ABRAMO NEL MIRINO DEL SIGNORE

Abramo era uno che non perdeva mai il controllo. Nessuno ricordava di averlo mai visto sudare. Qualsiasi cosa facesse, Abramo non sudava mai, squartava buoi e agnelli con la stessa tranquillità di uno che sbuccia un mandarino.
Una sera il Signore decise di fargli uno scherzo. Mentre Abramo stava marchiando a fuoco alcuni schiavi appena nati, il Signore lo chiamò.


Abramo, Abramo!

Eccomi.

Prendi tuo figlio Isacco, il tuo unico figlio che ami, e offrilo in olocausto su un monte che io ti indicherò.

Okay.


Il giorno dopo, Abramo si alzò di buon mattino, caricò la legna per l’olocausto sull’asino e partì con due servi e il figlio verso il luogo che Dio gli aveva indicato.


Dove stiamo andando, papà?

Andiamo a fare un olocausto.

Fantastico! E dov’è l'agnello?

A questo pensiamo dopo.


Dopo tre giorni di viaggio Abramo alzò gli occhi e da lontano vide il luogo indicato dal Signore. Lo riconobbe perché c’era un cartello con scritto “luogo indicato dal Signore”. Allora Abramo disse ai suoi servi:


Fermatevi qui con l’asino. Io e il ragazzo andremo fin lassù a fare l’olocausto. Tu, Isacco, prendi la legna.

Tutta quanta!?

Sì.

Ma non può portarla l’asino?

È stanco.

Davvero?

Chiediglielo.

Cosa?

Chiedi all’asino se è stanco.

Asino...

Si chiama, Acbor.

Acbor, sei stanco?

Siii-hi-hi!


Tutti si voltarono verso Abramo: si copriva la bocca con una mano e faceva il verso dell’asino. Nessuno ebbe il coraggio di smascherarlo.
Abramo montò in groppa al figlio e con sicure nerbate lo guidò in cima al monte. Giunti al luogo che Dio aveva indicato, Abramo costruì un altare e ordinò al figlio di preparare la legna e il fuoco.


Padre mio!

Eccomi.

Ho preparato la legna e il fuoco, ma dov’è l'agnello?

Arriva, arriva...

Papà.

Che c’è ancora?

Perché mi stai legando?

Per sicurezza.


Abramo depose Isacco, il suo unico figlio che amava, sopra la legna, poi stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma a quel punto l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse:


Abramo, Abramo!

Eccomi.

Lascia andare tuo figlio! Era uno scherzo.

Ma ho quasi finito.

Prendi l’ariete che è lì nel cespuglio.


Terminato l’olocausto, Abramo tornò dai suoi servi e insieme si misero in cammino verso Bersabea, dove Abramo abitava con Sara, sua moglie. Giunto a casa, Sara gli corse incontro.


Non c’era anche Isacco con te? 

Certo.

E dov'è?

È qui davanti ai tuoi occhi, non riconosci più tuo figlio?

Abramo...

Cosa?

Questo è un ariete.

No, è Isacco.

Ti dico che è un ariete.

Chiediglielo.

VIOLENZA

TUTTO L'UNIVERSO IN UN ANNO

Supponiamo che tutta la storia dell'universo, dal Big Bang fino a questo post, sia concentrata in un anno invece che 13 miliardi e 700 milioni. In pratica è un universo in scala 1:13700000000, solo che la scala non è riferita alle dimensioni, ma al tempo.

1° gennaio, ore 00:00. Inizia l'universo. Tutto lo spazio è riempito da una nebbia luminosa che si dirada man mano che l'universo si espande.

Ore 00:15. L'universo è diventato trasparente, anche se purtroppo non c'è niente da vedere. C'è solo del gas freddo, dove con "freddo" intendo 3000 gradi, che può sembrare tanto, ma rispetto ai +∞ dell'inizio si può dire che ha rinfrescato.

11 gennaio. Si forma la prima stella.

27 gennaio. Le stelle hanno ionizzato tutto il gas. Per il resto l'universo va avanti tranquillamente senza troppe novità: le stelle nascono e muoiono, le galassie invecchiano, il gas va esaurendosi.

31 agosto, verso le 10. Si forma il Sistema Solare.

29 settembre. Sulla Terra appare il primo organismo unicellulare. È una cosa senza nucleo e con tutta la roba mischiata alla rinfusa nel citoplasma, ma, cosa incredibile, è viva e nuota felice nei mari primordiali.

19 novembre. Appare la prima cellula col nucleo e tutte le sue cosine al posto giusto. La vita inizia a fare sul serio.

17 dicembre. La Terra si riempie di tantissime forme di vita pluricellulari molto più avanzate e carine di quelle che c'erano prima, come questo cucciolo di trilobite.


Natale. Dinosauri!

27 dicembre. Casca un asteroide.

31 dicembre. E così, ridendo e scherzando, si è arrivati all'ultimo giorno dell'anno. C'è aria di festa. Alle 20:24, arrivano gli Ardipitechi, giusto in tempo per il cenone.

21:21. Australopitechi.

22:12. Si fa vivo il primo Homo. Si chiama Habilis, anche se non sa nemmeno andare in bicicletta.

Alle 23:52 tutti gli animali della Terra si alzano in piedi per salutare l'ingresso di una creatura veramente speciale: l'Homo Sapiens. È in quel momento che inizia la grande e entusiasmante avventura dell'essere umano nel mondo, 8 minuti fa. I primi 7 minuti li passa a sopravvivere.

23:59. Un iracheno inventa l'agricoltura. Tutti festeggiano.

23:59 e 48 secondi. Un altro iracheno inventa la scrittura. Tutti festeggiano di nuovo, anche se nessuno sa leggere.

23:59 e 50 secondi. Inizia il conto alla rovescia. Meno dieci! Antico Regno d'Egitto.

Sette! Polis.

Cinque! Impero romano.

Quattro! Caduta dell'impero romano.

Tre! Sacro Romano Impero.

Due! Prima crociata

Uno! Guerra dei trent'anni, prima guerra mondiale, seconda guerra mondiale.

Auguri!

CONVERSIONI

I MIEI DIECI COMANDAMENTI

Se fossi Dio, i miei dieci comandamenti sarebbero così:

1) Io sono il Signore Dio tuo e tutto il resto, ma tu fai pure come ti pare. Non ho creato l’universo per metterci dentro qualche minuscolo organismo che bela il mio nome, se no creavo pecore invece di stelle.
2) Non dare corda a miei sedicenti rappresentanti. Chi parla a mio nome o è pazzo o è un ciarlatano, fai tu. Ma soprattutto non invio angeli sulla Terra, e questo per due semplici motivi che ora andrò a esporti: primo, non esiste nessun angelo; secondo, non ne ho bisogno. Se proprio devo dirti una cosa, te la scrivo in cielo, ok?
3) Non pensare mai che una disgrazia, una guarigione o un qualsiasi altro fatto che ti riguarda sia opera mia. Cioè, se vuoi pensalo pure, ma non è vero.
4) Non pregarmi, tanto non attacca.
5) Ricordati di santificare tutti i giorni della settimana. Non per me, ma per te: sei ancora vivo e questo non succede spesso.
6) Fai della tua vita quello che ti pare, ma non rompere le palle agli altri. La tua libertà finisce dove inizia la vita privata altrui.
7) Corollario del comandamento precedente: non uccidere. Ripeto: non uccidere, chiaro? Non “non uccidere a meno che uno non trasgredisca questi comandamenti e/o creda in divinità diverse dal sottoscritto”. No, non uccidere. Punto. Qual è la parte di “non uccidere” che non capite?
8) Se proprio muori dalla voglia di fare una strage, almeno non andare a dire in giro che la fai per farmi contento. Ragazzi, imparate ad assumervi le vostre responsabilità.
9) Non passare la vita con la fissa del paradiso, perché tanto io quassù non ti ci faccio venire, mi spiace. Però c’è l’inferno, cioè la vita che crei a te stesso e agli altri se non segui questi comandamenti.
10) Non starmi addosso.

