LA BUCA DELL’AMORE (3)
3. LA BUCA
Ognuno alla nascita precipita sulla superficie di un pianeta freddo e inospitale, in mezzo a cataclismi, malattie e orrende bestie in giacca e cravatta, e appena tocca terra, come un meteorite proveniente dalle regioni transnettuniane, scava attorno a sé un enorme cratere e va a conficcarsi sottoterra, dove rimarrà per sempre, completamente all’oscuro di tutto quello che c’è fuori, ma almeno protetto dalle confortevoli pareti della sua buca e riscaldato dal grande amore che prova per se stesso. In realtà i meteoriti spesso si disintegrano e, per quello che se ne sa, non hanno una grande stima di sé, ma per il resto fanno esattamente questo: buche. Le buche delle persone hanno tutte lo stesso diametro, ma profondità diverse: alcune sono poco più profonde di un fosso, la maggior parte sono voragini di cui si fatica a vedere il fondo, altre scendono fino al centro della Terra. Tutti passano la vita a cercare di uscire dalle loro buche, e tutti, indipendentemente da quanto facile o difficile sia la risalita, non ci riescono. Nessuno esce dalla sua buca, nemmeno quelli che dicono di esserci riusciti. Anzi, quelli che dicono di esserci riusciti sono proprio quelli più in fondo di tutti, con la testa sepolta nella terra e le gambe per aria che girano a vuoto, perché solo chi si è completamente perso e non ha nessuna idea di dov’è può dire una cosa del genere.
La buca è l’amore che uno prova per sé. Più questo amore è grande più la buca è profonda. Più la buca è profonda più la salita è ripida e faticosa. Prima però di spiegare per bene com’è fatta questa buca, voglio definire il significato di alcune parole che userò in seguito. Non è detto che queste definizioni siano proprio quelle ufficiali approvate dall’associazione mondiale dei curatori di dizionari riuniti, anzi probabilmente non lo sono, ma sicuramente sono le definizioni che servono a me, non all’associazione di cui sopra, per rendere il più possibile comprensibile quello che io voglio dire, giusto o sbagliato che sia. Quello che mi interessa è il discorso, non le parole, e quello che mi interessa del discorso è spiegarlo, non convincere. In teoria potremmo anche metterci d’accordo di ridefinire tutte le parole del mondo e parlare così: nocche di pancetta Roberta vaporetto menestrello avvicendarsi, solo che ci vorrebbe molto tempo per dare tutte le definizioni, e purtroppo il tempo è proprio quello che manca. Come sai, stiamo morendo.
Intelligenza: capacità di raggiungere un dato obiettivo a prescindere da qualsiasi fattore culturale, caratteriale o accidentale. In pratica è l’insieme delle prestazioni di un cervello provato su banco: rapidità, potenza, consumo, eccetera.
Saggezza: il raggiungere obiettivi saggi.
Obiettivo saggio: obiettivo che porta chi lo raggiunge, ma un po’ anche chi non lo raggiunge, a staccarsi da sé e ad assumere un punto di vista più universale.
Un errore che si fa spesso è confondere la saggezza con l’altruismo, ma saggezza e altruismo sono due cose diverse. Forse collegate, è probabile, ma pur sempre diverse. Anche naso e orecchie sono collegati dalla tromba di Eustachio, eppure nessuno si metterebbe mai gli auricolari nel naso. L’altruismo è l’opposto dell’egoismo, mentre la saggezza è l’opposto dell’egotismo. Qui non si parlerà mai di altruismo, te lo prometto.
Orgoglio personale: la quantità di amor proprio che uno soddisfa nel raggiungere un certo obiettivo.
Amor proprio: lo sai bene.
(Parte successiva | Inizio)
Ognuno alla nascita precipita sulla superficie di un pianeta freddo e inospitale, in mezzo a cataclismi, malattie e orrende bestie in giacca e cravatta, e appena tocca terra, come un meteorite proveniente dalle regioni transnettuniane, scava attorno a sé un enorme cratere e va a conficcarsi sottoterra, dove rimarrà per sempre, completamente all’oscuro di tutto quello che c’è fuori, ma almeno protetto dalle confortevoli pareti della sua buca e riscaldato dal grande amore che prova per se stesso. In realtà i meteoriti spesso si disintegrano e, per quello che se ne sa, non hanno una grande stima di sé, ma per il resto fanno esattamente questo: buche. Le buche delle persone hanno tutte lo stesso diametro, ma profondità diverse: alcune sono poco più profonde di un fosso, la maggior parte sono voragini di cui si fatica a vedere il fondo, altre scendono fino al centro della Terra. Tutti passano la vita a cercare di uscire dalle loro buche, e tutti, indipendentemente da quanto facile o difficile sia la risalita, non ci riescono. Nessuno esce dalla sua buca, nemmeno quelli che dicono di esserci riusciti. Anzi, quelli che dicono di esserci riusciti sono proprio quelli più in fondo di tutti, con la testa sepolta nella terra e le gambe per aria che girano a vuoto, perché solo chi si è completamente perso e non ha nessuna idea di dov’è può dire una cosa del genere.
