L'ANSIMATORE

Siccome ormai ho quell'età in cui bisogna iniziare a combattere il declino fisico, ho deciso di iscrivermi in palestra. In realtà non so se serve, ma almeno mi dà l'impressione di stare facendo qualcosa. È come con la fame nel mondo: compri le banane alternative che costano il triplo e poi ti senti a posto con la coscienza.
La palestra è un mondo strano, per qualche motivo le persone sono tutte vestite con colori catarifrangenti, ma senza triangolo segnaletico, e spesso hanno l'abitudine di rimanere ipnotizzate davanti alla propria immagine allo specchio, come i conigli con i fari delle macchine: non si capisce se sono attratti o spaventati. C'è quello che vuole dimagrire, quello che vuole chiacchierare, quello che vuole sconfiggere l'umanità col solo odore delle ascelle, e così via, ma per me il personaggio più curioso di tutti è l'ansimatore. 
Di sesso prevalentemente maschile, questo frequentatore di palestre si distingue dagli altri per il fatto che quando si allena, appunto, ansima. Ma non ansima come uno che ansima (quello tutti), ma come uno che viene sodomizzato da King Kong, non fa "ans... ans...", ma fa "mmmuaaaAAANS!!!" e quando finisce l'esercizio si guarda intorno tutto soddisfatto molleggiandosi sulle ginocchia, come se si aspettasse di essere applaudito. Un giorno, giuro, lo applaudo. Lo applaudo e gli dico "ti sto applaudendo in segno di scherno".
Per chi non avesse mai visto un ansimatore, è fatto così


ma senza muscoli.
L'ansimatore è convinto di essere molto più grosso di quello che in realtà è, per questo motivo si aggira per la palestra al rallentatore, come se si stesse trascinando dietro chili e chili di muscoli: tiene le braccia il più possibile staccate dal corpo, aggira gli ostacoli tenendosi a una distanza di sicurezza di circa 2,5 Schwarzenegger e ogni suo minimo movimento è fatto sempre con estrema cautela, come se avesse paura di abbattere i muri con una semplice gomitata. Questa sopravvalutazione della propria energumenicità lo porta a fare gli esercizi col doppio dei pesi che è in grado di sollevare, con i tristi risultati che si possono immaginare: non sembra uno che si allena, sembra uno con un malore. Naturalmente nessun istruttore può permettersi di correggerlo, l'ansimatore sa tutto: classifica i pettorali in alti, bassi, posteriori, anteriori e, credo, nasali, è convinto che l'acqua senza integratori sia veleno e segue una ferrea dieta Paleolitica, visto che in quella mitica età dell'oro gli uomini vivevano sulla Terra sani e muscolosi senza mangiare tutte le schifezze che ci sono ora (fargli notare che nel paleolitico si praticava il cannibalismo può non essere un'idea brillante).
Non parla volentieri, ma quando parla i suoi argomenti sono i seguenti:

• donne.

Ecco un esempio di dialogo fra due ansimatori:


Ciao, Frank. Ieri sera ho fatto uso di una donna.

Complimenti, James!

Grazie.

E com'era?

Morbida, profumata, tre fori.

Tre fori!?

Almeno.


Purtroppo le performance dell'ansimatore non si esauriscono nell'allenamento, ma proseguono anche nello spogliatoio, e questa è la parte più spiacevole della cosa. Per esempio la settimana scorsa, mentre ero seduto ad allacciarmi le scarpe, sento lo sportello della doccia che si apre "mmmuaaaAAANS!!!". È lui, senza accappatoio né niente, tutto fiero della propria nudità come un artista della propria opera (un'opera col pene). In genere, quando uno esce dalla doccia, si dà un'asciugata, si mette le mutande o qualsiasi altra cosa adibita a coprirsi le vergogne e poi, e sottolineo "poi", si dirige verso i fon per asciugarsi i capelli, ma lui no, lui prima di ogni cosa si deve asciugare i capelli e così, tutto nudo e sgocciolante, inizia a deambulare per lo spogliatoio. Io cerco di allacciarmi le scarpe il più in fretta possibile, ma ottengo solo il risultato di aggrovigliarmi come in una rete da pesca (grazie mamma! Questo è il risultato di avermi vestito e pettinato fino in terza media!). I fon sono tutti liberi, ci siamo solo io e lui in tutto lo spogliatoio, ma lui dove decide di andarsi a piazzare? Esatto.
Non ho il coraggio di girarmi, ma percepisco distintamente la presenza di un pene a pochi centimetri dal mio orecchio. "Grazie" vorrei dirgli, "molto carino, ma ne ho uno simile anch'io". Invece faccio finta di niente, sistemo le stringhe in un qualche modo e me ne vado. Capisco andare fieri del proprio corpo, può succedere, ma cosa ti fa pensare che mi faccia piacere contarti uno per uno i peli pubici?
So che quello che sto per dire potrà sembrare incredibile, è talmente incredibile che mi viene quasi il dubbio di essermelo immaginato, ma poco prima di chiudere la porta sono sicuro di averlo sentito parlare col suo pene. O forse viceversa.