Il resto l'ho scritto qui.

CE LO CHIEDE LA GENTE

Signore, la crisi incalza, i mercati crollano, l’economia ristagna, il debito esorbita e il bagno al secondo piano è di nuovo fuori uso, bisogna fare qualcosa.

Stavo giusto buttando giù qualche idea, guarda.

È un foglio bianco.

Si nota molto?

La gente vuole risposte chiare.

Dio mio, parli come un TG.

Signore...

Ho capito, ho capito, adesso ti dico il piano.

Ha un piano?

Certo.

Fantastico!

E non l’hai ancora sentito. Allora: domani vado da queste persone --

Quali persone?

La gente. Vado da loro e gli dico che farò tutte le leggi che vogliono.

E cosa vogliono precisamente?

Non lo so, qualsiasi cosa.

Qualsiasi cosa?

Qualsiasi cosa.

Anche trasformare le molecole di ossigeno in euro?

Se ho detto qualsiasi cosa...

Okay.

Tanto poi non faccio niente.

In che senso?

Ti spiego: gli prometto tutto e poi non faccio niente. Hai capito, adesso?

Ma se ne accorgeranno.

Tranquillo, è tutto previsto. Quando se ne accorgeranno gli prometterò che stavolta farò davvero tutto quello che vogliono. 

E lo farà?

Neanche per idea: non lo farò e prometterò che stavolta farò davvero davvero tutto quello che vogliono, ma non lo farò, e quando se ne accorgeranno prometterò che stavolta farò davvero davvero davvero tutto quello che vogliono, e così via.

E se non funziona?

Ha sempre funzionato.

IL DISEGNO INTELLIGENTE

LA SOFFERENZA DEL MANZO

Non voglio prendere posizione nella storica polemica fra vegetariani e non vegetariani. Io non ce l'ho con chi mangia la carne (anch'io la mangio) e non ce l'ho con chi non la mangia (anch'io qualche volta non la mangio). Non ce l'ho nemmeno con i vegani, visto che pure io mi sono dato un certo numero di restrizioni alimentari, niente di che, per carità, quanto basta per far impazzire chiunque mi inviti a cena. Senza contare che, se non fosse per l'esistenza dei vegani, io non saprei più in che ristorante andare. Purtroppo vivo in un posto dove la gente è abituata a mettere il formaggio dappertutto: sulle verdure di ogni razza e religione, sui funghi, sul tartufo, ovunque, persino sul formaggio, e purtroppo il formaggio è proprio una delle cose che ho deciso di non mangiare (il formaggio, il plexiglas e le candele profumate). Da queste parti il formaggio non è un alimento come gli altri, una cosa da menzionare fra gli ingredienti, no, per loro è come il sale o l'olio. Di più, è come gli elettroni. Uno mica scrive sul menù "pennette con melanzane, olive nere e una spolverata di elettroni". Questo significa che non serve a niente dire che vuoi qualcosa senza formaggio, perché per loro "senza formaggio" significa "con un po' di formaggio", mentre "con un po' di formaggio" significa "con molto formaggio", e "con molto formaggio" significa letteralmente "svuotami in bocca la cazzo di formaggiera". Così, alla fine, la cosa più comoda è andare nei ristoranti vegani. Mi tocca rinunciare alla bistecca e al gelato, è vero, ma almeno mangio tranquillo. Sia chiaro, non ce l'ho nemmeno con quelli che mangiano il formaggio. Non ce l'ho coi seguaci di nessuna dieta e di certo non mi metto a giudicare le persone per quello che mangiano. Io ce l'ho con chi ha scritto questo articolo qui.
Per chi non avesse voglia di leggerlo, in sintesi dice: quando mangi una bistecca pensa a quanta sofferenza ti metti in bocca: la sofferenza dei lavoratori sfruttati, la sofferenza dei manzi macellati.
A parte il fastidio di uno che ti dice "sei libero di mangiare quello che vuoi, ma sappi almeno che sei uno stronzo" e a parte anche il milione di cose che ci sarebbe da precisare sul concetto di "sofferenza", vorrei soffermarmi su un dettaglio che mi ha lasciato di sasso, e non dico un sasso qualsiasi, ma un sasso a forma di faccia incredula: vedere nello stesso computo sofferenza umana e sofferenza bovina.
Uomini e manzi sono usati nella stessa argomentazione senza nessun distinguo, nessuna precisazione, niente di niente, come se la sofferenza di un essere umano fosse sommabile a quella di un manzo. Di solito si dice "sommare le mele con le pere", ecco, in questo caso è come sommare le mele con i freni a disco.  Se hai un uomo che soffre e un manzo che soffre non hai due sofferenze, e nemmeno una sofferenza e mezzo o una sofferenza virgola zero uno, no, hai un uomo che soffre e un manzo che soffre. Con questo non voglio dire che sia una bella cosa far soffrire un manzo o anche solo prenderlo per il culo, dico solo che gli uomini non sono manzi, come dimostra il fatto che nessuno uscirebbe mai a cena con un manzo. Cioè, in realtà sì, ma non in quel senso. E gli uomini non sono nemmeno maiali, cavalli o polli, per quanto a volte si sforzino di sembrarlo, esattamente come le piante non sono animali e gli embrioni non sono bambini. Questo vuol dire che dobbiamo dare fuoco alle foreste o cucinare gli embrioni a pranzo? No, vuol solo dire che le cose diverse, essendo diverse, vanno trattate diversamente. Sempre nel miglior modo possibile, ma diversamente. 
Se si trattano gli animali come uomini, poi è un attimo trattare gli uomini come animali.

SCATOLA E VALIGIA

INTERVALLO

Una cosa che ho sempre invidiato ai musicisti è la capacità di trascrivere su un pentagramma la musica che sentono, come se per loro fosse fatta di parole invece che di note. Io riesco a farlo solo nei casi più semplici, tipo questo:
e neanche nella tonalità giusta. Purtroppo non ho l'orecchio assoluto. Non ho nemmeno l'orecchio richiudibile (che sarebbe così utile quando c'è chiasso) o rotante (per farsi aria) o gonfiabile (per spaventare il nemico), ma la cosa che più mi scoccia è non avere l'orecchio assoluto. Nemmeno uno. Per questo motivo ho escogitato un trucco per riuscire almeno a riconoscere l'intervallo fra due note.
Prima di tutto bisogna associare a ogni intervallo esistente, dal semitono all'ottava, le prime due note di una melodia. Può essere una melodia qualsiasi, l'importante è che inizi con quell'intervallo e che sia una melodia che conosciamo molto bene. Dobbiamo essere in grado di canticchiarla in ogni momento, sia fuori che dentro la testa (intendo la nostra testa; imparare a canticchiare nella testa degli altri è una cosa che va al di là degli scopi di questo post). In questo modo, quando ci capita di sentire due note, dobbiamo solo provare a usarle come inizio di una delle melodie che abbiamo archiviato nel cervello. Se non funziona, passiamo a un'altra melodia; se invece funziona, abbiamo trovato l'intervallo fra le due note. Tutto qui.
Queste sono le melodie che uso io, ma ognuno può usare quelle che vuole.

SEMITONO
Per il semitono la cosa più ovvia è il tema dello Squalo.

In questo caso si tratta del semitono  Mi – Fa, ma non ha importanza, un intervallo è un intervallo in qualsiasi punto del pentagramma si trovi, soprattutto se non hai l'orecchio assoluto.

TONO
Questo è il più facile da riconoscere, visto che sono le prime due note della scala. In teoria non servirebbe nemmeno una melodia per ricordarselo, ma io mi tengo lo stesso da parte le prime due note del Laudate Dominum di Mozart. Non si sa mai.