La buca è l’amore che uno prova per sé. Più questo amore è grande più la buca è profonda. Più la buca è profonda più la salita è ripida e faticosa. Prima però di spiegare per bene com’è fatta questa buca, voglio definire il significato di alcune parole che userò in seguito. Non è detto che queste definizioni siano proprio quelle ufficiali approvate dall’associazione mondiale dei curatori di dizionari riuniti, anzi probabilmente non lo sono, ma sicuramente sono le definizioni che servono a me, non all’associazione di cui sopra, per rendere il più possibile comprensibile quello che io voglio dire, giusto o sbagliato che sia. Quello che mi interessa è il discorso, non le parole, e quello che mi interessa del discorso è spiegarlo, non convincere. In teoria potremmo anche metterci d’accordo di ridefinire tutte le parole del mondo e parlare così: nocche di pancetta Roberta vaporetto menestrello avvicendarsi, solo che ci vorrebbe molto tempo per dare tutte le definizioni, e purtroppo il tempo è proprio quello che manca. Come sai, stiamo morendo.
Intelligenza: capacità di raggiungere un dato obiettivo a prescindere da qualsiasi fattore culturale, caratteriale o accidentale. In pratica è l’insieme delle prestazioni di un cervello provato su banco: rapidità, potenza, consumo, eccetera.
Saggezza: il raggiungere obiettivi saggi.
Obiettivo saggio: obiettivo che porta chi lo raggiunge, ma un po’ anche chi non lo raggiunge, a staccarsi da sé e ad assumere un punto di vista più universale.
Un errore che si fa spesso è confondere la saggezza con l’altruismo, ma saggezza e altruismo sono due cose diverse. Forse collegate, è probabile, ma pur sempre diverse. Anche naso e orecchie sono collegati dalla tromba di Eustachio, eppure nessuno si metterebbe mai gli auricolari nel naso. L’altruismo è l’opposto dell’egoismo, mentre la saggezza è l’opposto dell’egotismo. Qui non si parlerà mai di altruismo, te lo prometto.
Orgoglio personale: la quantità di amor proprio che uno soddisfa nel raggiungere un certo obiettivo.
Amor proprio: lo sai bene.
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LA BUCA DELL’AMORE (0, 1 E 2)
Ciao.
Non so da quanto tempo sei su questo pianeta, ma sono sicuro che nemmeno a te è sfuggita una cosa straordinaria, anzi, senza voler esagerare, una cosa molto più che straordinaria. Una cosa straordinaria è tale sempre in rapporto a qualcosa di ordinario da cui si distingue, per esempio una mano con sei dita, una cane che miagola o un critico cinematografico competente, quindi la sua straordinarietà ha sempre in sé qualcosa dell’ordinario cui rimanda, così, in fin dei conti, lo straordinario è solo l’ordinario con qualche dettaglio diverso. Invece la cosa che dico io non ha niente di ordinario, anche se succede tutti i giorni, dappertutto, miliardi di volte. In pratica è la cosa più comune del mondo, solo che ogni volta che succede per me è come se fosse sempre la prima volta. Di più, è come se fosse la volta prima della prima volta, molto prima. Io non sono uno difficile, mi abituo praticamente a tutto: mi sono abituato allo spam telefonico, ai “pò” sui giornali, alle suonerie al cinema, mi sono persino abituato a quelli che si leccano vicendevolmente la lingua in mezzo alla strada, però a questa cosa non mi sono mai abituato, ed è un peccato. Non è piacevole vivere perennemente stupiti: non si può pensare ad altro, non si può chiacchierare senza gocce, non si può nemmeno smettere di sgranare gli occhi, problema non da poco, soprattutto in bicicletta, ed è molto probabile che tutto questo stupore non mi passerà mai, nemmeno adesso che questa cosa penso di averla capita.
Le poche parole che seguono (per la precisione 20000 parole, 29 figure e 176 formule), sono le parole con cui ora provo a dirti quello che ho capito. 20000 parole possono sembrare tante, ma ti assicuro che non è così. Sono tante se si vuole spiegare qualcosa di comunemente straordinario, ma sono ancora poche per qualcosa di così straordinariamente comune.
