INTRODUZIONE A UN USO CONSAPEVOLE E APPROPRIATO DELL’ESPRESSIONE “SCRIVERE BENE” (APPLICAZIONI)

Come detto prima, un libro è “scritto bene” se “dice qualcosa in modo coinvolgente”, cioè se “fa vedere qualcosa nel modo in cui quella cosa è vista dalla persona che la fa vedere, mettendo il lettore nello stato d’animo adatto per vedere dal punto di vista di chi scrive quello che chi scrive vuole far vedere”. Grazie a questa interpretazione (o “interpetrazione”, come si dirà fra qualche anno) è ora possibile spiegare razionalmente alcuni fenomeni che altrimenti sarebbero destinati a rimanere nel novero di quei misteri insondabili sui quali da sempre l’umanità s’interroga.

I
LE PERSONE CHE DICONO DI SCRIVERE SOLO PER SÉ
Ho sentito dire che esistono certi rigidi puristi di se stessi terrorizzati dall’idea che i loro preziosi pensieri possano essere profanati da sguardi indegni, ma che, inspiegabilmente, decidono comunque di fissarli su carta, file o qualsiasi altro supporto mondano, rendendoli così pericolosamente visibili.
Se scrivere è dire, scrivere solo per sé significa parlare da soli. Ogni tanto capita a tutti di farlo, per esempio quando si scambiano due chiacchiere col muro, ma scrivere un intero libro solo per se stessi non significa parlare col muro, significa uscire a cena col muro e cercare di portarselo a letto. Significa essere matti.
In realtà chi dice che non gli importa niente di essere letto non è matto, è solo bugiardo. Di solito si dice di scrivere solo per sé quando non c’è nessuno disposto a leggere.

II
I LIBRI SCRITTI MALE HANNO PIÙ SUCCESSO DEI LIBRI SCRITTI BENE
Di solito questa cosa viene spiegata dicendo che la gente è stupida, ma purtroppo la gente non è stupida. Se fosse stupida la si potrebbe facilmente convincere a trasferirsi in massa al centro della Terra e invece no, perché la gente è intelligente, come dimostra il fatto che la gente dice che la gente è stupida e la gente, si sa, ha sempre torto (e non perché sia stupida). La gente è solo molto innamorata di se stessa e questo amore supera di gran lunga le sue pur ragguardevoli doti intellettuali. Spesso un bovino sembra più saggio di un essere umano non perché sia più intelligente, ma perché si ama di meno.
Se dire è far vedere, comprendere un libro significa riuscire a vedere quello che il libro mostra. Stando alla definizione data sopra, un libro che mostra qualcosa dal punto di vista comune (qualsiasi cosa mostri: storie d’amore, rapine in banca o balene) è un libro scritto male, mentre un libro scritto bene è un libro che mostra qualcosa dal punto di vista personale di chi scrive. La gente, a causa del suo sconfinato autoamore, tende a vedere solo ciò in cui si riconosce, quindi non ciò che potrebbe stupirla, ma ciò che le somiglia. “Mi piace” significa sempre e solo “mi somiglia”, non altro. Quando una persona dice che un libro le piace, non sta dando un’informazione sul libro ma un’informazione su se stessa: se le piace Honoré de Balzac assomiglia a Honoré de Balzac, se invece le piace Giorgio Faletti vuol dire che assomiglia a Giorgio Faletti. Ora, siccome la maggior parte della gente ha opinioni comuni, desideri comuni e soprattutto punti di vista comuni, è ovvio che chi fa vedere qualcosa in modo comune ha molte più possibilità di essere apprezzato di chi fa vedere quella stessa cosa in un modo non comune. Da qui il grande successo dei libri scritti male.

III
QUANDO RILEGGI QUELLO CHE HAI APPENA SCRITTO SEMBRA SHAKESPEARE, SE LO RILEGGI DOPO UN ANNO O DUE SEMBRA MERDA
E tutto senza che il tuo giudizio su Shakespeare sia nel frattempo cambiato. Volubilità? Lunaticità? Troppi spritz a stomaco vuoto? No.
Se far vedere è far vedere mettendo chi guarda nello stato d’animo adatto per vedere quello che il libro mostra, è ovvio che, quando chi legge coincide con chi ha appena scritto, lo stato d’animo sia proprio quello adatto a emozionarsi anche alle sfumature delle virgole delle note a piè di pagina, ma questo non è certo merito del libro. Non è il libro che è chiaro e coinvolgente, ma è chi legge che è già coinvolto da quello che gli è chiaro. Poi col tempo il coinvolgimento passa e quello che una volta era chiaro si annebbia, l’autore diventa sempre più estraneo a quello che ha scritto e dopo un anno o due tende a vederlo per quello che è: perlopiù merda.
Questo è anche il motivo per cui

IV
LA MAGGIOR PARTE DEI BESTSELLER VIENE DIMENTICATA
Questi libri rispecchiano il modo comune di essere dell’epoca in cui sono stati scritti. Anche qui l’autore coincide con il lettore, solo che in questo caso l’autore non è una persona, ma un’epoca. Sono libri che non hanno bisogno di dire niente né di coinvolgere nessuno, perché chi li legge sa già tutto quello che c’è da sapere ed è già coinvolto senza doversi nemmeno emozionare, ma quando l’epoca passa e le mode cambiano, autore e lettore diventano estranei e dopo un secolo o due questi libri vengono visti per quello che sono: vedi sopra.
I libri che invece sono scritti da una persona e non da un’epoca possono essere compresi (o non compresi) indipendentemente dal tempo e dal posto in cui sono stati scritti, cioè possono essere apprezzati (o disprezzati) anche quando le mode saranno cambiate e diversi modi di essere comuni avranno preso il sopravvento.
Quando il Sole diventerà una gigante rossa e brucerà tutti i romanzi di Tom Clancy e Amélie Nothomb, da qualche parte intorno a Epsilon Indi qualcuno starà leggendo l’Orlando Furioso.