LA FABBRICA DEGLI EUFEMISMI

La fabbrica degli eufemismi non è mai in perdita. I suoi stabilimenti si trovano in fondo a una grande voragine sotterranea, lontano dagli schiamazzi della vita mondana, sulla riva del lago Cocito. Qui si danno da fare tanti graziosi lavoratori non specializzati a statura ridotta e di colore, vestiti con variopinte uniformi di un altro colore e di quell’altro colore ancora. Nella fabbrica degli eufemismi non ci sono discriminazioni di sesso, ma di genere, e in tanti anni di attività nessuno è mai stato licenziato, ma al massimo sollevato dal proprio incarico o allontanato con giusta (rispetto a un sistema di valori arbitrariamente scelto) causa. La gente non muore mai, ma scompare, manca, spira, trapassa, abbandona le mortali spoglie o passa a miglior vita, e tutti vivono in perfetta dialettica interna, con vigorosi scambi di vedute e venendo molto poco raramente alle estremità degli arti superiori. In pratica un paradiso altro diversamente terrestre.


Come spiega il grande successo della sua azienda?

L’azienda, come la chiama lei, non è mia, ma di tutte le persone che ogni giorno danno il loro contributo per mantenerla attiva e produttiva, dedicando la loro vita a costruire un mondo migliore.

Intende gli operai?

Sì.

Scusi, cos’è questo rumore fastidioso?

L’allarme. Suona ogni volta che qualcuno chiama le cose col loro nome. Tra poco smette.

Come spiega il grande successo della “loro” azienda?

Vede, gli eufemismi sono come i deodoranti, solo che non servono per profumare il corpo, ma la mente. Più la mente della gente emana sgradevoli odori, più c’è bisogno di eufemismi, ecco perché le vendite sono aumentate a dismisura negli ultimi anni. Se una persona ha dei pensieri sgradevoli riguardo a una certa cosa, per esempio nei confronti di una categoria di persone che giudica inferiore o che disprezza, invece di chiamarla col suo nome e provare vergogna davanti a tutti, può servirsi dei nostri prodotti e deodorare così i suoi pensieri. Ne abbiamo per tutti i gusti: sinonimi, litoti, perifrasi, neologismi, fino alle vere e proprie balle.

Ci può fare un esempio preciso?

No, non posso.

Chi sono i vostri clienti migliori?

Io non li chiamerei clienti. Il nostro è un servizio di pubblica utilità e in cambio non chiediamo denaro, ma solo un pezzettino di anima.

Come li chiamerebbe, allora?

Amici.

Chi sono i vostri migliori “amici”?

Un po’ tutti: giovani e meno giovani, ricchi e meno ricchi, donne e meno donne. Ultimamente andiamo molto bene fra i frequentatori di persone che non si sottraggono a offrire prestazioni fisiche a non trascurabile contenuto lubrico.

Intende i puttanieri?

Sì.

Nuovi progetti?

Ah, moltissimi. Uno staff di ingegneri è sempre al lavoro per trovare modi di esprimersi sempre più neutri per gente sempre meno esplicita. Noi vogliamo che anche le persone meno tolleranti e di mente non esageratamente aperta abbiano a disposizione parole per potersi esprimere in modo beneducato. È un loro diritto. E poi tenga presente che gli eufemismi col tempo si consumano.

Hanno una scadenza?

Certo. Un eufemismo funziona solo finché consente a chi lo usa di porre una distanza fra sé e la cosa nominata. Più si disprezza una cosa, più l’eufemismo deve essere elaborato. È come quando si raccolgono i bisogni del proprio cane, non lo si fa a mani nude. Col tempo, però, l’eufemismo diventa di uso corrente e quando sostituisce completamente la parola originaria, la distanza fra il nome e la cosa scompare e c’è bisogno di un nuovo e più elaborato eufemismo. Per questo presto lanceremo sul mercato nuovi prodotti, quali: “non non non vedenti”, “a non eccessiva pigmentazione riflettente tutte le frequenze della luce solare” e “cyborg metà uomo metà macchina a rotelle dotato di poteri diversamente super, quali l’andare più veloce della velocità del suono in un gas monoatomico di densità 1 kg/m3 alla pressione di 10-8 atmosfere”.

0,15 km/h?

Sì.