L’AMORE RENDE OTTUSI

Tanto tempo fa mi sono precipitosamente innamorato di una donna: Cristina Gnafaccio. Non che di solito io mi innamori degli uomini, non precipitosamente almeno, anzi non mi innamoro praticamente mai di nessuno, e non perché io sia insensibile, anzi sono una persona sensibilissima (lo dice sempre il mio dentista), ma perché non mi piace innamorarmi. Non mi piace sudare, non mi piace il mal di pancia e non mi piace innamorarmi. Trovo che sia un imbroglio della Natura, la quale, dietro all’apparenza degli “oh amore mio”, “oh mio amore amato” e “oh amato amore mio amoroso amante”, vuole solo servirsi del mio, diciamo, corpo per perpetuarsi. Alla Natura non importa niente del mio innamoramento, se sia per me fonte di benessere o di malessere, a lei interessa solo colonizzare il pianeta, colonizzarlo a più non posso, preferibilmente fino a farlo scoppiare. Quale sia il suo scopo io non lo so, verosimilmente nemmeno ce l’ha uno scopo, tutto quello che so è che appena uno si aperte virgolette innamora chiuse virgolette, la Natura lo trasforma istantaneamente in un grosso spray umano a emissione il più precoce possibile di spore colonizzatrici. E questo senza contare che “innamorarsi” è una parola orribile. Quasi peggio di “intrigante”, “sfizioso” e “bebè”. Un giorno mi piacerebbe parlare con quelli che inventano le parole e dirgliene quattro: “ti”, “spezzo”, “le” e “dita”. Alla fine ho detto “donna” solo per dare una rapida descrizione corporea di Cristina Gnafaccio, anche se, a voler essere proprio pignoli, io mica lo so se è davvero una donna. Non sono entrato a tal punto in confidenza con lei da poterle guardare nelle mutande. È una persona molto riservata, Cristina, e io sono rispettoso della privacy altrui. Se il mondo in cui viviamo ci tenesse veramente alla riservatezza delle persone, l’uso dei generi grammaticali sarebbe proibito. Per correttezza bisognerebbe usare il maschile con tutti. O il femminile. O ancora meglio bisognerebbe omettere la vocale alla fine di tutti i sostantivi, di tutti gli aggettivi e di tutti gli articoli. “Sei stanc? Hai un stran cer. Vuoi un t cald con biscott?”, così nessuno ci resterebbe male e la lingua diventerebbe finalmente abbastanza neutra da non urtare più la sensibilità di nessuno. Io ho detto “donna” solo per dire che esteriormente Cristina ha l’aspetto di una donna: mascella squadrata, naso grande e piatto, sopracciglia folte e una leggera peluria sul mento. Non era mia intenzione offendere. Inoltre il suo nome è femminile, per cui mi sono sentito autorizzato a chiamarla “donna”, sempre che il nome sia “Cristina” e non “Gnafaccio”, altrimenti cambia tutto. Purtroppo non sono mai entrato così in confidenza con lei da chiederle come si chiama.
Un giorno, mentre era in vacanza in un posto che non ha voluto riferirmi, le ho dichiarato il mio amore in ginocchio e con l’anello in mano, come prevedono le usanze delle persone per bene. Le ho anche citato a memoria tutto il testo di “All You Need is Love”, sia in avanti e che all’indietro, e sull’anello ho fatto incidere una bellissima frase che non ricordo. Faceva più o meno così: “amore” eccetera. Il giorno dopo ci siamo sposati, anche se lei non era presente per motivi di riservatezza. Il sindaco, però, mi ha assicurato che il matrimonio è comunque valido. Forse non tutti lo sanno, ma affinché un matrimonio sia valido non è necessaria la presenza della sposa, è sufficiente una delega firmata da lei stessa o da un parente stretto, e quale parente più stretto del futuro marito in persona? Lei è stata così gentile da mandarmi un messaggio di congratulazioni, trovando fra l’altro delle bellissime parole: “prugnole”, “frantoio” e “sorbetto”.
Col tempo ho imparato a conoscere meglio Cristina e ad apprezzarla per quello che è veramente. Non so che fine abbia fatto.