Fra gli infiniti Stati ex sovietici ce n’è uno poco noto ma molto interessante. È uno staterello situato grosso modo fra l’Ambaradanistan e l’Anvedistan, grande poco più di Francia, Germania e Polonia messe insieme, cioè piccolissimo, visto che da quelle parti gli Stati sono grandi come continenti, le città come Stati e i monolocali con angolo cottura come città. Uno si aspetterebbe che anche le persone siano molto grandi, e invece no, le persone sono piccole come qui da noi, sia esteriormente che interiormente.
In questo Stato viveva un odontotecnico che era solito lasciar correre i pensieri e riflettere sui più svariati aspetti dell’esistenza umana: incisivi, molari, canini, cose così. Un giorno, mentre stava smerigliando un ponte, un pensiero lo colpì moltissimo: il mondo è pieno di imbecilli. Fu a tal punto colpito da questa constatazione che non riuscì a impedirsi di esclamare “il mondo è pieno di imbecilli!”. Subito un uomo gli si avvicinò e gli chiese se per caso fosse un leader, offrendosi di seguirlo e servirlo per tutta la vita. Naturalmente era un imbecille.
Da quel giorno l’odontotecnico iniziò a notare imbecilli dappertutto: fra gli impiegati alle poste, gli autisti dei tram, i giornalisti, gli artisti e anche fra i cosiddetti dotti: scienziati, filosofi e odontotecnici. Persino fra i suoi stessi figli ce n’erano un paio che mostravano preoccupanti segni di imbecillità: il labbro inferiore umido, un impercettibile strabismo e la voglia invincibile di parlare di ciò che non si sa. Non aveva idea di quanti imbecilli ci fossero al mondo, certamente non potevano essere la maggioranza, altrimenti non si spiegavano certe stupefacenti conquiste dell’ingegno umano come le protesi odontoiatriche, però dovevano essere molti. Quanti? Difficile dirlo.
Per scoprirlo iniziò a fare esperimenti coi suoi clienti. Quando un dentista lo chiamava per fare delle ordinazioni, lui buttava lì un commento a caso su qualcosa che non c’entrava assolutamente niente, come per esempio il sistema finanziario internazionale, la guerra indo-pakistana del 1965 o l’emissione di sincrotrone dei nuclei galattici attivi. Se l’interlocutore esprimeva la propria opinione in merito, qualsiasi opinione fosse, veniva prontamente annotato come imbecille. Naturalmente c’era il rischio di bollare come imbecilli anche dentisti-economisti, dentisti-storici, dentisti-astronomi, ma questo rischio era ampiamente compensato da tutti coloro che non esprimevano la propria opinione solo per mancanza di tempo, non certo per mancanza di imbecillità. Poi, per allargare il campione, iniziò anche a telefonare a gente a caso. Sapeva di essere importuno, ma confidava nel fatto che gli imbecilli, benché importunati, fanno molta fatica a trattenersi dal dire tutto quello che non sanno. Così alla fine, dopo settimane e settimane di telefonate, arrivò alla conclusione che gli imbecilli sono il 37,4%.
37,4% è tantissimo. Sono più di due miliardi e mezzo di persone, cioè praticamente un pianeta a parte e, quel che è peggio, senza essere su un pianeta a parte. All’inizio è una cosa che fa paura. Basta un solo imbecille per rovinare il lavoro di cento persone, figuriamoci se ce ne sono trentasette virgola quattro. Poi però, pensandoci meglio, ci si rende conto che potrebbe non essere una cosa così terribile, perché gli imbecilli, è vero, sono imbecilli, ma hanno anche una caratteristica positiva che li rende molto utili: sono manovrabili. Per esempio, se si riuscisse a far votare tutti gli imbecilli per lo stesso partito, diciamo una specie di grande partito degli imbecilli, allora coi loro voti e coi voti di quelli che imbecilli non sono ma che voterebbero comunque il partito degli imbecilli magari per sbaglio o per protesta o per scherzo, si potrebbe arrivare facilmente al 50% più uno e riuscire così finalmente a sfruttare l’imbecillità degli imbecilli per fare qualcosa di non imbecille.
A questo pensava l’odontotecnico mentre passava al tornio una corona molare. Ma come si fa ad avere il voto di tutti gli imbecilli? Si chiedeva. Non si possono certo promettere detrazioni fiscali per gli imbecilli o, che so, pensioni di imbecillità. Com’è noto nessun imbecille sa di essere imbecille e soprattutto non ama che qualcuno insinui che lo possa essere. Questo problema gli occupò la mente per giorni, ma alla fine gli venne un’idea straordinaria.
Gli imbecilli non sono semplicemente quelli che non capiscono, perché tutti hanno qualcosa che non capiscono, chi più chi meno, eppure non tutti sono imbecilli. Imbecille è chi, oltre a non capire, non capisce di non aver capito. E cosa fa un imbecille quando non capisce di non aver capito? Dà la colpa del proprio non aver capito non a se stesso, come sarebbe naturale, ma alla cosa che non ha capito, cioè la disprezza. L’imbecille disprezza tutto quello che non capisce: per lui le procedure democratiche sono inutile burocrazia, gli esperti sono persone che si danno delle arie e l’incredibile complessità del mondo è solo una copertura per nascondere qualche complotto. Avere i voti di questa gente è facilissimo: basta non dire mai niente di preciso e ostentare disprezzo per tutto ciò che è più complicato di un rutto.
