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RODOBERTO, DRAMMA STORICO IN VENTISETTE PICCOLI ATTI

ATTO I
Campo di battaglia dopo la battaglia.
Un soldato ferito si aggira fra i cadaveri.

SOLDATO – Sono i tempi dell’ultimo sventurato regno di Ormondo XXXIX di Northumberland, quando l’umanità, dopo centocinquant’anni di guerre, miseria e pestilenze, dovette sopportare anche la crudeltà delle orrende schiere dei Sarpédoni.

ATTO II
Campo di battaglia durante la battaglia.
Sferragliare di spade, grida di guerra, scalpitii equini.

ATTO III
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX sul trono, i figli in ginocchio. Edgardo, ministro del Re, pettina i favoriti del suo sovrano.

ORMONDO XXXIX – Ho vissuto tanto a lungo per assistere a una così disonorevole disfatta? Rodoberto! Lepidauro! Barbanzio! Luigi! Figli tanto amati quanto indegni del nome che portate, fuggite via dai miei occhi! Se si ritroverà in alcuno dei nostri territori codeste vostre carcasse di banditi, per voi sarà la morte. Via, per Giove! E non ci sarà revoca per questo!

I figli si guardano sconcertati.

EDGARDO – Mio Signore, in verità abbiamo vinto.
ORMONDO XXXIX – Sul serio?
EDGARDO – Sì, mio Signore.
ORMONDO XXXIX – Allora festeggiamo! Edgardo, ti nomino Maestro degli Uffici.
EDGARDO – Mi ritengo altamente onorato, mio Signore, ma già godo di questo prestigioso titolo.

ATTO IV
Reggia di Northumberland, notte.
Coriandoli, piatti e bicchieri ovunque. Rodoberto e i fratelli si dividono le ultime pizzette.

RODOBERTO – In fede mia, oggi il vecchio mi ha fatto paura.
BARBANZIO – L’età si fa sentire.
LEPIDAURO – Forse qualcuno dovrebbe metterlo a dormire per sempre.

Rodoberto sfodera la spada.

RODOBERTO – Lepidauro! A tal segno osi dar voce al latrato maligno della tua lingua?
LUIGI – Cioè?

Lepidauro sfodera la spada.

LEPIDAURO – L’ho detto e lo ripeto: il vecchio va accoppato!
RODOBERTO – In guardia!
LEPIDAURO – Prendi questo!
RODOBERTO – A-ah!
LEPIDAURO – Tieni!
RODOBERTO – Oh! Ah!
LEPIDAURO – Oplà.

ATTO V
Fortezza di Antiochia.
Satràn Rudànta sul trono. Entra Enobarbo e si inginocchia.

ENOBARBO – Mio nobile Signore, Rodoberto ha assassinato il fratello Lepidauro.
SATRÀN RUDÀNTA – Raduna gli uomini, presto! All’alba marceremo contro i Mirmidoni!

ATTO VI
Palazzo reale di Ninive.
Sapore III sul trono, Tantalio in ginocchio.

SAPORE III – Raduna gli uomini! È arrivato il giorno di prendere Antiochia!

ATTO VII
Roccaforte di Abbiategrasso.
Massimiano il Numismatico sul trono, Boemio in ginocchio.

MASSIMIANO – Richiama subito le legioni sul Po. Al momento buono ci uniremo ai vincitori.

ATTO VIII
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX sul trono, Edgardo in ginocchio.

ORMONDO XXXIX – Senza zucchero, grazie.

ATTO IX
Foresta nera.
Rodoberto a cavallo.

RODOBERTO – Che vedono i miei occhi? È fumo quello! Chi si azzarda a vivere negli oscuri antri della Foresta Nera, dimora di orribili fiere e pestilenze atroci? Chi o cosa siete, esecrabili ombre della notte? Parlate! È Rodoberto che ve lo comanda!

ATTO X
Avignone, Palazzo dei Papi.
L’Antipapa sul trono, Luigi e Barbanzio in ginocchio.

ANTIPAPA – Le vostre lotte intestine non mi riguardano.
BARBANZIO – Ha ucciso il fratello e vilipeso il venerando padre!
LUIGI – Il venerando padre!
BARBANZIO – Va tratto in ceppi di fronte alla Suprema Inquisizione e processato con giustizia.
LUIGI – Con giustizia!
ANTIPAPA – A una condizione.
BARBANZIO – Parla, ti ascoltiamo.
LUIGI – Ti amo!
ANTIPAPA – Liberate Padre Urwick. Da venticinque anni langue in vile e mefitica prigione, tratto colà dall’immonda mano di vostro padre.

