LUOGO COMUNE #387

Quello che distingue un luogo comune da un’opinione personale non è che il primo è falso e la seconda è vera, ma che il luogo comune è comune e l’opinione personale è personale. Poi esistono svariate centinaia di miliardi di opinioni personali false e alcuni luoghi comuni veri, anche se al momento non me ne viene in mente neanche uno.
Di certo non è il caso di questo:

L’ateismo è una fede come tutte le religioni.

È un luogo comune così comune che lo danno per scontato anche i festival di cinema.



Ma l’ateismo non è una fede. Non lo dico per me, io non sono ateo. Io credo in Àtrantor, oscura divinità del male che si nasconde negli anfratti quantistici dello spazio-tempo e che ha creato il mondo per puro sadismo, un po’ come gli afroamericani hanno creato il rap. Dico che l’ateismo non è una fede perché, semplicemente, non è una fede, così come una mela non è un campo da tennis. La cosa difficile non è dimostrarlo, ma dimostrarlo senza citare la teiera di Russell.
Per prima cosa gli atei non si radunano in appositi templi per rendere grazie alla non esistenza di Dio, non si appendono al collo una rappresentazione materiale del nulla e non si travestono in modi bizzarri per indicare ad altri la via per non credere in nessuna religione. Questa è già una grossa differenza, ma non è l’unica.
Siccome quelli che non credono all’esistenza delle divinità vengono tutti messi sotto la voce “atei”, si è portati a pensare che l’ateismo sia una concezione del mondo alternativa alle religioni, ma non è così. Un ateo è solo uno che per qualche motivo non ritiene plausibile l’esistenza delle divinità attualmente disponibili sul mercato.


Poi vai a sapere cosa pensa. Se uno è cristiano lo sai cosa pensa, per esempio pensa che l’universo sia gestito da un tizio invisibile che duemila anni fa è sceso sulla Terra vestito da hippy dicendo di essere il figlio di se stesso, ma, per qualche inspiegabile motivo, non tutti gli hanno creduto. Non mi sembra un’informazione da poco. Invece se sai che uno è ateo non sai niente di lui, perché non conosci nemmeno una cosa in cui crede. Un ateo non è uno che non crede in niente, come spesso si dice (luogo comune #59), così come chi non tifa per nessuna squadra non è uno che tifa per il nulla. Quelli si chiamano nichilisti e li riconosci perché guardano le partite sperando che finiscano tutte zero a zero. Come si fa a chiamare “fede” una cosa che non dice niente sul mondo, l’esistenza umana o il lavaggio delle strade?
E poi c’è questo. Tolti i casi particolari, di solito uno nasce con una religione già in dotazione. Non succede che uno nasca ateo, faccia una ricerca personale e poi, dopo aver valutato attentamente tutte le offerte religiose, scelga quella che ritiene più conveniente, come si fa con i piani tariffari degli abbonamenti telefonici. Di solito uno conosce solo una religione, quella in cui ha fede. Invece succede abbastanza spesso che uno, a un certo punto della vita, rifiuti la religione con cui è nato dopo aver stabilito, secondo me a torto, che Dio non esiste. Uno nasce religioso e poi, eventualmente, decide di diventare ateo, non il contrario. La religione è una fede, l’ateismo è una scelta.

AMICI A OTTO ZAMPE CERCANO CASA

Paffy è una tenerissima ragnetta, una piccola batuffolina gialla e nera che non peserà neanche un chilo, così dolce e cucciolosa che ti stringe il cuore.


