Non è vero che non mi piacciono i bambini. Non mi piacciono i bambini coi genitori, ma i bambini da soli mi piacciono. Sono così sprovveduti e boccaloni che si può facilmente spadroneggiare in lungo e in largo con la propria superiorità intellettuale. Gli si può far credere qualsiasi cosa. All’ultimo bambino con cui sono uscito, ho fatto credere che le costolette che avevo nel piatto erano il suo gatto. Poveraccio. Ha fatto una faccia che sembrava uno spot del Telefono Azzurro. Poi, appena il mio stomaco ha rumoreggiato, gli ho detto: «senti? miagola». Si è messo a piangere.
Un bambino senza genitori non è un problema, posso gestirlo. Se mi fissa, lo fisso; se fa un’osservazione sgradevole, lo sgrido; se prova ad avvicinarsi con le sue zampette appiccicose, gli do una sberla. Tanto i bambini non si fanno male, hanno le guanciotte apposta per attutire i colpi.
I bambini sono innocui, non c’è da aver paura. Anni fa, quando facevo il cameriere alla mensa delle elementari, un bambino che si allenava per diventare gradasso mi apostrofa dicendomi che ho il naso grosso, e poi se la ride con i suoi amichetti. Non aspettavo altro, mi ero messo apposta gli occhiali piccoli per far risaltare il naso. Vado da lui senza la minima soggezione (sono passati i tempi in cui i bulli di quinta elementare mi facevano paura) e gli rovescio il risotto sul tavolo. «Guarda cos’hai fatto» gli dico, «ora lo vado a dire alla maestra». Naturalmente crolla subito: «No! Non è vero! Non sono stato io!» eccetera. Povero piccolo stronzo, non ridi più adesso, eh? Lo guardo dibattersi per un po’, poi prendo lo straccio e pulisco.
I bambini non sanno fingere, cosa che mi mette in una condizione di oggettiva superiorità. Con loro non c’è il problema di chiedersi cosa pensino veramente, quello che pensano lo dicono e quello che dicono è quello che pensano, detto esattamente nel modo in cui lo pensano. Se un bambino fa il furbo con me, posso mettermi tranquillamente al suo livello e batterlo. Ci sarà un motivo se si dice: facile come rubare le caramelle a un bambino.
Il problema sono i genitori. Se ci sono i genitori, tutto questo non è più possibile. In loro presenza bisogna mantenere il contegno che si tiene con gli adulti, anzi ci vuole un surplus di contegno, perché gli adulti, quando si tratta dei loro figli, diventano molto più guardinghi e perdono qualsiasi lucidità. I genitori non riescono a vedere i propri figli come persone, ma li vedono come piccole divinità. Piccole delicatissime divinità a cui tutto è permesso. Così, quando ci sono bambini con genitori al seguito, succede che sono loro a spadroneggiare, perché, mentre io ho le mani legate, di fronte ho dei bambini a briglia sciolta, cioè degli adulti col corpo piccolo ma molto più bastardi degli adulti.
È come partecipare a un incontro di pugilato contro un cieco. Facile, se non fosse che ci sono i suoi genitori che ti tengono fermo.
Un bambino senza genitori non è un problema, posso gestirlo. Se mi fissa, lo fisso; se fa un’osservazione sgradevole, lo sgrido; se prova ad avvicinarsi con le sue zampette appiccicose, gli do una sberla. Tanto i bambini non si fanno male, hanno le guanciotte apposta per attutire i colpi.
I bambini sono innocui, non c’è da aver paura. Anni fa, quando facevo il cameriere alla mensa delle elementari, un bambino che si allenava per diventare gradasso mi apostrofa dicendomi che ho il naso grosso, e poi se la ride con i suoi amichetti. Non aspettavo altro, mi ero messo apposta gli occhiali piccoli per far risaltare il naso. Vado da lui senza la minima soggezione (sono passati i tempi in cui i bulli di quinta elementare mi facevano paura) e gli rovescio il risotto sul tavolo. «Guarda cos’hai fatto» gli dico, «ora lo vado a dire alla maestra». Naturalmente crolla subito: «No! Non è vero! Non sono stato io!» eccetera. Povero piccolo stronzo, non ridi più adesso, eh? Lo guardo dibattersi per un po’, poi prendo lo straccio e pulisco.
I bambini non sanno fingere, cosa che mi mette in una condizione di oggettiva superiorità. Con loro non c’è il problema di chiedersi cosa pensino veramente, quello che pensano lo dicono e quello che dicono è quello che pensano, detto esattamente nel modo in cui lo pensano. Se un bambino fa il furbo con me, posso mettermi tranquillamente al suo livello e batterlo. Ci sarà un motivo se si dice: facile come rubare le caramelle a un bambino.
Il problema sono i genitori. Se ci sono i genitori, tutto questo non è più possibile. In loro presenza bisogna mantenere il contegno che si tiene con gli adulti, anzi ci vuole un surplus di contegno, perché gli adulti, quando si tratta dei loro figli, diventano molto più guardinghi e perdono qualsiasi lucidità. I genitori non riescono a vedere i propri figli come persone, ma li vedono come piccole divinità. Piccole delicatissime divinità a cui tutto è permesso. Così, quando ci sono bambini con genitori al seguito, succede che sono loro a spadroneggiare, perché, mentre io ho le mani legate, di fronte ho dei bambini a briglia sciolta, cioè degli adulti col corpo piccolo ma molto più bastardi degli adulti.
È come partecipare a un incontro di pugilato contro un cieco. Facile, se non fosse che ci sono i suoi genitori che ti tengono fermo.