1. LA COSA
Gli esseri umani, le creature più intelligenti del mondo a detta di tutti, o almeno a detta di tutti gli esseri umani, si comportano spesso in modo stupido, e non è raro vedere persone molto intelligenti comportarsi in modo così stupido da far vergognare anche una bestia.
Ecco, questa è “la cosa”, cioè quella cosa che tutti vedono ma, per qualche motivo, nessuno sembra notare, come dimostra il fatto che non esiste nemmeno una parola per esprimerla. Io se fossi un dizionario la chiamerei “sapiente amnesia”: “sapiente” perché appartiene alla specie sedicente sapiens, “amnesia” perché è quella predisposizione così tipicamente umana che consente a un essere umano di dimenticarsi di essere umano. Ogni esempio a questo proposito è superfluo, ma non sarà certo il superfluo a fermarmi.
2. PER ESEMPIO
Un tipico caso di sapiente amnesia è quel genere di tifoso calcistico chiamato “ultrà”.
Non so da quanto tempo sei su questo pianeta, ma sono sicuro che nemmeno a te è sfuggita una cosa straordinaria, anzi, senza voler esagerare, una cosa molto più che straordinaria. Una cosa straordinaria è tale sempre in rapporto a qualcosa di ordinario da cui si distingue, per esempio una mano con sei dita, una cane che miagola o un critico cinematografico competente, quindi la sua straordinarietà ha sempre in sé qualcosa dell’ordinario cui rimanda, così, in fin dei conti, lo straordinario è solo l’ordinario con qualche dettaglio diverso. Invece la cosa che dico io non ha niente di ordinario, anche se succede tutti i giorni, dappertutto, miliardi di volte. In pratica è la cosa più comune del mondo, solo che ogni volta che succede per me è come se fosse sempre la prima volta. Di più, è come se fosse la volta prima della prima volta, molto prima. Io non sono uno difficile, mi abituo praticamente a tutto: mi sono abituato allo spam telefonico, ai “pò” sui giornali, alle suonerie al cinema, mi sono persino abituato a quelli che si leccano vicendevolmente la lingua in mezzo alla strada, però a questa cosa non mi sono mai abituato, ed è un peccato. Non è piacevole vivere perennemente stupiti: non si può pensare ad altro, non si può chiacchierare senza gocce, non si può nemmeno smettere di sgranare gli occhi, problema non da poco, soprattutto in bicicletta, ed è molto probabile che tutto questo stupore non mi passerà mai, nemmeno adesso che questa cosa penso di averla capita.
Le poche parole che seguono (per la precisione 20000 parole, 29 figure e 176 formule), sono le parole con cui ora provo a dirti quello che ho capito. 20000 parole possono sembrare tante, ma ti assicuro che non è così. Sono tante se si vuole spiegare qualcosa di comunemente straordinario, ma sono ancora poche per qualcosa di così straordinariamente comune.
1. LA COSA
Gli esseri umani, le creature più intelligenti del mondo a detta di tutti, o almeno a detta di tutti gli esseri umani, si comportano spesso in modo stupido, e non è raro vedere persone molto intelligenti comportarsi in modo così stupido da far vergognare anche una bestia.
Ecco, questa è “la cosa”, cioè quella cosa che tutti vedono ma, per qualche motivo, nessuno sembra notare, come dimostra il fatto che non esiste nemmeno una parola per esprimerla. Io se fossi un dizionario la chiamerei “sapiente amnesia”: “sapiente” perché appartiene alla specie sedicente sapiens, “amnesia” perché è quella predisposizione così tipicamente umana che consente a un essere umano di dimenticarsi di essere umano. Ogni esempio a questo proposito è superfluo, ma non sarà certo il superfluo a fermarmi.
2. PER ESEMPIO
Un tipico caso di sapiente amnesia è quel genere di tifoso calcistico chiamato “ultrà”.
Qui sopra se ne può vedere uno come tanti nell’atto di sventolare la bandiera della sua squadra del cuore (per comodità, d’ora in avanti: Luigi). Può sembrare ridicolo, è vero, ma questo sventolio non è di per sé in contrasto con l’avere un cervello di classe sapiens sapiens correttamente installato nell’opportuna sede cranica. È solo un modo di condividere con gli altri la propria fede, forse un modo goffo, ma di certo non stupido. E nemmeno l’essere agghindati coi simboli identificativi della propria squadra, come il berretto a scodella o la barba cotonata, può essere additato come un segno di quella sapiente amnesia che fa rotolare in due secondi un essere umano in fondo alla scala evolutiva, ben al di sotto del pianerottolo dei procarioti, perché uno si veste come si veste non perché è intelligente o stupido, ma per dire agli altri chi è senza dover fare la fatica di parlare. Quello che fa dubitare dell’intelligenza di Luigi non è nella foto, ma fuori.
