IL MANSPLAINING SPIEGATO ALLE DONNE

Donne, oggi spiegherò cos'è il mansplaining. Agli uomini non è necessario spiegarlo perché lo conoscono già abbastanza bene.


Dicesi "mansplaining", dall'inglese "man" ("uomo") e "splaining" (parola senza significato), quel comportamento che si osserva quando un uomo spiega al suo interlocutore cose che l'interlocutore sa meglio di lui.
Questo comportamento è particolarmente fastidioso perché lo spiegante sembra dare per scontato che la persona cui si rivolge sia, come dire, scema. È quello che di solito si fa con i bambini: anche se un bambino ti dice che sa tutto sui dinosauri, tu glieli spieghi lo stesso, un po' perché i bambini in realtà non sanno niente, un po' perché, sappiano qualcosa o no, uno può comunque far valere la sua autorità di adulto e trattarli dall'alto in basso come se fossero scemi. È divertente.
Il mansplaining è la stessa cosa, ma fatta con gli adulti.
Esiste il womansplaining? Naturalmente sì, come esistono donne che lampeggiano in autostrada a 250 all'ora, donne che bevono sei ettolitri di birra davanti a una partita di calcio, donne che fanno attentati terroristici e così via, ma sono rare. Io personalmente non ho mai assistito a casi di womansplaining, a parte mia madre, mentre ho assistito tantissime volte a casi di mansplaining. Una situazione tipica in cui vedo questo fenomeno è per esempio la seguente: appena esco di casa.
Il mansplaining per essere tale deve possedere due caratteristiche fondamentali:
1) la persona che riceve lo spiegone deve conoscere bene l'argomento;
2) il fatto che la persona conosca bene l'argomento deve essere evidente.
Quindi attenzione, donne: non basta che ci sia un uomo che spiega qualcosa a una donna per poter parlare di mansplaining. Se per esempio un meccanico spiega il funzionamento del motore a una parrucchiera (o, se si preferisce, se un parrucchiere spiega il funzionamento dei capelli a una meccanica) questo non costituisce fattispecie di mansplaining. Il problema non è lo spiegare, ma lo spiegare a chi sa. Naturalmente ciò non toglie che può essere comunque fastidioso se uno si mette a spiegarti cose non richieste, ma in questo caso non c'è bisogno di scomodare il concetto di mansplaining, si tratta di un banale caso di attaccabottoni.
Oltre a ciò, come detto al punto 2, per essere in presenza di mansplaining, all'uomo che spiega deve anche essere noto che la persona cui si rivolge è un'esperta, o perché ciò è chiaro dal contesto o perché gli viene reso noto verbalmente con le parole "sì, lo so, conosco bene l'argomento". Se, ricevute queste parole, l'uomo interrompe il suo spiegone e si scusa, è tutto ok, se invece prosegue come se niente fosse, allora lo abbiamo colto in flagranza di mansplaining e si può procedere al vilipendio.
I punti 1) e 2) sono abbastanza noti e ho voluto spiegarli solo per una questione di esaustività mascolina. C'è però un terzo punto molto meno noto su cui si fa abbastanza confusione. Vado a spiegarlo.
3)
Come si è detto, il mansplaining è molto più diffuso del womansplaining, tanto che in prima approssimazione si può dire che sono sempre gli uomini a fare questa cosa, per cui a molti viene spontaneo pensare che allora le loro vittime siano sempre donne.
Chi la pensa così è come se vedesse il mondo diviso in due squadre antagoniste: gli uomini e le donne, come se fossero la Roma e la Lazio. Se durante la partita uno della Roma commette fallo su qualcun altro, è chiaro che questo qualcun altro sarà per forza uno della Lazio, mica si fa fallo sui propri compagni di squadra. In realtà non c'è nessuna partita in corso e gli uomini che fanno mansplaining lo fanno sia con gli uomini che con le donne. È come con gli incidenti stradali: a provocarli sono soprattutto gli uomini, ma chi ci va di mezzo sono sia gli uomini che le donne. Negli incidenti stradali non c'è la squadra degli uomini e la squadra delle donne, c'è la squadra di quelli che guidano da deficienti (principalmente uomini) e la squadra di quelli che li subiscono (uomini e donne).
Lo stesso vale per il mansplaining.
Io sono decenni che subisco questo benedetto mansplaining, lo subisco da ben prima che la parola "mansplaining" apparisse nelle menti degli inventori di neologismi, e lo subisco in tutte le sue fantasiose forme e modalità, da colleghi, amici, idraulici e perfetti sconosciuti. Manca poco che la gente mi fermi per strada per spiegarmi perché sono uscito di casa. Più volte mi è stata inflitta anche la forma più estrema e spietata di mansplaining, quella in cui tu spieghi una cosa a un tizio, questo ti deride accusandoti di dire cazzate, e poi, tipicamente una settimana dopo, questo stesso tizio viene da te tutto felice e ti rispiega (in forma peggiorata) la stessa identica cosa che gli avevi spiegato tu la settimana prima, pensando che sia un'idea sua. Si tratta sempre di uomini, certo, ma ora, solo per il semplice fatto che io non sono una donna, donne, non mi si può proibire di lamentarmente. Nessuno può togliere dalla mia esperienza personale, bollandola come cosa esclusivamente femminile, una delle esperienze che maggiormente ha contribuito a segnare il mio carattere: l'aver subito per tutta la vita il mansplaining.
Ora la domanda è: questo post può essere considerato mansplaining?
La risposta è no, donne.