Era fatta. Peccato solo che non fosse l’unico ad avere avuto quell’idea, così alla fine, nello staterello fra l’Ambaradanistan e l’Anvedistan, c’erano più partiti per imbecilli che imbecilli.
In questo Stato viveva un odontotecnico che era solito lasciar correre i pensieri e riflettere sui più svariati aspetti dell’esistenza umana: incisivi, molari, canini, cose così. Un giorno, mentre stava smerigliando un ponte, un pensiero lo colpì moltissimo: il mondo è pieno di imbecilli. Fu a tal punto colpito da questa constatazione che non riuscì a impedirsi di esclamare “il mondo è pieno di imbecilli!”. Subito un uomo gli si avvicinò e gli chiese se per caso fosse un leader, offrendosi di seguirlo e servirlo per tutta la vita. Naturalmente era un imbecille.
Da quel giorno l’odontotecnico iniziò a notare imbecilli dappertutto: fra gli impiegati alle poste, gli autisti dei tram, i giornalisti, gli artisti e anche fra i cosiddetti dotti: scienziati, filosofi e odontotecnici. Persino fra i suoi stessi figli ce n’erano un paio che mostravano preoccupanti segni di imbecillità: il labbro inferiore umido, un impercettibile strabismo e la voglia invincibile di parlare di ciò che non si sa. Non aveva idea di quanti imbecilli ci fossero al mondo, certamente non potevano essere la maggioranza, altrimenti non si spiegavano certe stupefacenti conquiste dell’ingegno umano come le protesi odontoiatriche, però dovevano essere molti. Quanti? Difficile dirlo.
Per scoprirlo iniziò a fare esperimenti coi suoi clienti. Quando un dentista lo chiamava per fare delle ordinazioni, lui buttava lì un commento a caso su qualcosa che non c’entrava assolutamente niente, come per esempio il sistema finanziario internazionale, la guerra indo-pakistana del 1965 o l’emissione di sincrotrone dei nuclei galattici attivi. Se l’interlocutore esprimeva la propria opinione in merito, qualsiasi opinione fosse, veniva prontamente annotato come imbecille. Naturalmente c’era il rischio di bollare come imbecilli anche dentisti-economisti, dentisti-storici, dentisti-astronomi, ma questo rischio era ampiamente compensato da tutti coloro che non esprimevano la propria opinione solo per mancanza di tempo, non certo per mancanza di imbecillità. Poi, per allargare il campione, iniziò anche a telefonare a gente a caso. Sapeva di essere importuno, ma confidava nel fatto che gli imbecilli, benché importunati, fanno molta fatica a trattenersi dal dire tutto quello che non sanno. Così alla fine, dopo settimane e settimane di telefonate, arrivò alla conclusione che gli imbecilli sono il 37,4%.
37,4% è tantissimo. Sono più di due miliardi e mezzo di persone, cioè praticamente un pianeta a parte e, quel che è peggio, senza essere su un pianeta a parte. All’inizio è una cosa che fa paura. Basta un solo imbecille per rovinare il lavoro di cento persone, figuriamoci se ce ne sono trentasette virgola quattro. Poi però, pensandoci meglio, ci si rende conto che potrebbe non essere una cosa così terribile, perché gli imbecilli, è vero, sono imbecilli, ma hanno anche una caratteristica positiva che li rende molto utili: sono manovrabili. Per esempio, se si riuscisse a far votare tutti gli imbecilli per lo stesso partito, diciamo una specie di grande partito degli imbecilli, allora coi loro voti e coi voti di quelli che imbecilli non sono ma che voterebbero comunque il partito degli imbecilli magari per sbaglio o per protesta o per scherzo, si potrebbe arrivare facilmente al 50% più uno e riuscire così finalmente a sfruttare l’imbecillità degli imbecilli per fare qualcosa di non imbecille.
A questo pensava l’odontotecnico mentre passava al tornio una corona molare. Ma come si fa ad avere il voto di tutti gli imbecilli? Si chiedeva. Non si possono certo promettere detrazioni fiscali per gli imbecilli o, che so, pensioni di imbecillità. Com’è noto nessun imbecille sa di essere imbecille e soprattutto non ama che qualcuno insinui che lo possa essere. Questo problema gli occupò la mente per giorni, ma alla fine gli venne un’idea straordinaria.
Gli imbecilli non sono semplicemente quelli che non capiscono, perché tutti hanno qualcosa che non capiscono, chi più chi meno, eppure non tutti sono imbecilli. Imbecille è chi, oltre a non capire, non capisce di non aver capito. E cosa fa un imbecille quando non capisce di non aver capito? Dà la colpa del proprio non aver capito non a se stesso, come sarebbe naturale, ma alla cosa che non ha capito, cioè la disprezza. L’imbecille disprezza tutto quello che non capisce: per lui le procedure democratiche sono inutile burocrazia, gli esperti sono persone che si danno delle arie e l’incredibile complessità del mondo è solo una copertura per nascondere qualche complotto. Avere i voti di questa gente è facilissimo: basta non dire mai niente di preciso e ostentare disprezzo per tutto ciò che è più complicato di un rutto.
Era fatta. Peccato solo che non fosse l’unico ad avere avuto quell’idea, così alla fine, nello staterello fra l’Ambaradanistan e l’Anvedistan, c’erano più partiti per imbecilli che imbecilli.