Come si può intuire dalla sua espressione corrucciata, l’umore di Luigi non è dei migliori, così, giusto per tirarsi un po’ su di morale, ha deciso di andare con gli amici a bruciare una caserma dei carabinieri. Una a caso. Chissà perché dare fuoco ai carabinieri mette sempre tutti di buon umore. In questo caso il pretesto è vendicarsi della lentezza delle forze dell’ordine nel rimuovere uno striscione apparso durante il derby della domenica prima, uno striscione gravemente infamante della memoria di un mitico giocatore del passato tanto caro a Luigi, uno dei protagonisti dello storico scudetto del 610. Insomma le solite cose da tifosi. Quello che c’è di stupido in questo comportamento e in tutti i comportamenti simili non è tanto il voler vendicare un’offesa, quanto il vendicarsi con chi non c’entra. Vendicare un’offesa ha una sua logica: tu mi offendi, io ti ammazzo. Logico. Magari è ingiusto, odioso, sproporzionato, avventato, imprudente o altro, ma è logico. Invece vendicarsi con uno a caso di un’offesa ricevuta da un altro è stupido: tu mi offendi, io lo ammazzo? È stupido. E non stupido e basta, ma stupido come mettersi il collirio per il mal di denti, mangiare prosciutto per evitare le code in posta o riempire d’acqua il gatto per imparare il cinese. È una cosa talmente stupida da far dubitare dell’umanità di chi la compie. Fa impressione se ci si pensa: milioni di anni per salire una scala, due secondi per scenderla.
A questo punto si potrebbe dire “cosa c’è di strano? Si vede che Luigi è stupido. Mistero risolto”. Già, ma allora com’è possibile che una persona così stupida da buttare via tutta la serata per dare fuoco alle persone sbagliate sia in grado di pettinarsi la barba in quel modo? Una barba così soffice e vaporosa non è una cosa semplice. Prima di tutto bisogna passare una crema lisciante sui peli ancora bagnati, poi, dopo averli asciugati col fon, bisogna dividerli a piccole ciocche e passarli due o tre volte con la piastra, quindi si devono prendere le ciocche una per una e, con un movimento della spazzola dall’alto verso il basso, alzare tutti i peli, facendo su e giù fino a quando non diventano crespi alla base, infine si dà una sapiente spruzzata di lacca e voilà: al posto di un’anonima barba qualsiasi si ha la testa di Micheal Jackson al contrario. Certo non è una cosa da Nobel, ma di sicuro è molto, ma veramente molto più impegnativa del rendersi conto che ammazzare persone a caso non serve ai propri scopi. Anche perché, tanto per dirne una, può succedere di ammazzare tifosi della propria squadra. Quindi il mistero rimane e può essere così espresso: cosa può annebbiare così tanto l’intelligenza di Luigi da non fargli più vedere quello che invece vede benissimo quando si pettina la barba, e cioè il suo stesso interesse personale?
(Parte successiva)
Come si può intuire dalla sua espressione corrucciata, l’umore di Luigi non è dei migliori, così, giusto per tirarsi un po’ su di morale, ha deciso di andare con gli amici a bruciare una caserma dei carabinieri. Una a caso. Chissà perché dare fuoco ai carabinieri mette sempre tutti di buon umore. In questo caso il pretesto è vendicarsi della lentezza delle forze dell’ordine nel rimuovere uno striscione apparso durante il derby della domenica prima, uno striscione gravemente infamante della memoria di un mitico giocatore del passato tanto caro a Luigi, uno dei protagonisti dello storico scudetto del 610. Insomma le solite cose da tifosi. Quello che c’è di stupido in questo comportamento e in tutti i comportamenti simili non è tanto il voler vendicare un’offesa, quanto il vendicarsi con chi non c’entra. Vendicare un’offesa ha una sua logica: tu mi offendi, io ti ammazzo. Logico. Magari è ingiusto, odioso, sproporzionato, avventato, imprudente o altro, ma è logico. Invece vendicarsi con uno a caso di un’offesa ricevuta da un altro è stupido: tu mi offendi, io lo ammazzo? È stupido. E non stupido e basta, ma stupido come mettersi il collirio per il mal di denti, mangiare prosciutto per evitare le code in posta o riempire d’acqua il gatto per imparare il cinese. È una cosa talmente stupida da far dubitare dell’umanità di chi la compie. Fa impressione se ci si pensa: milioni di anni per salire una scala, due secondi per scenderla.
