa del burro conservato male, può darsi. La mia teoria è diversa, ma ho detto che di questo argomento non voglio più parlare.
Ernesto mi porta circa una crostata al mese e ormai io e lui abbiamo una routine consolidata: lui mi porge la crostata, io gli elargisco i 20 euro, lui mi saluta cordialmente, io ricambio sorridendo, lui se ne va, io chiudo la porta e butto la crostata direttamente nell'immondizia. Certo, è anche colpa mia che ho problemi a dire di no alle persone, però a mia discolpa va detto che non sono l'unico del palazzo a subire le crostate di Fausta.
Secondo esempio, più grave.
Quando sono venuto ad abitare in questo palazzo, insieme all'appartamento sono entrato in possesso anche del garage annesso. Per motivi che ora sarebbero troppo lunghi da spiegare, detto garage era occupato dalla roba dei Rumorosoni, per cui Ernesto, che all'epoca non conoscevo ancora bene, mi chiede gentilmente (forse un po' troppo gentilmente, ripensandoci), se può tenere il garage "ancora per un pochino", il tempo di trovare un posto adatto in cui  trasferire tutta la roba che contiene. Il lettore attento avrà già capito come andrà a finire. "Non c'è problema!" rispondo a Ernesto, felice di poter far felice un vicino di casa e instaurare così fin dall'inizio un rapporto sereno e di reciproca fiducia. Tanto, mi dico, ho parcheggiato in strada per anni, che problema c'è se parcheggio in strada "ancora per un pochino" (cit.)? Da allora sono passati sette anni e parcheggio ancora in strada. Non solo Ernesto non mi ha mai dato le chiavi del mio garage, ma quando ci incontriamo si comporta come se il garage non esistesse, non va mai sull'argomento "garage" (né questo garage, né sull'idea in sé di garage) e, almeno questa è la mia impressione, ha espunto dal suo vocabolario la parola stessa "garage" e tutti i suoi sinonimi. A differenza dell'affaire crostate, in questo caso credo di essere l'unico in tutto il palazzo ad avere regalato un garage ai Rumorosoni. Questo, com'è facile immaginare, mi dà abbastanza fastidio.
Poi ci sono altri problemi satellite che, presi uno a uno, sono abbastanza trascurabili, ma messi insieme alle crostate, al garage e al problema più grave di tutti di cui parlerò alla fine, vanno a costituire quello che potremmo senza retorica definire un piccolo incubo. Un incubetto.
Per esempio i Rumorosoni non fanno la raccolta differenziata. Non sono fatti miei, è vero, ma come ormai dovrebbe essere chiaro i fatti dei Rumorosoni si trasformano abbastanza rapidamente nei fatti di chi abita vicino a loro (e.g. io). Benché il Comune abbia predisposto metodi semplici e a prova di idiota per differenziare vetro, metallo, carta, plastica e organico da tutto il resto, i Rumorosoni mettono tutta la loro immondizia (cioè vetro, metallo, carta, plastica, organico e dio solo sa cos'altro, probabilmente rifiuti transuranici) in un enorme sacco, di quelli che potrebbero contenere un corpo umano adulto senza doverlo fare a pezzi, e poi buttano tutto nel cassonetto dell'organico. Hai letto bene: "organico", perché è il cassonetto più vicino. Siccome un sacco così grande ha bisogno di tanto tempo per essere riempito, i Rumorosoni non possono permettersi di tenerlo in casa, sarebbe come vivere in una discarica, quindi lo parcheggiano inevitabilmente nel cortile condominiale, inevitabilmente sotto la mia finestra, in un grande bidone abusivo che hanno rimediato non so dove. Sia chiaro, non è una cosa fatta con malizia, non credo che Ernesto e Fausta abbiano qualcosa contro di me, visto che sono abbastanza certo di essere nella categoria 1,  è solo che la mia finestra ha due incontestabili vantaggi: 1) è vicina alla loro porta, quindi è comodo per loro accedere al bidone ogni volta che serve, e 2) non è la loro finestra.
Niente di grave, l'unica cosa che devo fare è non aprirla mai, in fondo ho un'altra finestra che dà sul cortile, quella davanti alla quale hanno piazzato l'albicocco nano ("nano" per modo di dire) e altre piante in vaso. In questo caso, però, va detto che Ernesto è stato abbastanza corretto da chiedermi il permesso: "coso" mi ha detto, "ti spiace se mettiamo il vaso con l'albicocco cosiddetto nano a tre centrimetri e mezzo dalla tua finestra facendo sprofondare per sempre la tua cucina nell'oscurità?", "per niente, Ernesto, mi piacciono le eclissi totali".