ATTO XI
Una piana erbosa. Scrosciare di acqua sorgiva.
Satràn Rudànta e Enobarbo a cavallo.

ENOBARBO – Northumberland è ancora lontana, mio Signore. Gli uomini hanno bisogno di riposo. Accampiamoci lungo le rive di questo placido torrente, la quiete e i profumi di queste campagne ristoreranno lo spirito e le membra dei soldati.
SATRÀN RUDÀNTA – Ben detto.

Continua a cavalcare come se niente fosse.

ATTO XII
Una tetra spelonca. Nel mezzo, un calderone che bolle.
I tuoni proiettano le ombre di tre donne decrepite.
Rodoberto sorseggia del brodo.

RODOBERTO – Quindi, se ho inteso bene, succederò a mio padre Ormondo XXXIX di Northumberland, Signore dei Mirmidoni, Re di Norvegia, reggente di Francia e Bielorussia, nonché sindaco di Varese.
OMBRE – Eh eh eh!
RODOBERTO – Ma quanto durerà il mio regno? Avrò eredi? Sconfiggerò Satràn Rudànta? Che ore sono?

ATTO XIII
Reggia di Northumberland.
Edgardo lucida la corona di Ormondo XXXIX. Barbanzio e Luigi in ginocchio.

BARBANZIO – Vedete bene, mio Signore, com’è fatto e impastato costituzionalmente di tradimento, e dopo questa infamia è fuggito.
ORMONDO XXXIX – D’accordo, fate di Rodoberto quel che volete, e intanto che ci siete sterminate tutti quelli che vanno per strada in canottiera e ciabatte. Non li sopporto. A me foglio, penna e sigillo!
EDGARDO – Subito, mio Signore.
BARBANZIO – C’è un’altra soluzione, padre.
ORMONDO XXXIX – Ti ascolto.
BARBANZIO – Ci serve Padre Urwick.
ORMONDO XXXIX – Giusto, che fine ha fatto?
EDGARDO – Mio signore, lo avete venduto ai Persiani per un secchio di burro fuso.
ORMONDO XXXIX - Ah, sì?
BARBANZIO – Questo è il disegno che ho in mente, udite bene: col mezzo di argomenti persuasivi ben mescolati a mielate parole, convinceremo Sapore III a renderci Padre Urwick.
ORMONDO XXXIX – Burro fuso, hai detto?

ATTO XIV
Carceri persiane.
Padre Urwick in catene e un arbusto ardente.

ARBUSTO – Ti ho detto di no.
PADRE URWICK – Non ne posso più!
ARBUSTO – No.
PADRE URWICK – A che serve la religione se non può nemmeno spezzare queste catene?
ARBUSTO - Devi imparare a cavartela da solo.

ATTO XV
Deserto di Bramanzia.
Sapore III e Tantalio a cavallo.

SAPORE III – Ma quelli non sono Barbanzio e Luigi? Là, su quelle rocce.
TANTALIO – Che vogliano assediare Ninive approfittando della nostra assenza?
SAPORE III – Non temere, ho affidato la città a mio figlio. Comunica ai soldati che proseguiremo per quel viale laggiù, quello ricoperto di ombrose betulle e costeggiato da un torrente di birra.
TANTALIO – Mio signore, è solo un miraggio.
SAPORE III – Obbedisci!

ATTO XVI
Palazzo reale di Ninive.
Un neonato sul trono.

ATTO XVII
Accampamento dei Mirmidoni.
Barbanzio e Luigi dormono. Entra Rodoberto e versa una fiala nell’orecchio di Barbanzio.

ATTO XVIII
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX e Edgardo.

EDGARDO – Mio Signore, i Sarpédoni hanno invaso la Turingia meridionale e marciano rapidamente su Northumberland.
ORMONDO XXXIX – Che è dove siamo noi, giusto?
EDGARDO – Sì.
ORMONDO XXXIX – Richiama Barbanzio e Luigi.
EDGARDO – Barbanzio, vostro figlio, è morto.
ORMONDO XXXIX – Allora lascia perdere. Invia subito un messaggero alla roccaforte di Abbiategrasso. Massimiano il Numismatico non tarderà a venire in nostro aiuto.
EDGARDO – Sì, Signore.
ORMONDO XXXIX – Edgardo.
EDGARDO – Sì?
ORMONDO XXXIX – Ti nomino Maestro degli Uffici.