A questo punto si potrebbe dire “cosa c’è di strano? Si vede che Luigi è stupido. Mistero risolto”. Già, ma allora com’è possibile che una persona così stupida da buttare via tutta la serata per dare fuoco alle persone sbagliate sia in grado di pettinarsi la barba in quel modo? Una barba così soffice e vaporosa non è una cosa semplice. Prima di tutto bisogna passare una crema lisciante sui peli ancora bagnati, poi, dopo averli asciugati col fon, bisogna dividerli a piccole ciocche e passarli due o tre volte con la piastra, quindi si devono prendere le ciocche una per una e, con un movimento della spazzola dall’alto verso il basso, alzare tutti i peli, facendo su e giù fino a quando non diventano crespi alla base, infine si dà una sapiente spruzzata di lacca e voilà: al posto di un’anonima barba qualsiasi si ha la testa di Micheal Jackson al contrario. Certo non è una cosa da Nobel, ma di sicuro è molto, ma veramente molto più impegnativa del rendersi conto che ammazzare persone a caso non serve ai propri scopi. Anche perché, tanto per dirne una, può succedere di ammazzare tifosi della propria squadra. Quindi il mistero rimane e può essere così espresso: cosa può annebbiare così tanto l’intelligenza di Luigi da non fargli più vedere quello che invece vede benissimo quando si pettina la barba, e cioè il suo stesso interesse personale?
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SENZA DI TE SI STAREBBE ANCHE MEGLIO
La settimana scorsa apro la porta di casa e trovo uno che mi urla in faccia SENZA STATO SI STA BENE! Non me lo urla a voce, che sarebbe stato meglio, ma a vernice sul muro di fronte, così adesso, tutte le volte che esco di casa o guardo fuori dalla finestra, questa persona è sempre lì che mi urla SENZA STATO SI STA BENE!
Grazie dell’informazione.
SENZA STATO SI STA BENE!
Sì, credo di avere afferrato il concetto.
SENZA STATO SI STA BENE!
Perfetto.
SENZA STATO SI STA BENE!
Okay, ora ti spiacerebbe frequentare persone che trovano piacevole la tua compagnia?
SENZA STATO SI STA BENE!
Niente. Come parlare al muro.
Se questa persona fosse stata così educata da scrivere anche il suo indirizzo, avrei almeno potuto fargli notare uno dei vantaggi concreti e indiscutibili dello Stato, ammesso che la sua accezione di “Stato” sia più simile a “comunità politicamente organizzata in un territorio” che a “salsiccia alla brace”. Mi sarei comprato un bidone di vernice, un pennello, dei fogli di giornale per non sporcare per terra, e poi sarei andato davanti a casa sua e avrei scritto: SENZA STATO SARESTI MORTO. Sì, perché lo Stato non esiste solo per organizzare politicamente le persone, ma anche per proteggere queste persone da me.
Io non ho un dio a cui rendere conto di quello che faccio, non considero la vita sacra, importante o anche solo degna di nota a prescindere da quello che uno ci fa con questa vita, e non ho nessuna compassione per chi la dedica a peggiorare la mia. Certi problemi morali per me non si pongono.
1891, hai di fronte il piccolo Hitler, ma tu hai la sfera di cristallo e sai chi è, cosa fai?
Lo ammazzo.
Ma ha solo due anni.
Meglio, così è più facile.
E se la sfera di cristallo si sbagliasse?
Preferisco non rischiare.
Io non farei mai del male a chi non mi ha fatto niente, come invece fanno quelli che uccidono persone a caso in nome di uno o più ideali, io mi limiterei a uccidere solo quelli che si dedicano volontariamente e direttamente al peggioramento della mia vita: spammatori telefonici, spargitori di escrementi, festeggiatori notturni a più di 60 decibel, accumulatori di rifiuti speciali in posti ordinari, ignoratori di strisce pedonali, incendiatori di cassonetti, spacciatori di se stessi per qualcun altro e naturalmente scrittori di muri. In pratica è legittima difesa. Se finora non ho ucciso nessuno è solo per due motivi, che ora andrò brevemente a elencare:
1. La pigrizia
2. Lo Stato.
Quindi, caro scrittore di muri, se sei ancora vivo e puoi ricoprire liberamente la città con scritte surreali come LA LEGGE È ILLEGALE, GUERRA ALLA GUERRA, LA PROPRIETÀ PRIVATA È FURTO, eccetera, puoi solo ringraziare lo Stato e in particolare il tuo caro POLIZIOTTO FASCIO ATTENTO AL CRANIO.
Grazie dell’informazione.
SENZA STATO SI STA BENE!
Sì, credo di avere afferrato il concetto.
SENZA STATO SI STA BENE!
Perfetto.
SENZA STATO SI STA BENE!
Okay, ora ti spiacerebbe frequentare persone che trovano piacevole la tua compagnia?
SENZA STATO SI STA BENE!
Niente. Come parlare al muro.