Ovviamente sto considerando solo gli intervalli ascendenti, ma se ci si imbatte in un intervallo discendente (purtroppo i compositori usano anche questi), basterà cantarlo al contrario e diventerà ascendente.

TERZA MINORE
Questo è il mio intervallo preferito, sarà che è quello che distingue la tonalità minore da quella maggiore e a me il minore piace tantissimo. Puoi prendere anche Jingle Bells, cantarmela in minore e a me piacerà da matti. Mi piace qualsiasi cosa in minore, tranne Vinicio Capossela (a tutto c'è un limite).
Per questo intervallo uso l'Offerta Musicale.

L'Offerta Musicale è una delle meraviglie del mondo, come il Colosseo o le cascate del Niagara, solo che non bisogna nemmeno fare lo sforzo di uscire di casa.

TERZA
Questo è l'intervallo con cui inizia l'italiana di Mendelssohn.

QUARTA
In questo caso la melodia più comoda sarebbe la famosa marcia dell'Aida, ma purtroppo a me Verdi sta antipatico. Non è neanche colpa sua, poverino, è che ogni volta che lo ascolto ci sento dentro il risorgimento, i moti carbonari, "viva l'ltalia" e tutta quella roba là, e mi sembra di essere alle elementari. Per fortuna la quarta è in assoluto l'intervallo più usato, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Per esempio c'è questo quintetto di Brahms. 

Stupendo. Anche se poi uso sempre l'Aida.

QUARTA AUMENTATA
Qui è difficile trovare qualcosa. Questo è un intervallo dissonante, disorientante, inquietante e secondo me pure un po' scortese. Nel medioevo lo chiamavano "diabolus in musica", un modo carino per dire "calcio nelle palle". Ma per fortuna ci sono i Simpson.

QUINTA
Bach ha scritto un sacco di fughe che iniziano con una quinta. Questa non è esattamente una fuga, ma poi lo diventa.


SESTA MINORE

SESTA

SETTIMA MINORE

SETTIMA
Questa la dico dopo.

OTTAVA

SETTIMA
Se non è nessuno degli intervalli precedenti, allora è una settima. Facile, no?

Con questo trucco posso finalmente stupire tutti con il mio fantastico orecchio non assoluto. Per esempio la sirena dei carabinieri è una quarta,


il fischio del TGV è una sesta (discendente),


il jingle dell'aeroporto è una terza maggiore, poi una terza minore e una quarta.


Avendo tempo si può ricostruire nota dopo nota un'intera melodia. Sono cose che fanno colpo sugli amici. 
Ora non mi resta che trovare degli amici.

ISTITUZIONI DI ESTETICA DEI SELFIE

Il giorno in cui si è deciso che gli autoscatti si chiamano "selfie" (29 giugno 2007), la loro popolarità è aumentata a dismisura e oggi è difficile trovare qualcuno che non ne se ne faccia almeno una quindicina al giorno. Del resto "autoscatto" era una parola poco maneggevole, era troppo scomodo doverla tirare fuori ogni volta, posizionarla con cura e restare in posa per secondi e secondi. "Selfie" invece ha solo due sillabe. Due sillabe contro... boh, mille? Senza contare che "autoscatto" aveva qualcosa di equivoco, forse per colpa del prefisso "auto". Non è semplice dire cose come "ora vado in bagno e mi sparo una bella autoscatto".
In questi anni ho visto miliardi di selfie e mi sono sempre chiesto: perché alcuni tizi sembrano dei normali tizi che si fanno una foto e altri invece sembrano dei cretini? Di solito, quando a scattare la foto è un altro, questo non succede. Per sembrare cretini nelle foto degli altri bisogna fare qualcosa di cretino, tipo cavalcare un gatto, rotolarsi nell'azoto liquido, mettersi il berretto al contrario, eccetera, invece in un selfie si può sembrare cretini a prescindere, anche se si sta dimostrando il teorema di Fermat.
Dopo vari esperimenti in cui mi sono fotografato in tutti i modi possibili, anche con la luce accesa, sono arrivato alla conclusione che c'è un solo modo per fotografarsi senza sembrare cretini: guardare nell'obiettivo e sorridere. È il modo più onesto. Il sorriso dice “ciao” a chi guarda, è un segno di cortesia, e il guardare nell'obiettivo dice "eccomi qui, questo sono io". Si può sembrare brutti, disordinati, squallidi, ma di certo non cretini, visto che non si sta facendo niente di cretino.
Se invece uno non guarda nell'obiettivo e magari fa pure un'espressione diversa dal sorriso, allora cambia tutto. È il caso per esempio di chi si fotografa mentre scruta l'orizzonte con uno sguardo malinconico e l'espressione vagamente imbronciata, come se fosse assorto in pensieri profondi, molto più profondi di "mo' me faccio ‘na foto". Di fronte a una foto del genere viene istintivamente da dire: ma sei cretino? Tutti sappiamo che fuori campo c'è la tua mano che regge il telefono, sappiamo che ti sei messo faticosamente in posa controllando di continuo lo schermo e che magari ti sei fatto duecentocinquantamila scatti cercando poi quello in cui sembravi il più malinconico e imbronciato possibile. Un conto è se la foto te l’ha fatta un altro e ti ha colto in un momento in cui scrutavi l'orizzonte malinconico e imbronciato, ma se te la sei fatta da solo, usando preziosi minuti di vita solo per darmi a bere che sei malinconico e imbronciato, allora sei un cretino. La cretineria non sta nel fotografarsi, sta nel fotografarsi facendo finta di non fotografarsi.
Per esempio questo non va bene.


Questo invece è perfetto.


In realtà c'è un altro modo in cui è possibile non sembrare cretini: fotografarsi mentre si fa i cretini. Paradossalmente se ci si fotografa da soli mentre si cavalca un gatto, ci si rotola nell'azoto liquido o si ha il berretto al contrario, si può non sembrare cretini. Certo è rischioso, ma se veramente si riesce a cogliere il proprio essere spontaneamente e sinceramente cretini, nessuno può darti del cretino. Infatti il vero cretino è chi non sa di esserlo, mentre sapere di essere cretini è una cosa molto intelligente.

PIANETA TERRA: GUIDA PER VISITATORI ALIENI

Se anche tu fai fatica ad ambientarti su questo pianeta, forse questa guida può esserti di aiuto. È qui.

CRUCIVERBA FACILITATO

VALORI SPAZIALI

Da un po’ di tempo a questa parte si dice che i valori assoluti non esistono, che non ha senso parlare di cose giuste o sbagliate a priori, che bisogna considerare il contesto, la società, la storia e magari viene pure fuori che è normale che una donna se ne vada in giro vestita come un ninja. È pazzesco. Nei paesi civili le donne si dipingono la faccia e si appendono alle orecchie due batacchi di metallo. Passi che queste cose le dica qualche filosofo, tanto i filosofi hanno uno share bassissimo, il problema è che iniziano a dirle anche le persone comuni, e a me pare che queste persone comuni si stiano allargando un po’ troppo. Prima hai il libero arbitrio, e va bene, poi tutte le varie libertà civili: libertà di parola, di associazione, eccetera, poi addirittura la libertà di votare il partito illiberale che preferisci, adesso vuoi anche sceglierti i valori? Ma certo, accomodati pure, magari ti piacerebbe il valore dello stinco di maiale alla birra o del sesso di gruppo, vero? Sicuro che non vuoi anche il valore dello startene in panciolle tutto il giorno mentre il resto dell’umanità si fa in quattro dalla mattina alla sera per trovare un modo di starsene in panciolle tutto il giorno?
Oggi è finalmente possibile mettere fine a queste inutili discussioni intorno al relativismo etico, perché è stato finalmente scoperto che i valori assoluti esistono e si trovano tutti nella fascia di Kuiper, a due passi da Plutone. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricerca della Specola Vaticana guidato da padre Manuel Paella per mezzo del telescopio VATT, in Arizona. Il VATT è un telescopio ottico-infrarosso con specchio da 1,8 metri originariamente costruito per spiare gli uomini nudi, il che spiega l’obsoleta montatura Gregoriana che permette di ottenere immagini non capovolte.
Ecco come sono andate le cose: circa due settimane fa l’equipe di padre Paella era impegnata nell’osservazione di un MACHO, che purtroppo si è rivelato essere solo un MAssive Compact Halo Object, così padre Paella e i suoi collaboratori hanno deciso di ripiegare sull’osservazione dei corpi trans-nettuniani, non si sa mai, ed è in questo modo che sono pervenuti del tutto casualmente alla sensazionale scoperta dei valori. Distribuiti in una regione di spazio a circa cinquanta unità astronomiche dalla Terra (un’unità astronomica è pari al raggio dell’Orbe Solare, la sfera che regge il Sole nella sua rotazione annua intorno alla Terra), i valori sono composti di materia ingenerabile, incorruttibile, inalterabile e impassibile, come del resto tutti i corpi celesti, e sono osservabili da entrambi gli emisferi terrestri, purché si abbia l’accortezza di non aprire la cupola del telescopio. Ecco per esempio la spettacolare immagine del valore della vita