ATTO XIX
Carceri persiane.
Padre Urwick e l’arbusto ardente.

PADRE URWICK – Ascolta, facciamo così. Tu fammi uscire di qui e io ti giuro che non t’importunerò mai più.
ARBUSTO - Nemmeno quando giochi a dadi?
PADRE URWICK  – Lo giuro.

ATTO XX
Avignone, Palazzo dei Papi.

ANTIPAPA – Ho un brutto presentimento.

ATTO XXI
Campagne della Turingia.
Satràn Rudànta coi suoi uomini.

SATRÀN RUDÀNTA – Avanti, valorosi soldati! Non dubitate della vittoria e, ottenuta quella, non dubitate di una generosa ricompensa! Siate arditi e spavaldi giacché il giorno del Grande Ripostiglio è vicino!

I soldati prorompono in un orrendo grido di guerra.

ATTO XXII
Mura di Antiochia.
Sferragliare di spade, grida di guerra, scalpitii equini.

SAPORE III – E questo lo chiamate un assedio? Forza, soldati, mostrate di che crudeltà siete capaci! Antiochia sarà nostra prima di cena!

ATTO XXIII
Roccaforte di Abbiategrasso.

MASSIMIANO – Ah ah ah!

ATTO XXIV
Reggia di Northumberland.
Ormondo XXXIX e Edgardo.

EDGARDO – Mio Signore, la lettera di Massimiano dice solo “Ah ah ah!”.
ORMONDO XXXIX – E così sia. Faremo quello che avremmo dovuto fare già da molto tempo: portami le armi, Edgardo, l’alabarda d’oro e l’elmo dal ricco cimiero. Abbatteremo noi stessi le orrende schiere dei Sarpédoni! Noi due soli, Edgardo, come ai bei tempi.
EDGARDO – Sì, mio Signore.

Edgardo è in tenuta da viaggio, con trolley, berretto e occhiali da sole. Esce di corsa. Il rombo di un aereo che decolla.
Entra Rodoberto.

ORMONDO XXXIX – Tu!

Rodoberto trafigge il padre con la spada.

ORMONDO XXXIX – Ti rubi la mia vecchiaia! Ma non m’è tanto doloroso perdere questa fragile vita quanto perdere i titoli di gloria che mi strappi vincendomi così. Mi ferisce i pensieri, questa perdita, non meno che le carni la tua spada. Ma i miei pensieri, schiavi della vita, e la vita, giocattolo del tempo, ed il tempo, che abbraccia col suo occhio l’intero mondo, devono aver fine.

Muore.

ORMONDO XXXIX – Muoio.

ATTO XXV
Campo di battaglia dopo la battaglia.
Un cadavere fra tanti.

CADAVERE – Per otto anni la terra ha bevuto il sangue dei suoi figli. Ora Rodoberto ha ricacciato i Sarpédoni di Satràn Rudànta nella desolata terra di Bramanzia, Sapore III ha preso Antiochia ma ha perso Ninive, Massimiano il Numismatico ha preso Ninive ma ha perso Abbiategrasso, l’Antipapa si è trasferito da Avignone a Saint Tropez senza un motivo preciso.

ATTO XXVI
Deserto di Bramanzia.
Luigi e Padre Urwick strisciano sotto il sole.

LUIGI – Si faccia forza, signor Padre Urwick. Solo altri ventidue giorni di viaggio e ci siamo.
PADRE URWICK – Usiamo i cammelli, ti prego!
LUIGI – I cammelli? A lei piacerebbe se dei cammelli le salissero in groppa?
PADRE URWICK – Beh... sì.
LUIGI – D’accordo. Al Hakim! Selim! Venite!

Due cammelli salgono in groppa a Padre Urwick.
Entra Rodoberto.

LUIGI – Ciao Rodoberto.
RODOBERTO – Ho un regalo per te, Luigi.
LUIGI – Per me?

Rodoberto trafigge il fratello con la spada.

LUIGI – Ma io non ti ho regalato niente!

Muore.