COMPLOTTI. ISTRUZIONI PER CREDERCI

Come si fa a credere alle teorie del complotto? Intendo quelle teorie dove ci si immagina l'azione coordinata di giornalisti, scienziati, industrie, servizi segreti, NASA, ESA, UE, IMF, WTO, WHO, WTF e tutti i governi del mondo (tranne quelli populisti), cioè milioni di persone perfettamente organizzate e decise a mettere in atto un segretissimo piano per controllare il resto dell'umanità, piano di cui, strano a dirsi, è a conoscenza ogni quindicenne su YouTube. Come si può, non dico credere a una cosa del genere, ma anche solo pensare che sia plausibile, quando nella vita è difficile mettersi d'accordo in tre per andare a mangiare la pizza?
A me questo sembra un mistero incredibile, un mistero cui non sono mai riuscito a dare una risposta soddisfacente.
Le spiegazioni banali che di solito vengono date sono tre e sono così riassumibili:
1) Chi crede alle teorie del complotto (da qui in avanti "complottista") è ignorante;
2) Il complottista è stupido.
3) Il complottista è matto.
Purtroppo nessuna di queste spiegazioni è anche solo lontanamente soddisfacente. Vediamole una per una.
L'ignoranza.
D'accordo, l'ignoranza aiuta. È difficile che un astrofisico sia terrapiattista, è vero, ma c'è bisogno di essere astrofisici per rendersi conto che il terrapiattismo è una scemenza? Oppure, prendiamo un complotto più recente. Esiste questa teoria secondo cui Bill Gates avrebbe creato segretamente il famigerato coronavirus a Fort Detrick in North Carolina, lo avrebbe portato a Wuhan e da lì diffuso nel mondo per dare ai governi la scusa di chiuderci tutti in casa, per non farci prendere il sole, per non farci assumere vitamina D, per distruggerci il sistema immunitario, per obbligarci a fare i vaccini, per poterci controllare meglio e instaurare così il fascismo globale. È una teoria che esiste davvero, non me la sono inventata. Ora, c'è bisogno di essere un virologo per rendersi conto che è una stupidaggine? No. Non c'è neanche bisogno della seconda elementare.
Allora è colpa della stupidità.
Dopo tutto gli stupidi credono alle stupidaggini, lo dice la parola stessa. Ma per credere a una stupidaggine così grande quanto stupidi bisogna essere? Voglio dire, se uno crede a una tale sequela di panzane perché il cervello non gli funziona bene, allora dovrebbe essere così stupido da non essere neanche in grado di accendere un computer. Invece non solo sa accenderlo, ma sa anche aprire Google e cercare la sua brava teoria del complotto.