Un corpo oblungo e leggermente curvo, molto simile a un embrione (a parte la buccia). Qui sotto si possono invece ammirare i valori della famiglia e del lavoro, orbitanti strettamente l’uno intorno all’altro.


È stato calcolato che il valore della famiglia si trasformerà in un buco nero subito dopo il secondo figlio.
Oltre a questi, sono stati osservati anche molti altri valori: quello della tradizione, del sacrificio, della preghiera, dell’obbedienza, del digiuno quaresimale, eccetera. Nessuna traccia invece del valore della razionalità.

LIBERTÀ

IL MALE ASSOLUTO

Ovviamente il male assoluto non esiste. Male e bene sono sempre relativi a qualcuno. Per esempio, se dai fuoco alle macchine fai del male ai loro proprietari ma fai del bene all'industria automobilistica. Il fatto che in molti posti questo sia vietato, non significa che sia considerato un male assoluto (la sacralità del motore a scoppio), ma significa che al bene del mercato dell'auto si preferisce il bene dei proprietari di auto. Sono scelte discutibili, lo so, ma hanno una loro relativa logica. Quando invece in un posto si fanno leggi non perché sono utili agli abitanti del posto, ma per seguire un presunto bene assoluto, allora bisogna preoccuparsi, perché un giorno questo bene assoluto può essere "non bruciare le macchine", che va bene, ma il giorno dopo può essere "bruciare te", che va meno bene. Purtroppo le persone hanno la tendenza ad assolutizzare tutto. Non dicono "il prosciutto non mi piace", dicono "mangiare prosciutto è male", e se potessero impedirebbero a tutto il mondo di mangiare prosciutto, con le buone o con le cattive.
Quando però un male è relativo a così tante persone da essere praticamente relativo a tutta l'umanità, allora è come se fosse un male assoluto. Per esempio, se i cani prendessero improvvisamente il potere, questo sarebbe un male "assoluto".


O forse no, forse a qualcuno piacerebbe. In fondo c'è gente a cui piace lavorare, non mi stupirei che ci fosse qualcuno a cui piacerebbe farsi portare al guinzaglio da un cane.
Il male relativo più simile al male assoluto che io conosca, quello che a ben vedere è alla radice di tutte le cose più esecrande che da millenni affliggono l'umanità, dalla caccia alle streghe al suono del clacson, è il provare istintivamente disprezzo per chi non capiamo. Per farsi un'idea, basta cercare su Twitter  "che problemi hanno quelli che".


In realtà tutti questi tweet dicono sempre la stessa cosa: “ma quelli che non sono esattamente come me che problemi hanno?", ed è su questo che si fonda ogni razzismo, integralismo, bullismo, qualunquismo, vandalismo e tante altre cose che finiscono con “ismo". Disprezzare a prescindere è un male per chi è disprezzato, perché non viene capito, ma è un male anche per chi disprezza perché, disprezzando, si preclude la possibilità di capire.
Il male non sta nel disprezzare. Disprezzare è ok. Il male sta nel disprezzare prima di aver provato a capire. Prima capisci, poi disprezzi. In molti casi, poi, succede che quando hai capito, non hai più neanche voglia di disprezzare.

PEARSON & CARLO

Da Ottobre 2015, io e Emanuelesi siamo su Linus con


Emanuelesi fa i disegni, io le parole. Siccome non voglio anticipare niente, invece di parlare di Pearson & Carlo, parlerò di Loris & NaN, due personaggi che sono stati fino all'ultimo lì lì per venire al mondo, ma che alla fine abbiamo deciso di non tenere.
Loris lavora insieme al suo collega NaN, un alieno in giacca e cravatta, presso un ufficio della GCG inc. (dove GCG sta per "Grande Complotto Globale"), una ditta che si occupa di crisi dei debiti sovrani, finti attentati terroristici, aeroplani con la marmitta truccata e altre cose del genere. Nessuno sa quali siano gli scopi di questa GCG, tranne ovviamente il suo CEO.
Loris si occupa di gestione del personale e controllo della qualità e, com'è facile immaginare, il suo lavoro lo porta in contatto con i potenti di tutto il mondo: il Presidente degli Stati Uniti, il Papa, l'Uomo Ragno, eccetera. Naturalmente nella sua vita privata non può rivelare a nessuno il lavoro che fa, anche se muore sempre dalla voglia di farlo. Spesso qualcosa gli sfugge, ma per fortuna nessuno gli crede e tutti pensano che sia solo uno dei tanti paranoici che passano le giornate a diffondere su Facebook terribili jpg allarmistici. "Terribili" dal punto di vista estetico. La moglie, i figli e in generale tutta la sua famiglia considerano Loris un povero fallito, soprattutto il padre, che di mestiere fa il cartomante.
Per non dare nell'occhio, Loris va tutte le settimane da uno psichiatra, che però, invece di fare il suo lavoro, ci prova.
Ha un elefante rosa da passeggio di nome Freddy, ovviamente parlante, di cui stranamente nessuno si stupisce.
Cos'altro? Ah, sì. Il CEO della GCG è un certo signor Bilderberg, per gli amici Bilderber, un asceta solitario e taciturno che vive in Antartide con i suoi pinguni OGM.

MERLO

Tutti parlano della matematica eccetera, che certo è importantissima, per carità, però è come se la matematica fosse il punto centrale di tutto. "Ah, guardate in matematica gli asiatici, eccetera, gli indiani!", beh, non mi pare che l’India sia il primo paese del mondo. Se davvero la matematica fosse così importante tutti questi geni indiani avrebbero portato. "E poi perché gli italiani non amano la matematica?", beh, anche questa è una cosa. Forse perché ce n’è troppa: il numero di telefono, i numeri, il bancomat, il. Persino questa si chiama radio tre, pensi, cioè già devo pensare al numero per identificarla. E il quando premo un tasto per cercare un disco in macchina è sempre con un numero. E vabbe’, comunque, ciii.


PERCHÉ UCCIDERE È SBAGLIATO?

Un giorno, mentre stavo affogando Giuseppe nel bidé, mi viene un dubbio: e se uccidere fosse sbagliato?


Giuseppe, secondo te sto sbagliando?

Gurglegurglegurgle!

È un “no”, vero?


Ma ormai il dubbio mi era venuto e uccidere la gente non era più divertente come prima. Non ci mettevo più l’impegno di una volta e alla fine mi ero ridotto a sparare a caso fuori dalla finestra guardando “Affari tuoi”. Lo so, è una cosa vergognosa, ma non è che ci sia molto altro in TV.
Mi annoiavo, dormivo male, litigavo con tutti. Persino fra me e Roberta c’era tensione.


Che cazzo vuoi? 

...

No, adesso tu mi dici che cazzo vuoi?

...