ATTO XXVII
Reggia di Northumberland.
Rodoberto sul trono, Edgardo gli pettina la barba.

EDGARDO – Ormai non v’è più spada di ribelle snudata, e ovunque sopra il vostro regno la pace innalza il suo ramo d’ulivo.
RODOBERTO – Un regno durevole.
EDGARDO – È la speranza di tutti i Mirmidoni.
RODOBERTO – È molto più di una speranza, Edgardo. Me l’hanno profetato le ombre della Foresta Nera: “Non devi temere fintanto che non vedrai una fioriera vuota a cavallo di un cinghiale albino dare lezioni di ricamo a tutto l’esercito di Cornovaglia”.  

Ridono sfrenatamente.

EDGARDO – Brindiamo!
RODOBERTO – All’inizio di un lungo e prosperoso regno!
EDGARDO – Che Dio vi conservi, mio Signore!

Bevono.
Entra una staffetta.

STAFFETTA – Mio grazioso Signore, dovrei dirti di qualcosa che giuro d’aver visto, ma non so come dirlo.
RODOBERTO - Fammi indovinare, si tratta di una fioriera, vero?

J, K

j) Un’altra cosa che andrebbe scritta nel manuale di accompagnamento del neonato è questa: non prendere mai sul serio quello che fai, ma fallo sempre seriamente. Invece la gente tende a fare il contrario.
Prendersi sul serio è una cosa molto sciocca, perché se ti prendi sul serio vuol dire che non hai ben presente la situazione e la situazione è, voglio ricordarlo:

1) L’universo è infinito.
2) Tu stai morendo.

Uno che enumera in pubblico i suoi successi personali col tono di chi ti sta annunciando al mondo le Tavole della Legge, è come un topo di laboratorio che si vanta con gli altri topi di laboratorio di essere riuscito ad aprire il rubinetto dell’acqua zuccherata.


Bravissimo! Eccezionale!

Piano, un complimento per volta.

Come ci sei riuscito?

Semplice, bisognava girarlo due volte a sinistra, una a destra, altre tre a sinistra e poi succhiare la tettarella.

Sei decisamente il più grande genio di tutta la storia della gabbietta!


Chiunque non sia un topo di laboratorio dovrebbe avere tutti i requisiti per rendersi conto, o perlomeno per far finta di rendersi conto, che tutto quello che ha fatto, fa o farà può essere importante solo da un certo punto di vista, non in assoluto, perché si dà il caso che, per quanto possa sembrare incredibile, niente è importante in assoluto. Nemmeno vincere lo scudetto. Tutto dipende dal contesto: se prendi un vecchio rincoglionito e lo metti su un seggiolone d’oro, tutti lo venerano, se lo metti in un ospizio, tutti lo compatiscono. Eppure il vecchio è sempre lo stesso, cambia solo il contesto. Il problema è che quando si tratta di se stessi è difficile vedere il contesto, e così si finisce per prendere incredibilmente sul serio tutto quello che si è o si ha, anche la marca del telefono. Il modo migliore per vedere il contesto è sempre guardare le cose da lontano. Più ci si allontana, meglio è. Dire “sono il Presidente degli Stati Uniti” fa sicuramente un certo effetto, invece dire “sono il Presidente degli Stai Uniti” è tutta un’altra cosa.


Ciao, io faccio il commesso nel reparto sanitari e sciacquoni da Leroy Merlin, e tu?

Sono il Presidente degli Stai Uniti.

E ti pagano bene?

Circa quattrocentomila dollari all’anno.

Ma i buoni pasto ce li hai?


Se guardi le cose da lontano non puoi prendere sul serio niente di quello che fai, perché qualsiasi cosa tu faccia è in fin dei conti niente.
Questo però non significa che niente abbia importanza: dire che niente è importante in assoluto, non significa dire che tutto non è importante. In assoluto una cosa non è né importante né non importante, è solo una cosa, ma se è importante per qualcuno, e si presume che lo sia almeno per chi la fa, allora questo è qualcosa, non un niente. Quindi, caro neonato, niente di quello che farai nella vita sarà così importante da giustificare un brindisi, fosse anche succhiare la più grossa tettarella dell’universo, ma se nemmeno tu che lo fai lo ritieni abbastanza importante da farlo seriamente, allora perché farlo?

k) Bevi di più e brinda di meno.