A questo punto si potrebbe pensare che io sia un pusillanime. Io preferisco definirmi una persona mite, però è vero, fondamentalmente sono un pusillanime, perché la mia mitezza non deriva da una scelta, ma dalla paura. Io ho paura degli esseri umani. In generale, dico, non solo dei Rumorosoni. C'è chi ha paura dei ragni, dei pipistrelli o dei cani, io ho paura degli esseri umani (ho paura anche dei ragni, dei pipistrelli e dei cani) e, questa paura, le persone la avvertono subito. Mi ricordo quella volta che sono andato a una mostra sul riconoscimento facciale e c'era questo aggeggio che ti filmava e poi ti diceva l'emozione dominante che traspariva dalla tua faccia. Il mio risultato era "paura". Sforzandomi di sembrare un po' più sicuro di me, diventava "disgusto". Se un banale programma di machine learning è in grado di capire che ho paura, figuriamoci una persona. Quindi sì, sono un pusillanime certificato. Non ho mai detto a Ernesto e Fausta di spostare il sacco, di restituirmi il garage e di lasciar perdere le crostate. Magari se glielo avessi detto ora tutto sarebbe risolto e non avrei niente di cui lamentarmi. Magari loro pensano che a me piaccia fare merenda con le abominevoli crostate di Fausta, sprecare ogni volta decine di minuti della mia vita per trovare parcheggio in strada e respirare gli effluvi della loro immondizia. È normale, le persone di solito non si accorgono dei fastidi che causano agli altri, ma solo di quelli che gli altri causano a loro. Magari anch'io sto causando loro dei fastidi di cui sono inconsapevole e che loro non hanno il coraggio di farmi notare. Magari siamo tutti dei vicini molesti che si danno fastidio a vicenda ma siamo troppo pusillanimi per farcelo notare. È possibile.
Ciò detto, Ernesto picchia.
Lo so perché l'ho visto in azione un paio di volte. In un caso stava discutendo con un altro condomino per una questione di competenze territoriali dei rispettivi vasi di fiori e Ernesto, a un certo punto, lo ha preso per il collo. In realtà dire che stavano discutendo è sbagliato, si sono scambiati qualche parola tipo "ciao", "come stai?", "senti, volevo dirti che" e a questo punto Ernesto aveva già una mano attorno al collo dell'altro. Non posso dire chi avesse ragione, non conosco il caso specifico, posso solo dire che la cosa mi ha stupito molto, perché Ernesto di solito è un tipo sorridente e scherzoso. Non lo dico con ironia, Ernesto è davvero una persona sorridente e scherzosa.
Un'altra volta, mentre tornavo dal supermercato, l'ho visto puntare un coltello a un mendicante che da qualche giorno bivaccava davanti al portone del nostro palazzo. Non l'ha usato, eh, ci mancherebbe, l'ha solo puntato in direzione del mendicante pronunciando frasi che contenevano le parole "ti" e "ammazzo". Ora, voglio essere onesto, sulla questione coltello non posso dirmi completamente sicuro. Sono quelle cose che racconti agli amici per anni e alla fine ti sembrano talmente assurde che non sai più se sono successe veramente o te le sei immaginate. È perfettamente possibile che non ci sia mai stato nessun coltello e che Ernesto abbia minacciato il mendicante con quello che gli è capitato in mano, una bottiglietta d'acqua o qualche altro oggetto di nessuna contundenza, e poi, racconto dopo racconto, la frase "gli puntava la bottiglia come un coltello" ha perso la sezione "la bottiglia come" e il contenuto del racconto si è irreversibilmente modificato. La tradizione orale è così. Comunque stiano le cose, il mendicante non si è più visto.
Ma a parte tutto questo, il problema più grande che hanno i Rumorosoni (problema per me, non per loro) è che sono rumorosi. Sono tanto rumorosi. Sono esasperantemente rumorosi. Non dico che al mondo non esista niente di più rumoroso dei Rumorosoni, ci sono le sirene delle ambulanze, per esempio, oppure gli aeroplani in fase di decollo, ma è difficile che siano tuoi vicini di casa. Fausta e Ernesto Rumorosoni sono, a quanto ne so e per quanto voglio saperne, il fenomeno umano più rumoroso del mondo. Non riescono a fare niente, neanche la cosa più ordinaria, senza emettere più rumore di quanto sia necessario e soprattutto sopportabile. Quando parlano fra loro urlano. Anche se sono faccia a faccia, si rivolgono la parola come farebbe un allenatore di calcio che deve sovrastare il boato di sessantamila persone per comunicare al suo portiere che è entrato in campo senza i guanti. Quando litigano, e litigano sempre, sembra di essere in un uragano, con le macchine in strada che si ribaltano e gli alberi sradicati che vengono a sbattere contro i muri di casa. Quando chiudono una porta, qualsiasi porta, non si limitano a chiudere una porta, devono cercare di sradicarla dal suo telaio, e a volte ci riescono. Sul serio. Quando i Rumorosoni escono o entrano dal palazzo ce ne accorgiamo tutti, perché tremano i vetri delle finestre. "Tremano i vetri... che immagine scontata!". Non è un'immagine: dico tremano i vetri nel senso che tremano (voce del verbo "tremare") i (articolo determinativo) vetri (vetri). Per questo motivo io li chiamo anche gli Sbattoni, gli Urloni, gli Sgolatori, i Trambustoni e gli Strepitosi Frastuonatori. "Li chiamo" nel senso "fra me e me", non nel senso che li chiamo apertamente. Apertamente li chiamo sempre Ernesto.