DIMMI CHE CAZZO VUOI!?


Roberta è la mia pianta grassa, in tre anni di convivenza non avevamo mai litigato. Non poteva andare avanti così, dovevo assolutamente sapere la verità. Chiedo aiuto a Google.

“uccidere è sbagliato”: 2750000 risultati.

“uccidere è giusto”: 18 risultati.

È così che ho scoperto che internet non serve solo per le donne nude.
È strano, ogni giorno ammazziamo migliaia di mucche, milioni di mosche, miliardi di batteri. No, dico, i batteri. Ogni volta che uno si lava le mani, per i batteri è l’olocausto, è terribile se ci si pensa. Per fortuna i batteri non si vedono e le bistecche non si lamentano. Cosa direbbe una bistecca se potesse parlare?


Ti puego, non mangiaumi.

Ma io ho fame.

Lasciami andaue.

Dai, solo un pezzettino piccolo piccolo e poi vai dove vuoi.


Perché le mucche sì, le mosche sì, i batteri sì e gli esseri umani no? Perché proprio gli esseri umani, i più divertenti? Dopotutto un uomo è solo un aggregato di atomi disposti in modo da essere un po’ più rumorosi del solito, se ammazzi uno gli dai solo una rimescolatina. Cosa c'è di male? Per esempio, magari adesso mia nonna è un succo di frutta.
Quando andavo a scuola mi hanno insegnato un sacco di cose, tutte vere e sacrosante, per carità, se no che senso avrebbe insegnarle? Sarebbe veramente crudele insegnare a un bambino delle cose non dico false, ma anche solamente dubbie.


Chi mi sa dire il quinto comandamento?

...

Su, è facile.

...

Vuoi dirmelo tu?

Il quinto?

Sì.

Non mettersi le dita nel naso?

Non uccidere.

Perché?

Mi spiace, non sono programmato per rispondere a questa domanda.


Ma a me questa domanda è sempre rimasta in testa. Nemmeno l’insegnante di religione mi ha mai saputo rispondere. Tutto quello che è riuscito a farfugliare mentre lo strozzavo con un laccio da scarpe è stato “oddio che dolore!”, tutto qui, nessun riferimento ai dieci comandamenti. Perché?



Che cos’è?





Un attimo.


Sì, ma perché?


Certo, l’anima... non sarebbe male. Scusa, anima, intanto che ci sei potresti farmi due uova con la pancetta, delle olive ascolane e un paio di bruschette?

Ti puego, lasciami andaue.

Perché parli come una bistecca?


La filosofia non è la cosa più adatta se si vogliono delle risposte, così sono passato al metodo empirico. Mi sono infilato in macchina e sono partito in cerca di uno da investire, uno rigorosamente qualsiasi perché se a queste cose ci si pensa troppo si rischia di uccidere qualcuno che se lo merita. Il primo che mi è capitato a tiro l’ho messo sotto. Niente di spettacolare, è stato come prendere un dosso artificiale, a parte i pezzetti di cervello sul parabrezza. Sono sceso dalla macchina, ho acceso una sigaretta e mi sono messo ad aspettare. Niente. Non succedeva niente. Avrò aspettato cinque minuti, dieci. Le frattaglie sparse sul cofano iniziavano ad attirare un certo numero di uccelli, ma a parte questo niente, non è successo assolutamente niente. Ovviamente non ci si può fermare al primo tentativo (un pensionato, un paraplegico, un bambino con le lentiggini), con la scienza ci vuole pazienza (un mendicante, una donna incinta, il Dalai Lama), molta pazienza (tutti quelli di ritorno da Lourdes e che nemmeno la Madonna se li è filati), troppa. Non so se uccidere sia giusto o sbagliato, di sicuro è molto faticoso.
Qualche giorno dopo me ne stavo in soggiorno cercando di farmi il nodo al cappio, ma siccome coi nodi non ci ho mai saputo fare, dopo un po’ lascio perdere e decido di suicidarmi con la TV. È una morte lenta ma indolore, si perde conoscenza a poco a poco e la morte cerebrale sopraggiunge mentre il corpo continua a fare zapping. Un sacco di gente muore così, e il giorno dopo va regolarmente al lavoro. Intanto che scorro i canali a un certo punto mi metto un dito nel naso, è una cosa che faccio sempre quando cerco di suicidarmi, mi rilassa, ma stavolta succede una cosa veramente strana: vedo il posacenere che si sposta di un centimetro. Com’è possibile? Così, da solo, come mosso da una forza invisibile. Sì, è vero, tutte le forze sono invisibili, sarebbe davvero fastidioso se la forza di gravità fosse rossa fosforescente. Premo di nuovo il tasto e intanto mi frugo piano piano nel naso. Il posacenere si muove di nuovo: destra, sinistra, destra, sinistra. Mai visto niente del genere, è qualcosa di veramente strano, molto più strano di Sandro.


Sentivo di essere vicino alla risposta. Il luogo recondito e misterioso dove si nasconde il valore della vita era finalmente a portata di mano. Studio giorno e notte tutto quello che ho in casa: i vecchi libri di scuola guida, le enciclopedie faticosamente raccolte in tanti anni di contrattazioni al citofono, persino le istruzioni della lavastoviglie, forse la cosa più difficile che abbia mai letto dopo il menù del ristorante indiano, e alla fine capisco.
C’è una piccola ghiandola a metà strada fra il coccige e la scapola sinistra, denominata ghiandola B o, secondo altri studiosi, ghiandola della seconda lettera dell’alfabeto. Ogni sera detta ghiandola secerne una sostanza che si diffonde in tutto il sistema linfatico e fa vibrare impercettibilmente i traghi dei padiglioni auricolari. Questo serve come richiamo sessuale per le zanzare, che, di notte, mentre dormiamo, si riproducono indisturbate nelle nostre orecchie.
La ghiandola che ci interessa è però la ghiandola A, detta volgarmente “naso”. Questa ghiandola non è proprio una ghiandola, ma più un piccolo acceleratore di particelle, e non parlo solo di particelle appiccicose. Forse non tutti sanno che il naso di ogni uomo è percorso da un continuo flusso di particelle elementari (elettroni, protoni, cose così) che escono da una narice e entrano nell’altra, continuamente, a velocità prossime a quella della luce. Quando la narice d'ingresso viene ostruita, il flusso si interrompe e le particelle vengono sparate fuori in linea retta dalla cavità rimasta libera. Nella maggior parte dei casi questo non produce alcun effetto macroscopico rilevante, a parte la formazione di piccole strutture chiamate “gatti di polvere”. Se però il soggetto in quel momento preme un tasto, la pressione esercitata sul dito attiva il campo magnetico del corpo umano, come predetto già nell’Ottocento dal misconosciuto astrologo tedesco Franz Anton Mesmer, e questo convoglia tutte le particelle nasali in direzione est-ovest. O ovest-est, non mi ricordo mai, comunque è questo che fa ruotare la Terra.


Gli esseri umani si mettono le dita nel naso e premono tasti in continuazione. Miliardi di persone che si frugano nel naso e premono tasti, frugano e premono, premono e frugano, continuamente, fin dalla preistoria. Cosa succederebbe se non ci fossero più gli esseri umani? L’attrito con l’etere fermerebbe la rotazione terrestre e le calotte polari si scioglierebbero, l’atmosfera evaporerebbe e tutta la flora terrestre sparirebbe per sempre, fra cui la genziana asclepiadea. Ecco perché uccidere è sbagliato.
Ora resta da capire perché sia sbagliato far sparire la genziana asclepiadea.