POLLI E CHEF

Io non sono esattamente un filantropo. Sono una persona educata e paziente, ma faccio fatica a interessarmi ai problemi altrui, non vado matto per animali e bambini (per me sono solo un problema igienico) e, se faccio un favore a qualcuno, lo faccio solo perché mi sono incaponito nel voler essere quel tipo di persona che fa i favori, ma non li faccio con la gioia nel cuor. Certo, non mi piace vedere la gente che soffre, ma se capita mi limito a cambiare canale. Quindi, in estrema sintesi, non sono un filantropo e men che meno un cosiddetto buonista, ciononostante, se c’è una cosa che mi dà fastidio, è tutta questa dilagante avversione per gli stranieri. Non tanto per motivi etici, chi se ne frega dell’etica? L’etica è solo un trucco per fare del male agli altri continuando a sentirsi buoni. È una questione di logica: che differenza fa se il tuo vicino di casa è bianco, nero o verde? Per caso devi abbinarlo al divano? Giudicare una persona per le sue azioni o le sue idee è logico, giudicarla per come è colorata, pettinata o vestita è illogico, incredibilmente e fastidiosamente illogico. Infatti la gente non odia gli stranieri perché convinta che siano dei delinquenti, ma si convince che siano dei delinquenti perché li odia. Prima viene l’odio, poi tutto il resto. Se così non fosse non si spiegherebbe la gioia sfrenata con cui accoglie ogni notizia di cronaca nera quando il colpevole è uno straniero, è la gioia di chi riceve il via libera per odiare da Dio in persona.


Non sei tu che sei un razzista, figliolo, sono loro che sono dei delinquenti.

Grazie, Dio! Lo sapevo!

Odia più che puoi, l’etica è dalla tua parte.

Posso odiare anche i vigili urbani?

Certo, hanno ucciso Carlo Giuliani.


Primo Levi, che era uno che se ne intendeva di queste cose, diceva che l’odio razziale è una cosa che viene spontanea anche ai polli.

L'avversione contro gli ebrei, impropriamente detta antisemitismo, è un caso particolare di un fenomeno più vasto, e cioè dell'avversione contro chi è diverso da noi. È indubbio che si tratti, in origine, di un fatto zoologico: gli animali di una stessa specie, ma appartenenti a gruppi diversi, manifestano fra loro fenomeni di intolleranza. Questo avviene anche fra gli animali domestici: è noto che una gallina di un certo pollaio, se viene introdotta in un altro, è respinta a beccate per vari giorni.

Ecco perché le pulizie etniche non passano mai di moda, come i jeans. Eppure gli esseri umani non sono polli. La cosa che mi inebria di fastidio è: perché uno con un cervello così


si comporta come se avesse un cervello così?


Per tentare di capire, ho cercato di mettermi nei panni dei razzisti, cioè ho sostituito mentalmente gli stranieri con una categoria di persone che io disprezzo e che, se dipendesse da me, resterebbe rinchiusa a vita negli istituti alberghieri: gli chef.
Cosa proverei io se ogni anno arrivassero in Italia migliaia di tizi così?