E questo è proprio il cuore del mistero: il complottista, tolta la sua fissa per i complotti, ha una vita come tutti gli altri: lavora, gioca, guarda la TV, al massimo si mette in giardino un chembuster orgonico per sconfiggere le scie chimiche, ma le sue funzioni psichiche non sono compromesse al di fuori dell'attività delirante.
Quindi è matto, spiegazione 3.
Si dice spesso che il complottista soffra di paranoia, ma sarà vero? Cosa significa "paranoia"?

Psicosi caratterizzata dallo sviluppo di un delirio di persecuzione, lucido, sistematizzato, dotato di una propria logica interna, che non è associato a allucinazioni, e non comporta la compromissione delle funzioni psichiche al di fuori dell’attività delirante.

Ok, è matto, uno a zero per te, dizionario. Tuttavia questa non è ancora una spiegazione soddisfacente, ma al massimo una buona descrizione.
Come fa il complottista a credere ai complotti?
È paranoico.
Ok, come fa il paranoico a credere alle sue paranoie?
Wikipedia dice che potrebbe essere colpa di una ridotta circolazione del sangue nel cervello. Ci sta. Dice anche che la causa va forse ricercata nella frustrazione del complottista e nel suo proiettare su altre persone (i complottanti) sentimenti negativi verso il mondo che in realtà sono i suoi. In altre parole il complottista immagina che i complottanti vogliano distruggere il mondo perché in realtà è lui che vorrebbe distruggere il mondo. Wikipedia dice anche tante altre cose, io non so se siano vere, ma anche se lo fossero sono tutte spiegazioni esterne, cioè possono dirmi quale sia la base fisica o psichica da cui si origina la personalità complottista, ma non mi dicono in che modo il complottista, che non è stupido, spieghi a se stesso il credere in teorie così stupide. Per esempio, uno potrebbe spiegarmi l'esatto meccanismo chimico che produce la felicità, ma questo non mi direbbe niente su cosa si provi a essere felici.
Cosa si prova a essere complottisti?
Nel leggere la vasta letteratura sull'argomento (i commenti dei complottisti sui social network), ho potuto notare un atteggiamento ricorrente: è raro che un complottista dica di credere ai complotti, di solito dice di non escludere che siano veri.
Prendiamo per esempio questo commento che un complottista indispettito, uno dei tanti, ha lasciato sotto al mio video Cosa sono le scie chimiche

La cosa grave è che non ci si fa neanche venire un dubbio, non si ha nemmeno la curiosità di approfondire. Se una cosa non piace, si rifiuta / si respinge l'eventuale problema a priori. Presunzione, ottusità e ignoranza dominano.

Nella mia lunga carriera internettiana, ne ho letti a centinaia di commenti così. Il complottista non vede se stesso come uno che crede a una teoria del complotto, ma si concepisce come una persona con tanti dubbi e aperta a tutte le possibilità, tra cui appunto le teorie del complotto. È convinto di essere una persona di larghe vedute, uno che non chiude gli occhi davanti a quelle idee che la maggioranza, nel suo conformismo, considera stupidaggini, perché proprio fra le presunte stupidaggini possono nascondersi le teorie rivoluzionarie. Non era forse deriso Copernico? Galileo? Wanna Marchi?
In pratica è come dire: mi si è rotta la caldaia? Benissimo, non solo ascolterò il parere di quella maggioranza di idraulici che mi dicono che c'è un problema al bruciatore e magari anche il parere di quella minoranza di idraulici che invece dicono che si è rotto lo scambiatore secondario, ma ascolterò anche il parere di quell'idraulico presso se stesso che sostiene che le caldaie siano in realtà dei mini reattori nucleari a base di Promezio e Disprosio installati da Bill Gates nel 1968 per trasformare le molecole d'acqua in pagliacci assassini di cioccolato e conquistare il mondo. Non dico di crederci, per carità, ma perché respingere a priori questa interessante teoria denominata "caldaismo nucleare"? La verità può essere ovunque.
In realtà chi dice di non essere un caldaista nucleare, ma non esclude la possibilità che le caldaie siano reattori nucleari, non è uno aperto di vedute, è un caldaista nucleare che non vuole assumersi la sua responsabilità di credere a una teoria idiota. I dubbi sono legittimi quando sono fondati su una conoscenza della materia, mentre mettere in dubbio le nozioni condivise da chi si occupa di quella materia senza averne nessuna conoscenza non è "avere dei dubbi", è solo un espediente retorico per poter dire la propria anche quando non se ne sa niente.
Come fanno i complottisti a credere alle teorie del complotto? Beh, molti di loro non sanno di crederci. Cioè ci credono, ma raccontano a se stessi di non crederci.
È come chi si ripromette di non bere alcolici e poi la sera si apre una birretta perché tanto, si sa, la birra è leggera. Io lo faccio sempre, funziona. Hai entrambe le cose: alcol e coerenza.
Questo è un passo avanti? Sì.
Sono soddifatto? No.