L’AMORE RENDE OTTUSI

Tanto tempo fa mi sono precipitosamente innamorato di una donna: Cristina Gnafaccio. Non che di solito io mi innamori degli uomini, non precipitosamente almeno, anzi non mi innamoro praticamente mai di nessuno, e non perché io sia insensibile, anzi sono una persona sensibilissima (lo dice sempre il mio dentista), ma perché non mi piace innamorarmi. Non mi piace sudare, non mi piace il mal di pancia e non mi piace innamorarmi. Trovo che sia un imbroglio della Natura, la quale, dietro all’apparenza degli “oh amore mio”, “oh mio amore amato” e “oh amato amore mio amoroso amante”, vuole solo servirsi del mio, diciamo, corpo per perpetuarsi. Alla Natura non importa niente del mio innamoramento, se sia per me fonte di benessere o di malessere, a lei interessa solo colonizzare il pianeta, colonizzarlo a più non posso, preferibilmente fino a farlo scoppiare. Quale sia il suo scopo io non lo so, verosimilmente nemmeno ce l’ha uno scopo, tutto quello che so è che appena uno si aperte virgolette innamora chiuse virgolette, la Natura lo trasforma istantaneamente in un grosso spray umano a emissione il più precoce possibile di spore colonizzatrici. E questo senza contare che “innamorarsi” è una parola orribile. Quasi peggio di “intrigante”, “sfizioso” e “bebè”. Un giorno mi piacerebbe parlare con quelli che inventano le parole e dirgliene quattro: “ti”, “spezzo”, “le” e “dita”. Alla fine ho detto “donna” solo per dare una rapida descrizione corporea di Cristina Gnafaccio, anche se, a voler essere proprio pignoli, io mica lo so se è davvero una donna. Non sono entrato a tal punto in confidenza con lei da poterle guardare nelle mutande. È una persona molto riservata, Cristina, e io sono rispettoso della privacy altrui. Se il mondo in cui viviamo ci tenesse veramente alla riservatezza delle persone, l’uso dei generi grammaticali sarebbe proibito. Per correttezza bisognerebbe usare il maschile con tutti. O il femminile. O ancora meglio bisognerebbe omettere la vocale alla fine di tutti i sostantivi, di tutti gli aggettivi e di tutti gli articoli. “Sei stanc? Hai un stran cer. Vuoi un t cald con biscott?”, così nessuno ci resterebbe male e la lingua diventerebbe finalmente abbastanza neutra da non urtare più la sensibilità di nessuno. Io ho detto “donna” solo per dire che esteriormente Cristina ha l’aspetto di una donna: mascella squadrata, naso grande e piatto, sopracciglia folte e una leggera peluria sul mento. Non era mia intenzione offendere. Inoltre il suo nome è femminile, per cui mi sono sentito autorizzato a chiamarla “donna”, sempre che il nome sia “Cristina” e non “Gnafaccio”, altrimenti cambia tutto. Purtroppo non sono mai entrato così in confidenza con lei da chiederle come si chiama.
Un giorno, mentre era in vacanza in un posto che non ha voluto riferirmi, le ho dichiarato il mio amore in ginocchio e con l’anello in mano, come prevedono le usanze delle persone per bene. Le ho anche citato a memoria tutto il testo di “All You Need is Love”, sia in avanti e che all’indietro, e sull’anello ho fatto incidere una bellissima frase che non ricordo. Faceva più o meno così: “amore” eccetera. Il giorno dopo ci siamo sposati, anche se lei non era presente per motivi di riservatezza. Il sindaco, però, mi ha assicurato che il matrimonio è comunque valido. Forse non tutti lo sanno, ma affinché un matrimonio sia valido non è necessaria la presenza della sposa, è sufficiente una delega firmata da lei stessa o da un parente stretto, e quale parente più stretto del futuro marito in persona? Lei è stata così gentile da mandarmi un messaggio di congratulazioni, trovando fra l’altro delle bellissime parole: “prugnole”, “frantoio” e “sorbetto”.
Col tempo ho imparato a conoscere meglio Cristina e ad apprezzarla per quello che è veramente. Non so che fine abbia fatto.

LIBRI

A COSA SERVE L'ASTRONOMIA?

Non appena il cosiddetto uomo della strada sente una qualche notizia di astronomia, subito si indigna: "perché buttare soldi in sonde spaziali e telescopi quando sulla Terra ci sono un sacco di problemi? Problemi come l'Africa, la disoccupazione, quel televisore da 46 pollici che starebbe così bene in soggiorno". L'uomo della strada, contrariamente a quanto dice il nome, non sta solo in strada, ma lo si può trovare anche nei Tg, nei giornali o in quelle famose trasmissioni di denuncia del malaffare, quelle che quando non hanno un malaffare da denunciare se lo inventano.
"A cosa serve sapere di cos'è fatta una cometa se tanto non è commestibile? Che me ne faccio delle foto di Plutone se non ci posso andare in vacanza? Che mi frega dell'anello di congiunzione tra gli ammassi globulari e le galassie sferoidali nane se poi non lo danno al cinema?". Sembra che le cose che "servono" siano solo quelle che danno un contributo materiale al benessere quotidiano: la medicina serve a curare le malattie, l'elettromagnetismo serve ad accendere le lampadine, persino la meccanica quantistica potrebbe servire a qualcosa: creare potentissimi processori coi quali l'umanità potrà finalmente giocare a Candy Crush molto più velocemente. "Utile" è solo ciò che è "materialmente utile" e da questo punto di vista, è vero, l'astronomia non serve assolutamente a niente. Non serve a vivere più a lungo, non serve a stare più comodi, non serve nemmeno a predire il futuro, cosa che invece qualsiasi ciarlatano sa fare. Allora perché studiare l'universo?
Bene. Il motivo per cui migliaia di astronomi in tutto il mondo vengono pagati per fare il loro lavoro è che l'universo è (attenzione) interessante. Incredibile, vero? Se per caso qualcuno incrocia l'uomo della strada è pregato di farglielo sapere: si studia l'universo perché è interessante, si ascolta la musica perché è bella, si beve lo champagne perché è buono, di certo non per dissetarsi. Questa risposta sarebbe già sufficiente a spiegare l'importanza dell'astronomia, ma c'è un'altra cosa.
Studiare l'universo non significa solo cercare di capire il funzionamento di un fenomeno naturale immenso e misterioso, ma significa anche osservare il mondo da una prospettiva nuova, cioè non da dentro il proprio corpo, come si fa tutti i giorni semplicemente aprendo gli occhi, ma dal di fuori, fuori dalle proprie faccende quotidiane, dalle proprie preoccupazioni, dal tanto rassicurante senso comune e da ogni altra cosa che ci è familiare. È qualcosa che ti cambia. Tanto per fare un esempio a caso, dopo aver dato uno sguardo al posto che la Terra occupa nell'universo, è molto più difficile accapigliarsi per un parcheggio.
L'astronomia non serve a vivere più agiatamente, ma è una di quelle cose che danno alla vita un senso, come l'arte, la filosofia, le camminate in montagna e tante altre cose inutili.