Migliaia di narcisisti vestiti come la parodia di un cuoco della Disney, tutti convinti di essere grandi artisti, delle specie di Michelangelo dei fornelli, con la piccola differenza che le opere di Michelangelo durano secoli, mentre le opere di uno chef durano il tempo di andare in bagno. Come reagirei se nei tg vedessi barconi carichi di chef sbarcare sulle coste italiane? Uomini, donne, bambini, tutti chef, tutti vogliosi di farti provare i loro audaci abbinamenti culinari, cioè più o meno gli abbinamenti che faccio io quando ceno con quello che mi è rimasto in frigo: pizzoccheri con tonno, cetriolini e maionese, solo che io non chiamo questa roba “tagliatelle di grano saraceno con tonno cilindrico, cetrioli mignon rifiniti all’aceto e ricordo di uova”. Questa gente è riuscita a far credere ai poveri che, se buttano via mezzo stipendio per mangiare cose a caso descritte in modo eufemistico, allora possono provare l’emozione di sentirsi ricchi per una sera. Peccato che un ricco non si farebbe mai fregare in questo modo, altrimenti non sarebbe diventato ricco.
Ecco, se esistesse un populista che mi promettesse di espellere dall’Italia tutti gli chef o, che so, di potergli sparare se mi entrano in cucina, io dovrei fare davvero uno sforzo enorme per non andarlo a votare, ma alla fine penso che resisterei. In fondo preferisco seguire la logica invece che i polli.

IL TRASLOCO


ORECCHIE

Sono felice di annunciare che giovedì 18 maggio questo blog compirà 6 anni, 11 mesi e 13 giorni. Buon qualcosaversario, blog! È un traguardo importante, anche perché 6 più 11 più 13 fa 30, che è un numero interessante.
Per festeggiare l’evento, giovedì uscirà al cinema Orecchie, di cui ho scritto il soggetto (il trailer qui). Chi segue questo blog fin dalle origini potrà anche riconoscere nel film alcuni vecchi post che sono diventati finzione. Chi indovina quali sono riceverà in premio il mio personale permesso di bere un’altra birra quando tutto fa pensare che sarebbe meglio andare a dormire.
Lo so, sono molto generoso.


IL MAGO DEL SINAI

Ed ecco al terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi e una densa nube avvolse la cima del monte, come dopo l'esplosione di centinaia di mortaretti: tutto il popolo accampato ai piedi del monte fu scosso da tremore, alcuni fuggirono, altri si gettarono nel Mar Rosso, altri ancora fusero un vitello d'oro e lo scongiurarono di salvarli. Allora Mosè disse al suo popolo:


Vado a vedere che succede.


Salito sul monte Sinai, trovò un povero vecchio con la barba abbrustolita. Era simile a un barbone, ma molto meno elegante.


Come ti chiami, ragazzo?

Mosè.

Mosè, io sono il Signore.

Lei?

Già.

...

Che c'è? Non mi credi?

No, no... vado a chiamare gli altri.

Fermo! Il popolo non può salire sul monte Sinai.

Perché?

Perché... mm... è troppo faticoso.

Abbiamo gli asini, Signore.

È faticoso anche per gli asini.

Ma... sono fatti apposta.

Il popolo non può salire perché il monte è sacro, ok?

Sul serio?

Sì. Fissa un limite verso il monte e dichiaralo sacro.

Sì, Signore...


Mosè scese verso il popolo e spiegò loro la situazione. Tutti furono molto delusi di non poter conoscere il Signore di persona, ma alla fine se ne fecero una ragione. Dopo di che Mosè prese un piatto di costolette d'agnello e un cartone di vino, come gli aveva ordinato il suo Signore, e tornò in cima al monte.


Ho portato la roba per il sacrificio.

Bravo, ragazzo. Come ti chiami?

Mosè. La brucio?

No, no, sei pazzo! Posa tutto sull'altare.

L’altare?

Questo qui.

È solo un mucchietto di terra, Signore.

Ricorda, Mosè, farai per me un altare di terra, non lo costruirai con pietra tagliata, né costruirai gradini.

Ma non ha senso.

Vedrai che qualcuno lo troverà. Ora prendi tavola e penna che ti detto i comandamenti.

Sì, Signore.

Primo, io sono il Signore tuo Dio, non avrai altri dei all'infuori di me.

All’infuori... di... me.

Esatto. Secondo: non nominarmi invano.

Cioè nessuno deve sapere che siete qui.

Sei un ragazzo sveglio. Come ti chiami?

Mosè.

Terzo: il sabato ricordati di portarmi da mangiare.

Agnello?

Quello che ti pare, purché non sia maiale.

Neanche la salsiccia?

Il maiale è proibito!

No, la prego! Il maiale no!

Fissa un limite verso il maiale e dichiaralo proibito.

Quarto?

Cosa?

Il quarto comandamento.

Non c'è nessun quarto comandamento.

Signore, tre comandamenti sono una barzelletta.

Gli altri inventateli tu, ora ho da fare.

Sì, Signore.

Ragazzo?

Dica.

La prossima volta porta anche le posate.

Sì, Signore.