Se questa persona fosse stata così educata da scrivere anche il suo indirizzo, avrei almeno potuto fargli notare uno dei vantaggi concreti e indiscutibili dello Stato, ammesso che la sua accezione di “Stato” sia più simile a “comunità politicamente organizzata in un territorio” che a “salsiccia alla brace”. Mi sarei comprato un bidone di vernice, un pennello, dei fogli di giornale per non sporcare per terra, e poi sarei andato davanti a casa sua e avrei scritto: SENZA STATO SARESTI MORTO. Sì, perché lo Stato non esiste solo per organizzare politicamente le persone, ma anche per proteggere queste persone da me.
Io non ho un dio a cui rendere conto di quello che faccio, non considero la vita sacra, importante o anche solo degna di nota a prescindere da quello che uno ci fa con questa vita, e non ho nessuna compassione per chi la dedica a peggiorare la mia. Certi problemi morali per me non si pongono.
1891, hai di fronte il piccolo Hitler, ma tu hai la sfera di cristallo e sai chi è, cosa fai?
Lo ammazzo.
Ma ha solo due anni.
Meglio, così è più facile.
E se la sfera di cristallo si sbagliasse?
Preferisco non rischiare.
Io non farei mai del male a chi non mi ha fatto niente, come invece fanno quelli che uccidono persone a caso in nome di uno o più ideali, io mi limiterei a uccidere solo quelli che si dedicano volontariamente e direttamente al peggioramento della mia vita: spammatori telefonici, spargitori di escrementi, festeggiatori notturni a più di 60 decibel, accumulatori di rifiuti speciali in posti ordinari, ignoratori di strisce pedonali, incendiatori di cassonetti, spacciatori di se stessi per qualcun altro e naturalmente scrittori di muri. In pratica è legittima difesa. Se finora non ho ucciso nessuno è solo per due motivi, che ora andrò brevemente a elencare:
1. La pigrizia
2. Lo Stato.
Quindi, caro scrittore di muri, se sei ancora vivo e puoi ricoprire liberamente la città con scritte surreali come LA LEGGE È ILLEGALE, GUERRA ALLA GUERRA, LA PROPRIETÀ PRIVATA È FURTO, eccetera, puoi solo ringraziare lo Stato e in particolare il tuo caro POLIZIOTTO FASCIO ATTENTO AL CRANIO.
LA DEMOCRAZIA PIÙ PAZZA DEL MONDO
Ieri ero a New York.
Come mai?
Niente, mi piacciono le città di due parole.
Tipo Orio Litta?
No. Appena arrivo in aeroporto mi viene in mente che è l’undici settembre, ma salgo lo stesso, tanto non sono superstizioso.
Anche quei poveretti che sono morti nel 2001 non erano superstiziosi, e guarda che fine hanno fatto.
Che c’entra?
Come che c’entra? Tu ci saresti salito su un Boeing 757, volo United Airlines 93, il giorno 11, 9, 2001?
Sì.
E saresti morto.
Non vedo il nesso.
757 meno 93 più 11 meno 9 fa 666.
E il 2001 non lo conti?
No.
Comunque non sono morto.
Per un pelo, immagino.
Senti che roba, a due ore dal decollo i piloti muoiono per un’intossicazione alimentare.
Merda!
No, pesce. Per fortuna fra i passeggeri c’era anche un ex pilota dell’esercito, uno che ha fatto non so più che guerra, un certo Ted Striker. Siamo salvi, penso.
E invece?
Invece i passeggeri non si fidano di lui, iniziano a dire che non va bene, che non lo vogliono.
Come mai?
Era un fumatore. Così decidono di mettere la cosa ai voti.
Si chiama democrazia.
Certo. Si candidano a pilotare l’aereo questo Ted Striker, Francesco Pastiglie, un ferroviere in pensione col pallino degli aerei, e il piccolo Jason, un povero bambino di sette anni cieco dalla nascita. Indovina chi ha vinto?
C’era il proporzionale con premio di maggioranza o il doppio turno alla francese?
Jason.
Jason?
Jason, sette anni, cieco.
È l’alternanza: per qualche anno guida un bambino cieco, poi magari guida un pilota.
Siamo precipitati nei pressi di Pittsburgh.
Veramente?
Sì.
Brutto segno.
Mi sono salvato solo perché ho seguito alla lettera tutte le procedure di sicurezza.
E Jason?
Morto.
Lui non ha seguito le procedure?
No, lui l’ho ucciso io. Voleva guidare anche l’ambulanza.
Ora dove sei?
Ti sto chiamando dall’ospedale di Penn Hills, bellissima città.
Stai bene?
Te lo saprò dire appena eleggeranno il mio medico. Si sono candidati un chirurgo, un attore di serial ospedalieri e una graziosa scimmietta.
