LA SOFFERENZA DEL MANZO

Non voglio prendere posizione nella storica polemica fra vegetariani e non vegetariani. Io non ce l'ho con chi mangia la carne (anch'io la mangio) e non ce l'ho con chi non la mangia (anch'io qualche volta non la mangio). Non ce l'ho nemmeno con i vegani, visto che pure io mi sono dato un certo numero di restrizioni alimentari, niente di che, per carità, quanto basta per far impazzire chiunque mi inviti a cena. Senza contare che, se non fosse per l'esistenza dei vegani, io non saprei più in che ristorante andare. Purtroppo vivo in un posto dove la gente è abituata a mettere il formaggio dappertutto: sulle verdure di ogni razza e religione, sui funghi, sul tartufo, ovunque, persino sul formaggio, e purtroppo il formaggio è proprio una delle cose che ho deciso di non mangiare (il formaggio, il plexiglas e le candele profumate). Da queste parti il formaggio non è un alimento come gli altri, una cosa da menzionare fra gli ingredienti, no, per loro è come il sale o l'olio. Di più, è come gli elettroni. Uno mica scrive sul menù "pennette con melanzane, olive nere e una spolverata di elettroni". Questo significa che non serve a niente dire che vuoi qualcosa senza formaggio, perché per loro "senza formaggio" significa "con un po' di formaggio", mentre "con un po' di formaggio" significa "con molto formaggio", e "con molto formaggio" significa letteralmente "svuotami in bocca la cazzo di formaggiera". Così, alla fine, la cosa più comoda è andare nei ristoranti vegani. Mi tocca rinunciare alla bistecca e al gelato, è vero, ma almeno mangio tranquillo. Sia chiaro, non ce l'ho nemmeno con quelli che mangiano il formaggio. Non ce l'ho coi seguaci di nessuna dieta e di certo non mi metto a giudicare le persone per quello che mangiano. Io ce l'ho con chi ha scritto questo articolo qui.
Per chi non avesse voglia di leggerlo, in sintesi dice: quando mangi una bistecca pensa a quanta sofferenza ti metti in bocca: la sofferenza dei lavoratori sfruttati, la sofferenza dei manzi macellati.
A parte il fastidio di uno che ti dice "sei libero di mangiare quello che vuoi, ma sappi almeno che sei uno stronzo" e a parte anche il milione di cose che ci sarebbe da precisare sul concetto di "sofferenza", vorrei soffermarmi su un dettaglio che mi ha lasciato di sasso, e non dico un sasso qualsiasi, ma un sasso a forma di faccia incredula: vedere nello stesso computo sofferenza umana e sofferenza bovina.
Uomini e manzi sono usati nella stessa argomentazione senza nessun distinguo, nessuna precisazione, niente di niente, come se la sofferenza di un essere umano fosse sommabile a quella di un manzo. Di solito si dice "sommare le mele con le pere", ecco, in questo caso è come sommare le mele con i freni a disco.  Se hai un uomo che soffre e un manzo che soffre non hai due sofferenze, e nemmeno una sofferenza e mezzo o una sofferenza virgola zero uno, no, hai un uomo che soffre e un manzo che soffre. Con questo non voglio dire che sia una bella cosa far soffrire un manzo o anche solo prenderlo per il culo, dico solo che gli uomini non sono manzi, come dimostra il fatto che nessuno uscirebbe mai a cena con un manzo. Cioè, in realtà sì, ma non in quel senso. E gli uomini non sono nemmeno maiali, cavalli o polli, per quanto a volte si sforzino di sembrarlo, esattamente come le piante non sono animali e gli embrioni non sono bambini. Questo vuol dire che dobbiamo dare fuoco alle foreste o cucinare gli embrioni a pranzo? No, vuol solo dire che le cose diverse, essendo diverse, vanno trattate diversamente. Sempre nel miglior modo possibile, ma diversamente. 
Se si trattano gli animali come uomini, poi è un attimo trattare gli uomini come animali.