Adora essere coccolata e ogni occasione è buona per saltarti in braccio. Vede poco a causa della cataratta, ma è una pacifica ciondolona e va d’accordo con tutti gli altri artropodi.
La vita di Paffy è stata molto dura. Ha vissuto per anni in strada, esposta al caldo dell’estate e al freddo dell’inverno, per non parlare del così così della primavera e dell’autunno. Ha passato tutto il periodo di gestazione sotto la pioggia e con poco cibo, finché un giorno non si è rifugiata in un giardino per mettere al mondo i suoi piccoli. Ma purtroppo per lei era il giardino di un mostro senza pietà chiamato “uomo”.
L’uomo l’ha catturata e rinchiusa in una gabbietta angusta e arrugginita, senz’altra giustificazione se non quella che gli ha mangiato il gatto. Povera piccola creaturina! Dico Paffy. Ha sette anni e potrebbe viverne altri, boh, mille? Ma questo non importa a certa gente malvagia e senza tessera dell’associazione animalisti italiani. È assurdo che in Italia non ci sia ancora una pensione per ragni, blatte e Yersinia Pestis, come accade ormai in tutti i paesi civili.
Paffy si sforza con una pena infinita di passare fra le strette maglie della gabbia, forse pensa che una volta fatto passare il musetto sarà fuori e potrà di nuovo saltellare liberamente per i prati, ma il musetto non esce e lei si graffia tutto il prosoma contro il metallo. Cercando invano di liberarsi si è anche amputata una zampetta, uno spettacolo orribile e straziante. Per fortuna le è ricresciuta. Non riesce a capire perché sia stata abbandonata da tutti, non si dà pace. Se Paffy passerà ancora molto tempo in gabbia sicuramente morirà, come probabilmente ha pensato l’uomo che ce l’ha messa. Povera scriccioletta indifesa! Quando ti guarda con i suoi occhietti composti vorresti solo stringerla a te e coccolarla.


Paffy va salvata. Non occuperà molto spazio nella nostra casa, grosso modo dodici centimetri (senza contare le zampe), ma per lei questo piccolo spazio sarà tutta la sua vita. Nonostante l’età è ancora una giocherellona e ama nascondersi nei posti più impensati.


Lasciarla morire in gabbia, sola, abbandonata e disprezzata da tutti è una cosa abominevole, neanche fosse un essere umano.
E poi che ne sarebbe dei suoi cuccioli?


LO SFOGATOIO

Buongiorno. Vorrei un grillino, un punkabbestia, uno che fa notare che le bistecche sono cadaveri e un mazzetto di quelli che parlano al cinema.

Purtroppo al momento i grillini li ho finiti.

No, su serio?

Mi spiace, li ho tutti fuori. Quelli che parlano al cinema li vuole adolescenti o pensionati?

È uguale. Bisogna aspettare molto per il grillino?

Tre giorni.

Cosa!? 

È urgente?

Urgente? Guardi la mia faccia!

Oddio, che le è successo?

Mi sono dovuto prendere a schiaffi! Ieri sera sono andato davanti allo specchio, ho gridato qualche slogan contro la casta e mi sono preso a schiaffi.

Ascolti, se vuole posso farglielo io, il grillino.

Nel senso...

Mi vesto da grillino, mi ungo un po’ i capelli e dico due cazzate sull’euro.

Sarebbe davvero così gentile?

Tiro giù un attimo la serranda e andiamo sul retro, okay? Mi lasci solo mettere il casco e la conchiglia.

La conchiglia?

Per i calci nei testicoli.

Fantastico!

Mi raccomando: niente dita negli occhi, niente testate sul naso e niente calci nelle rotule, okay?

Okay.

Ci terrei a non finire all’ospedale.

Non si preoccupi, non sono mica sadico. Alla fine di tutto posso pisciarle in testa?

Questo le costerà un po’.

I soldi non sono un problema.

Va bene.

Le dico cosa deve dire.

Non devo dire “tutti a casa”, “sveglia” e “l‘onestà andrà di moda”?

No no, ormai ‘ste cose non le dicono più neanche loro. Dica “Il Costa Rica ha abolito l’esercito ed è lo Stato più sicuro dopo il Vaticano”.

Aspetti, prendo una penna.

“Le multinazionali della mozzarella di bufala stanno distruggendo la rinomata biodiversità campana” e “il popolo italiano è stato per vent’anni nelle mani di una casta di politici corrotti il cui unico obiettivo era quello di distruggerne la civiltà, l’identità storica e la struttura socioeconomica”.

Socio... economi... ca. Okay, nient’altro?

Dopo di che io le chiederò: “scusa, per curiosità, ma tu che votavi prima?”.

Ah, c’è anche l’interazione verbale.

E lei mi risponderà.

Cosa le risponderò?

“Berlusconi”.

No.

Come “no”?

No.

Per favore.

È troppo.

Preferisce dire “il centrodestra”?

Non è la parola, ma il concetto.

Ci vuole un attimo.

Okay, però lo dico senza conchiglia.

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