Come mai?
Niente, mi piacciono le città di due parole.
Tipo Orio Litta?
No. Appena arrivo in aeroporto mi viene in mente che è l’undici settembre, ma salgo lo stesso, tanto non sono superstizioso.
Anche quei poveretti che sono morti nel 2001 non erano superstiziosi, e guarda che fine hanno fatto.
Che c’entra?
Come che c’entra? Tu ci saresti salito su un Boeing 757, volo United Airlines 93, il giorno 11, 9, 2001?
Sì.
E saresti morto.
Non vedo il nesso.
757 meno 93 più 11 meno 9 fa 666.
E il 2001 non lo conti?
No.
Comunque non sono morto.
Per un pelo, immagino.
Senti che roba, a due ore dal decollo i piloti muoiono per un’intossicazione alimentare.
Merda!
No, pesce. Per fortuna fra i passeggeri c’era anche un ex pilota dell’esercito, uno che ha fatto non so più che guerra, un certo Ted Striker. Siamo salvi, penso.
E invece?
Invece i passeggeri non si fidano di lui, iniziano a dire che non va bene, che non lo vogliono.
Come mai?
Era un fumatore. Così decidono di mettere la cosa ai voti.
Si chiama democrazia.
Certo. Si candidano a pilotare l’aereo questo Ted Striker, Francesco Pastiglie, un ferroviere in pensione col pallino degli aerei, e il piccolo Jason, un povero bambino di sette anni cieco dalla nascita. Indovina chi ha vinto?
C’era il proporzionale con premio di maggioranza o il doppio turno alla francese?
Jason.
Jason?
Jason, sette anni, cieco.
È l’alternanza: per qualche anno guida un bambino cieco, poi magari guida un pilota.
Siamo precipitati nei pressi di Pittsburgh.
Veramente?
Sì.
Brutto segno.
Mi sono salvato solo perché ho seguito alla lettera tutte le procedure di sicurezza.
E Jason?
Morto.
Lui non ha seguito le procedure?
No, lui l’ho ucciso io. Voleva guidare anche l’ambulanza.
Ora dove sei?
Ti sto chiamando dall’ospedale di Penn Hills, bellissima città.
Stai bene?
Te lo saprò dire appena eleggeranno il mio medico. Si sono candidati un chirurgo, un attore di serial ospedalieri e una graziosa scimmietta.
VOTA BERLUSCONI
So di dire una cosa popolare, e me ne scuso, ma io spero che Berlusconi vinca le elezioni. E questo nonostante lo disprezzi.
Lo disprezzo non tanto per le sue idee politiche (Berlusconi non ha idee politiche), né per i suoi processi (chi non è mai stato processato per corruzione giudiziaria, frode fiscale, falsa testimonianza, falso in bilancio e appropriazione indebita?) e nemmeno perché è in odore di mafia (caso mai disprezzo la mafia perché è in odore di Berlusconi), io lo disprezzo semplicemente per la persona che è: un animatore turistico uscito da una pubblicità degli anni Ottanta. Ciononostante io spero sinceramente che lui e il suo “partito”, anzi il suo “““““““““““““““partito”””””””””””””””, vincano le elezioni. Per tre motivi.
Primo perché mi piacciono le cose eclatanti. Non voglio un presidente del consiglio più o meno onesto alla guida di un governo più o meno competente, che faccia le sue cosine più o meno sensate e che alla fine del mandato arrivi a far aumentare il pil dello 0,1%. Se vado allo zoo voglio vedere i dinosauri, non le tigri e (sbadiglio) i leoni. È sempre stato il mio sogno inserire un elemento clamoroso in un ambiente standard e vedere quello che succede: cosa succederebbe se cascasse un asteroide su Londra? cosa succederebbe se la temperatura media si alzasse di dieci gradi? cosa succederebbe se un animatore turistico andasse per la quarta volta al governo? Wow! Un animatore turistico! Il peggior incubo di Tocqueville che diventa realtà! È uno spettacolo che vale il prezzo del biglietto (0 €). Uno spettacolo che è iniziato vent’anni fa e che deve ancora dare il meglio. Certo, Berlusconi dice che lui non farà eccetera, ma tutti sanno benissimo che eccetera.
Il secondo motivo è che Berlusconi, si pensi di lui quello che si vuole, è un ottimo argomento di conversazione. Da solo può tenere viva tutta una serata, può essere usato per fare due chiacchiere col salumiere o per rompere il ghiaccio alle feste. Un tempo si facevano i commenti sul tempo, ora su Berlusconi: ti avvicini a una donna che fuma da sola in terrazza, appoggi il bicchiere sulla balaustra e con lo sguardo rivolto all’orizzonte le dici “sta arrivando un Berlusconi”.