L'UOMO PIÙ DI SINISTRA DEL MONDO

FELICITÀ

REFERENDUM

In questi giorni si parla molto di referendum, ogni tanto succede. Tralasciando il caso particolare attualmente dibattuto in tutti i più autorevoli social network, la cosa che mi ha stupito è che tantissime persone danno per scontata l'uguaglianza

referendum = strumento democratico

che è falsa. È talmente falsa che non starei neanche a dirlo, se non fosse che fra queste persone ci sono anche giornalisti e addirittura leader di partito. Com'è possibile? Questo vuol forse dire che i leader di partito non sanno cose che so io che non sono leader di niente? Oppure vuol dire che fanno solo finta di non saperle per ottenere così il consenso di chi non le sa veramente? Questo sarebbe ancora peggio, perché vorrebbe dire che i leader di partito, invece di spiegare ai loro cittadini le cose che questi ultimi non sanno (uno mica può sapere tutto), sfruttano proprio le cose che i cittadini non sanno per raggiungere i loro fini, buoni o cattivi che siano. Per dimostrare che l'uguaglianza detta sopra è falsa, basta citare un caso in cui non è verificata, uno solo. Io ne citerò ben due.
Immaginiamo per esempio un referendum in cui la gente sia chiamata a decidere se consentire o no ai rom di rimanere sul territorio nazionale, non importa che cittadinanza abbiano. Credo non sia necessario spiegare perché un referendum del genere non sarebbe democratico, mi limito solo a ricordare che esiste una certa differenza fra democrazia e oclocrazia. Mi rendo conto che si tratta di un caso estremo, ma il caso estremo serve a isolare un concetto, poi si può discutere su quanto il concetto aiuti a capire un certo caso particolare. 
Ma a parte questo, un referendum può essere considerato democratico solo se viene indetto secondo le regole previste dalla Costituzione (ovviamente assumendo che la Costituzione sia ispirata a principi democratici), in modo tale che quando si determinano certe condizioni più o meno oggettive che non dipendono dalla volontà di un singolo individuo (per esempio la raccolta di N firme e l’approvazione di una Corte Costituzionale), il referendum deve essere fatto, anche se è inutile, anche se alla maggioranza della popolazione non interessa, anche se chi in quel momento è al potere ritiene che sia dannoso. Una cosa che distingue la democrazia da altri sistemi politici è che le regole sono più forti della volontà di chi governa, e anche più forti della volontà della maggioranza. Per esempio sono le regole che tutelano le minoranze, non la volontà del popolo. Se fosse per il popolo, le minoranze verrebbero spazzate via in un secondo.
Appurato questo, consideriamo il caso di uno al potere che proclami un referendum in modo del tutto arbitrario, magari perché gli torna comodo, allora in questo caso il referendum non è uno strumento democratico, ma uno strumento di manipolazione delle masse. Sia chiaro, può anche essere un referendum giusto, ciò non toglie che non sia democratico. Purtroppo “giusto” e “democratico” non sono due concetti totalmente sovrapponibili, per questo esistono due parole diverse per indicarli.

KUSWHHFER:GFDQ

RODOBERTO, DRAMMA STORICO IN VENTISETTE PICCOLI ATTI

ATTO I
Campo di battaglia dopo la battaglia.
Un soldato ferito si aggira fra i cadaveri.

SOLDATO – Sono i tempi dell’ultimo sventurato regno di Ormondo XXXIX di Northumberland, quando l’umanità, dopo centocinquant’anni di guerre, miseria e pestilenze, dovette sopportare anche la crudeltà delle orrende schiere dei Sarpédoni.

ATTO II
Campo di battaglia durante la battaglia.
Sferragliare di spade, grida di guerra, scalpitii equini.

ATTO III
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX sul trono, i figli in ginocchio. Edgardo, ministro del Re, pettina i favoriti del suo sovrano.

ORMONDO XXXIX – Ho vissuto tanto a lungo per assistere a una così disonorevole disfatta? Rodoberto! Lepidauro! Barbanzio! Luigi! Figli tanto amati quanto indegni del nome che portate, fuggite via dai miei occhi! Se si ritroverà in alcuno dei nostri territori codeste vostre carcasse di banditi, per voi sarà la morte. Via, per Giove! E non ci sarà revoca per questo!

I figli si guardano sconcertati.

EDGARDO – Mio Signore, in verità abbiamo vinto.
ORMONDO XXXIX – Sul serio?
EDGARDO – Sì, mio Signore.
ORMONDO XXXIX – Allora festeggiamo! Edgardo, ti nomino Maestro degli Uffici.
EDGARDO – Mi ritengo altamente onorato, mio Signore, ma già godo di questo prestigioso titolo.

ATTO IV
Reggia di Northumberland, notte.
Coriandoli, piatti e bicchieri ovunque. Rodoberto e i fratelli si dividono le ultime pizzette.

RODOBERTO – In fede mia, oggi il vecchio mi ha fatto paura.
BARBANZIO – L’età si fa sentire.
LEPIDAURO – Forse qualcuno dovrebbe metterlo a dormire per sempre.

Rodoberto sfodera la spada.

RODOBERTO – Lepidauro! A tal segno osi dar voce al latrato maligno della tua lingua?
LUIGI – Cioè?

Lepidauro sfodera la spada.

LEPIDAURO – L’ho detto e lo ripeto: il vecchio va accoppato!
RODOBERTO – In guardia!
LEPIDAURO – Prendi questo!
RODOBERTO – A-ah!
LEPIDAURO – Tieni!
RODOBERTO – Oh! Ah!
LEPIDAURO – Oplà.

ATTO V
Fortezza di Antiochia.
Satràn Rudànta sul trono. Entra Enobarbo e si inginocchia.

ENOBARBO – Mio nobile Signore, Rodoberto ha assassinato il fratello Lepidauro.
SATRÀN RUDÀNTA – Raduna gli uomini, presto! All’alba marceremo contro i Mirmidoni!

ATTO VI
Palazzo reale di Ninive.
Sapore III sul trono, Tantalio in ginocchio.

SAPORE III – Raduna gli uomini! È arrivato il giorno di prendere Antiochia!

ATTO VII
Roccaforte di Abbiategrasso.
Massimiano il Numismatico sul trono, Boemio in ginocchio.

MASSIMIANO – Richiama subito le legioni sul Po. Al momento buono ci uniremo ai vincitori.

ATTO VIII
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX sul trono, Edgardo in ginocchio.

ORMONDO XXXIX – Senza zucchero, grazie.

ATTO IX
Foresta nera.
Rodoberto a cavallo.

RODOBERTO – Che vedono i miei occhi? È fumo quello! Chi si azzarda a vivere negli oscuri antri della Foresta Nera, dimora di orribili fiere e pestilenze atroci? Chi o cosa siete, esecrabili ombre della notte? Parlate! È Rodoberto che ve lo comanda!

ATTO X
Avignone, Palazzo dei Papi.
L’Antipapa sul trono, Luigi e Barbanzio in ginocchio.

ANTIPAPA – Le vostre lotte intestine non mi riguardano.
BARBANZIO – Ha ucciso il fratello e vilipeso il venerando padre!
LUIGI – Il venerando padre!
BARBANZIO – Va tratto in ceppi di fronte alla Suprema Inquisizione e processato con giustizia.
LUIGI – Con giustizia!
ANTIPAPA – A una condizione.
BARBANZIO – Parla, ti ascoltiamo.
LUIGI – Ti amo!
ANTIPAPA – Liberate Padre Urwick. Da venticinque anni langue in vile e mefitica prigione, tratto colà dall’immonda mano di vostro padre.

ATTO XI
Una piana erbosa. Scrosciare di acqua sorgiva.
Satràn Rudànta e Enobarbo a cavallo.

ENOBARBO – Northumberland è ancora lontana, mio Signore. Gli uomini hanno bisogno di riposo. Accampiamoci lungo le rive di questo placido torrente, la quiete e i profumi di queste campagne ristoreranno lo spirito e le membra dei soldati.
SATRÀN RUDÀNTA – Ben detto.

Continua a cavalcare come se niente fosse.

ATTO XII
Una tetra spelonca. Nel mezzo, un calderone che bolle.
I tuoni proiettano le ombre di tre donne decrepite.
Rodoberto sorseggia del brodo.

RODOBERTO – Quindi, se ho inteso bene, succederò a mio padre Ormondo XXXIX di Northumberland, Signore dei Mirmidoni, Re di Norvegia, reggente di Francia e Bielorussia, nonché sindaco di Varese.
OMBRE – Eh eh eh!
RODOBERTO – Ma quanto durerà il mio regno? Avrò eredi? Sconfiggerò Satràn Rudànta? Che ore sono?

ATTO XIII
Reggia di Northumberland.
Edgardo lucida la corona di Ormondo XXXIX. Barbanzio e Luigi in ginocchio.

