NOBEL DI CIOCCOLATO

Ammettere di avere torto è uno dei fenomeni più rari dell’universo, ben più raro del decadimento del protone. In base ai miei studi condotti sugli animali, ho scoperto che in media una persona ammette di avere torto una volta ogni 1039 anni, il che significa che al momento nell’universo ci sono circa 10-28 persone che hanno ammesso di avere torto, cioè grosso modo un protone.
Una volta ero lì lì per scoprirne una tutta intera. Sarebbe stata la scoperta del secolo, anche se, devo ammetterlo, una scoperta del tutto casuale visto che io stavo solo cercando le sigarette, che è un po’ la stessa cosa che è successa a Jocelyn Bell quando ha scoperto le pulsar, anche lei stava cercando le sigarette.
Ero per strada in cerca di un tabaccaio, ma purtroppo era domenica sera e la domenica sera, si sa, le città sono vuote e senza vita come un promotore finanziario. Appoggio l’orecchio sul marciapiede, ma niente: nessuna mandria di tabaccai nei paraggi. Questa è una cosa che non ho mai capito: se c’è tutto questo odio per i fumatori, perché non li si lascia fumare come e quando vogliono così muoiono tutti? Nelle città dovrebbe esserci un tabaccaio a ogni angolo, i pacchetti di sigarette dovrebbero regalarteli e si dovrebbe poter fumare anche dentro il casco, invece no, la gente odia i fumatori e, contemporaneamente, fa di tutto per non farli fumare. È una cosa che mi sconcerta. Quando finalmente capirò il funzionamento del cervello umano forse tutto questo mi sembrerà logico e naturale, ma fino a quel momento io rivendico il mio diritto di essere sconcertato. Io sono permanentemente sconcertato, il mio sconcerto non passa né diminuisce, lo porto sempre in faccia come un paio d’occhiali, solo che non me lo posso togliere quando vado a letto. A volte c’è qualcuno che mi si avvicina e mi chiede se per caso mi sento male, no signora, rispondo, sono solo sconcertato.
Mentre penso a tutte queste cose, a poca distanza da me si produce uno stranissimo fenomeno acustico e subito vengo investito dalla seguente bizzarra sequenza di suoni: “ho torto”. Ovviamente il mio corpo cerca di opporre resistenza a una simile assurdità: le mie orecchie si ripiegano su se stesse come due ravioli al vapore e dentro di me parte il conto alla rovescia per l’autodistruzione. Mi scusi, si sente male? Mi chiede una signora. No, rispondo, non vede che sono sconcertato? E le indico la fronte aggrottata.
A quanto pare nessuno sembra essersi accorto di niente. È incredibile come la gente non faccia mai caso a niente, potresti spararla in orbita intorno al Sole a centomila chilometri all’ora e non si accorgerebbe di niente. Mi dirigo piano piano verso una finestra aperta sulla strada, cioè quello che sembrava essere l’epicentro sonoro del fenomeno, e sbircio dentro: non c’è nessuno, a parte un pappagallo in gabbia che fa: «Hooo... TORTO! Hooo... TORTO! Hooo... TORTO!». Persino le bestie ogni tanto lo ammettono.


Ciao, uccello.

COLPA MIA!

Sei solo?

NON SO! SCUSA! SBAGLIO SPESSO!

Per caso hai una sigaretta?

NON SONO ALL’ALTEZZA!


Se questo uccello dice tutte queste cose, probabilmente le ha imparate da qualcuno, uno qualsiasi che magari adesso sarà chissà dove a godersi la propria obiettività. Ovunque sia io lo troverò, mi dico, lotterò con le unghie e coi capezzoli, ma lo troverò!
Salgo in macchina e parto subito a perlustrare sistematicamente tutte le città del mondo: Aabenraa (Danimarca), Aachen (Germania), Aalborg (Danimarca), Aalen (Germania) e così via. Alla fine lo trovo a Zywiec, in Polonia. Si chiama Luigi Sbatacchio e fa il rappresentante porta a porta di vocali. L’età è quella giusta, 1039 anni appena compiuti, e anche la faccia è quella di uno che ogni tanto si rende conto di aver detto qualche stupidaggine: ha il classico segno delle cinque dita sulla fronte. È fatta, come minimo mi daranno il Nobel, e non un Nobel qualsiasi, ma un Nobel di cioccolato con la sorpresa dentro (forse un altro Nobel). Mi avvicino a lui tranquillamente con le mani in tasca, lo saluto con un cenno del naso e, con tutta la gentilezza di cui sono capace, gli dico: hai torto! Che bella sensazione poter finalmente dire che ha torto a uno che ha torto, quasi più bello che avere ragione. Invece lui che fa? Nega. Dice che non ha mai avuto torto, che se fosse successo se ne sarebbe accorto, che non ha mai detto né pensato “ho torto” in tutta la sua vita e che il pappagallo ha solo riportato una frase estrapolata dal contesto. In realtà lui aveva detto “non ho torto”.