Poi c’è il terzo motivo, il più importante. Il cardiologo mi ha detto che, se non faccio almeno tre chilometri al giorno, al prossimo infarto potrei restarci secco (il prossimo infarto sarebbe anche il primo). Quindi ho bisogno di camminare e quando cammino ho bisogno di essere sereno e rilassato, e se c’è una cosa che mi turba davvero tanto sono le coppie male assortite. Non perché l’infelicità degli sconosciuti mi rattristi, ma per una semplice questione di ordine. A me piace che le cose, tutte le cose, siano al loro posto. Mi piace il sapone nella sua vaschetta, la verdura nel cassetto in basso del frigo, i libri in ordine alfabetico per autore, il pinot nero a sedici gradi e soprattutto mi piacciono le coppie ben assortite. Ora, mi sembra evidente che Berlusconi e la società italiana siano fatti l’uno per l’altra: stessi libri preferiti (nessuno), stesse passioni (la figa), stessi interessi (Berlusconi), stessa faccia (di bronzo). Berlusconi e l’Italia sono indiscutibilmente una coppia perfetta e io voglio che stiano insieme per sempre. Sarebbe bellissimo.
Ma se perde e va in prigione, mi accontento.
Lo disprezzo non tanto per le sue idee politiche (Berlusconi non ha idee politiche), né per i suoi processi (chi non è mai stato processato per corruzione giudiziaria, frode fiscale, falsa testimonianza, falso in bilancio e appropriazione indebita?) e nemmeno perché è in odore di mafia (caso mai disprezzo la mafia perché è in odore di Berlusconi), io lo disprezzo semplicemente per la persona che è: un animatore turistico uscito da una pubblicità degli anni Ottanta. Ciononostante io spero sinceramente che lui e il suo “partito”, anzi il suo “““““““““““““““partito”””””””””””””””, vincano le elezioni. Per tre motivi.
Primo perché mi piacciono le cose eclatanti. Non voglio un presidente del consiglio più o meno onesto alla guida di un governo più o meno competente, che faccia le sue cosine più o meno sensate e che alla fine del mandato arrivi a far aumentare il pil dello 0,1%. Se vado allo zoo voglio vedere i dinosauri, non le tigri e (sbadiglio) i leoni. È sempre stato il mio sogno inserire un elemento clamoroso in un ambiente standard e vedere quello che succede: cosa succederebbe se cascasse un asteroide su Londra? cosa succederebbe se la temperatura media si alzasse di dieci gradi? cosa succederebbe se un animatore turistico andasse per la quarta volta al governo? Wow! Un animatore turistico! Il peggior incubo di Tocqueville che diventa realtà! È uno spettacolo che vale il prezzo del biglietto (0 €). Uno spettacolo che è iniziato vent’anni fa e che deve ancora dare il meglio. Certo, Berlusconi dice che lui non farà eccetera, ma tutti sanno benissimo che eccetera.
Il secondo motivo è che Berlusconi, si pensi di lui quello che si vuole, è un ottimo argomento di conversazione. Da solo può tenere viva tutta una serata, può essere usato per fare due chiacchiere col salumiere o per rompere il ghiaccio alle feste. Un tempo si facevano i commenti sul tempo, ora su Berlusconi: ti avvicini a una donna che fuma da sola in terrazza, appoggi il bicchiere sulla balaustra e con lo sguardo rivolto all’orizzonte le dici “sta arrivando un Berlusconi”.
Poi c’è il terzo motivo, il più importante. Il cardiologo mi ha detto che, se non faccio almeno tre chilometri al giorno, al prossimo infarto potrei restarci secco (il prossimo infarto sarebbe anche il primo). Quindi ho bisogno di camminare e quando cammino ho bisogno di essere sereno e rilassato, e se c’è una cosa che mi turba davvero tanto sono le coppie male assortite. Non perché l’infelicità degli sconosciuti mi rattristi, ma per una semplice questione di ordine. A me piace che le cose, tutte le cose, siano al loro posto. Mi piace il sapone nella sua vaschetta, la verdura nel cassetto in basso del frigo, i libri in ordine alfabetico per autore, il pinot nero a sedici gradi e soprattutto mi piacciono le coppie ben assortite. Ora, mi sembra evidente che Berlusconi e la società italiana siano fatti l’uno per l’altra: stessi libri preferiti (nessuno), stesse passioni (la figa), stessi interessi (Berlusconi), stessa faccia (di bronzo). Berlusconi e l’Italia sono indiscutibilmente una coppia perfetta e io voglio che stiano insieme per sempre. Sarebbe bellissimo.
Ma se perde e va in prigione, mi accontento.