BARBANZIO – Vedete bene, mio Signore, com’è fatto e impastato costituzionalmente di tradimento, e dopo questa infamia è fuggito.
ORMONDO XXXIX – D’accordo, fate di Rodoberto quel che volete, e intanto che ci siete sterminate tutti quelli che vanno per strada in canottiera e ciabatte. Non li sopporto. A me foglio, penna e sigillo!
EDGARDO – Subito, mio Signore.
BARBANZIO – C’è un’altra soluzione, padre.
ORMONDO XXXIX – Ti ascolto.
BARBANZIO – Ci serve Padre Urwick.
ORMONDO XXXIX – Giusto, che fine ha fatto?
EDGARDO – Mio signore, lo avete venduto ai Persiani per un secchio di burro fuso.
ORMONDO XXXIX - Ah, sì?
BARBANZIO – Questo è il disegno che ho in mente, udite bene: col mezzo di argomenti persuasivi ben mescolati a mielate parole, convinceremo Sapore III a renderci Padre Urwick.
ORMONDO XXXIX – Burro fuso, hai detto?

ATTO XIV
Carceri persiane.
Padre Urwick in catene e un arbusto ardente.

ARBUSTO – Ti ho detto di no.
PADRE URWICK – Non ne posso più!
ARBUSTO – No.
PADRE URWICK – A che serve la religione se non può nemmeno spezzare queste catene?
ARBUSTO - Devi imparare a cavartela da solo.

ATTO XV
Deserto di Bramanzia.
Sapore III e Tantalio a cavallo.

SAPORE III – Ma quelli non sono Barbanzio e Luigi? Là, su quelle rocce.
TANTALIO – Che vogliano assediare Ninive approfittando della nostra assenza?
SAPORE III – Non temere, ho affidato la città a mio figlio. Comunica ai soldati che proseguiremo per quel viale laggiù, quello ricoperto di ombrose betulle e costeggiato da un torrente di birra.
TANTALIO – Mio signore, è solo un miraggio.
SAPORE III – Obbedisci!

ATTO XVI
Palazzo reale di Ninive.
Un neonato sul trono.

ATTO XVII
Accampamento dei Mirmidoni.
Barbanzio e Luigi dormono. Entra Rodoberto e versa una fiala nell’orecchio di Barbanzio.

ATTO XVIII
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX e Edgardo.

EDGARDO – Mio Signore, i Sarpédoni hanno invaso la Turingia meridionale e marciano rapidamente su Northumberland.
ORMONDO XXXIX – Che è dove siamo noi, giusto?
EDGARDO – Sì.
ORMONDO XXXIX – Richiama Barbanzio e Luigi.
EDGARDO – Barbanzio, vostro figlio, è morto.
ORMONDO XXXIX – Allora lascia perdere. Invia subito un messaggero alla roccaforte di Abbiategrasso. Massimiano il Numismatico non tarderà a venire in nostro aiuto.
EDGARDO – Sì, Signore.
ORMONDO XXXIX – Edgardo.
EDGARDO – Sì?
ORMONDO XXXIX – Ti nomino Maestro degli Uffici.

ATTO XIX
Carceri persiane.
Padre Urwick e l’arbusto ardente.

PADRE URWICK – Ascolta, facciamo così. Tu fammi uscire di qui e io ti giuro che non t’importunerò mai più.
ARBUSTO - Nemmeno quando giochi a dadi?
PADRE URWICK  – Lo giuro.

ATTO XX
Avignone, Palazzo dei Papi.

ANTIPAPA – Ho un brutto presentimento.

ATTO XXI
Campagne della Turingia.
Satràn Rudànta coi suoi uomini.

SATRÀN RUDÀNTA – Avanti, valorosi soldati! Non dubitate della vittoria e, ottenuta quella, non dubitate di una generosa ricompensa! Siate arditi e spavaldi giacché il giorno del Grande Ripostiglio è vicino!

I soldati prorompono in un orrendo grido di guerra.

ATTO XXII
Mura di Antiochia.
Sferragliare di spade, grida di guerra, scalpitii equini.

SAPORE III – E questo lo chiamate un assedio? Forza, soldati, mostrate di che crudeltà siete capaci! Antiochia sarà nostra prima di cena!

ATTO XXIII
Roccaforte di Abbiategrasso.

MASSIMIANO – Ah ah ah!

ATTO XXIV
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX e Edgardo.

EDGARDO – Mio Signore, la lettera di Massimiano dice solo “Ah ah ah!”.
ORMONDO XXXIX – E così sia. Faremo quello che avremmo dovuto fare già da molto tempo: portami le armi, Edgardo, l’alabarda d’oro e l’elmo dal ricco cimiero. Abbatteremo noi stessi le orrende schiere dei Sarpédoni! Noi due soli, Edgardo, come ai bei tempi.
EDGARDO – Sì, mio Signore.

Edgardo è in tenuta da viaggio, con trolley, berretto e occhiali da sole. Esce di corsa. Il rombo di un aereo che decolla.
Entra Rodoberto.

ORMONDO XXXIX – Tu!

Rodoberto trafigge il padre con la spada.

ORMONDO XXXIX – Ti rubi la mia vecchiaia! Ma non m’è tanto doloroso perdere questa fragile vita quanto perdere i titoli di gloria che mi strappi vincendomi così. Mi ferisce i pensieri, questa perdita, non meno che le carni la tua spada. Ma i miei pensieri, schiavi della vita, e la vita, giocattolo del tempo, ed il tempo, che abbraccia col suo occhio l’intero mondo, devono aver fine.

Muore.

ORMONDO XXXIX – Muoio.

ATTO XXV
Campo di battaglia dopo la battaglia.
Un cadavere fra tanti.

CADAVERE – Per otto anni la terra ha bevuto il sangue dei suoi figli. Ora Rodoberto ha ricacciato i Sarpédoni di Satràn Rudànta nella desolata terra di Bramanzia, Sapore III ha preso Antiochia ma ha perso Ninive, Massimiano il Numismatico ha preso Ninive ma ha perso Abbiategrasso, l’Antipapa si è trasferito da Avignone a Saint Tropez senza un motivo preciso.

ATTO XXVI
Deserto di Bramanzia.
Luigi e Padre Urwick strisciano sotto il sole.

LUIGI – Si faccia forza, signor Padre Urwick. Solo altri ventidue giorni di viaggio e ci siamo.
PADRE URWICK – Usiamo i cammelli, ti prego!
LUIGI – I cammelli? A lei piacerebbe se dei cammelli le salissero in groppa?
PADRE URWICK – Beh... sì.
LUIGI – D’accordo. Al Hakim! Selim! Venite!

Due cammelli salgono in groppa a Padre Urwick.
Entra Rodoberto.

LUIGI – Ciao Rodoberto.
RODOBERTO – Ho un regalo per te, Luigi.
LUIGI – Per me?

Rodoberto trafigge il fratello con la spada.

LUIGI – Ma io non ti ho regalato niente!

Muore.

ATTO XXVII
Reggia di Northumberland.
Rodoberto sul trono, Edgardo gli pettina la barba.

EDGARDO – Ormai non v’è più spada di ribelle snudata, e ovunque sopra il vostro regno la pace innalza il suo ramo d’ulivo.
RODOBERTO – Un regno durevole.
EDGARDO – È la speranza di tutti i Mirmidoni.
RODOBERTO – È molto più di una speranza, Edgardo. Me l’hanno profetato le ombre della Foresta Nera: “Non devi temere fintanto che non vedrai una fioriera vuota a cavallo di un cinghiale albino dare lezioni di ricamo a tutto l’esercito di Cornovaglia”.  

Ridono sfrenatamente.

EDGARDO – Brindiamo!
RODOBERTO – All’inizio di un lungo e prosperoso regno!
EDGARDO – Che Dio vi conservi, mio Signore!

Bevono.
Entra una staffetta.

STAFFETTA – Mio grazioso Signore, dovrei dirti di qualcosa che giuro d’aver visto, ma non so come dirlo.
RODOBERTO - Fammi indovinare, si tratta di una fioriera, vero?