Potrei andare avanti a elencare tutte le normali attività umane che i Rumorosoni riescono a trasformare in un cataclisma acustico, ma penso che il concetto sia chiaro. In più, tutti questi rumori che ho descritto, per quanto fastidiosi, sono sopportabili in quanto rumori prevalentemente diurni. I rumori diurni sono messi in conto, dopo tutto è colpa mia se ho deciso di abitare in città e non in questo quadro.


Il problema dei Rumorosoni che davvero mi ammazza è un altro.

La stramaledetta televisione (due)
La prima cosa che un Rumorosone fa quando entra in casa è accendere la televisione. I Rumorosoni sono quel tipo di persone che tengono la televisione accesa anche se non la guardano, accesa tipicamente su quelle trasmissioni con le persone che urlano e dicono cose stupide, e il volume (c'è bisogno di dirlo?) è tenuto a un livello così alto che mi permette di sentire ogni parola di quello che stanno guardando ("guardando"), pubblicità compresa. Anche di notte.
I Rumorosoni guardano la televisione di notte, e con "notte" intendo un orario compreso fra le 23 e le 6. La norma è che entrambe le televisioni siano accese fino all'una di notte. Succede spesso che almeno una delle due rimanga accesa fino alle tre o alle quattro. Non è insolito che una televisione venga accesa nel momento in cui un Rumorosone entra in casa (19 - 20) e venga spenta solo il giorno dopo quando esce (≈7).
Ora, la mia casa ha solo due stanze che per ragioni tecniche sono utilizzabili per dormire (benché io abbia seriamente considerato la possibilità di dormire in piedi nella doccia), e ognuna di queste due stanze è sotto il dominio sonoro di una televisione dei Rumorosoni. Il risultato di tutto ciò è che dormire, per me, è la cosa più incredibile che un essere umano possa fare. Quando una persona mi dice che ha dormito è come se mi stesse dicendo che ha fatto la traversata dell'Artico a nuoto, la guardo come si guarda un supereroe. Naturalmente, per cercare di limitare questo problema ho iniziato a ricorrere a piccoli rimedi come i tappi per le orecchie e il Valium, ma entrambi hanno degli inconvenienti: i tappi sono fastidiosi, è come se uno mi stesse ficcando due dita dentro la testa per tutta la notte, mentre il Valium è molto piacevole. Troppo piacevole.
Per questo motivo, qualche anno fa, mi sono deciso a chiedere a Ernesto di tenere il volume più basso. Almeno di una televisione. Almeno dopo mezzanotte. Così mi sono preparato psicologicamente (Valium) e ho pensato a un piano, ho pensato che se magari gli dico che le abominevoli crostate di Fausta mi piacciono tantissimo e gli chiedo di farmene qualcuna in più da far provare ai miei amici, magari lui non avrà motivo di supporre che io sia il classico vicino insofferente che viene a rompergli le palle. Così una sera, approfittando di un momento in cui non stavano litigando, suono il campanello dei Rumorosoni (non pensare al coltello, non pensare al coltello, non pensare al coltello...) e, con tutta la gentilezza di cui sono capace, dico a Ernesto che, per qualche strano motivo non imputabile a nessuno dei presenti, le loro televisioni si sentono anche in casa mia, non tanto, eh? solo un pochino, ma sai, Ernesto, io purtroppo ho il sonno leggero, mi basta un niente per svegliarmi e non riuscire più a prendere sonno, pensa che quando mi dimentico di mettere in modalità notturna il telefono, basta la vibrazione di un messaggio a farmi svegliare, quindi, non so, eh eh, se per caso tu potessi tenere il volume, peraltro già basso, un pochino più basso, soprattutto dopo le due di notte, io te ne sarei veramente grato.
La sua risposta è stata molto gentile: "io non guardo la televisione di notte".
La situazione con le televisioni dei Rumorosoni è rimasta come prima, però adesso mi portano molte più crostate.