CONFINI E BARRIERE

IL MITO DELLA SCIENZA NON UFFICIALE

La scienza non ufficiale non esiste.
Lo so, è una banalità, ma purtroppo nel mondo là fuori c'è tanta gente che pensa che esista una contrapposizione fra la cosiddetta "scienza ufficiale", espressione dei Poteri Forti (sempre loro), e la "scienza non ufficiale", ridotta al silenzio perché darebbe fastidio agli interessi economici del capitalismo. Grazie Marx! Ecco l'eredità che ci hai lasciato!


Se la scienza non ufficiale non esiste, non esiste nemmeno la scienza ufficiale, per lo stesso motivo per cui non esiste, che so, il calcio ufficiale. Esiste il calcio, sport a cui chiunque può giocare, basta che abbia una palla, un campo e ventun persone. Anch'io potrei giocare se volessi, poi se sono bravo mi faranno un contratto triennale con la mia squadra del cuore (la Pro Vercelli) con la quale potrò sperare di vincere il tanto agognato 8° scudetto (dita incrociate), se invece sono scarso continuerò a giocare nel campetto dietro la chiesa di Papozze con mio fratello, Giampiero e il Bovazzi (sono tutti nomi inventati, tranne "mio fratello"). Nessuna squadra si sognerebbe mai di non far giocare Maradona, così come nessuna squadra farebbe mai giocare un tizio che finge di essere Maradona. Una cosa bella dello sport è proprio questa, che non puoi fingere di essere bravo, tutti vedono se fai gol o se incespichi nel pallone. In ambito scientifico è più o meno la stessa cosa: se un'ipotesi non è in accordo con le osservazioni viene scartata (Papozze), se invece è in accordo con le osservazioni viene approfondita e messa alla prova insieme a tante altre ipotesi concorrenti. Non esiste che un'idea buona venga scartata perché è scomoda, è come se una squadra non facesse giocare Maradona perché ha la forfora.

Probabilmente chi parla di "scienza ufficiale" si immagina la scienza come un sistema di credenze condiviso dove non è ammesso il dissenso, ma questa è la religione. Nessuna disciplina scientifica funziona così. I ricercatori non sono una comunità di persone che custodiscono una verità da tramandare, ma persone il cui lavoro è spiegare i fenomeni naturali. I ricercatori sono più o meno d'accordo sul metodo con cui procedere, il famoso metodo scientifico (che altro non è se non un trucco per aggirare i bias cognitivi del cervello umano), ma su tutto il resto si scannano.

Mia moglie Maria Paola (che in realtà non si chiama né Maria né Paola e non è nemmeno mia moglie), mi ha detto che ai congressi, quando fai il tuo intervento, i ricercatori avversari non vedono l'ora di farti a pezzi con domande bastarde per dimostrare a tutti che non hai capito niente. C'è anche qualcuno che prende la parola solo per manifestare il suo disprezzo con un lapidario "so what?". Ci sono le fazioni e i tifosi, ci sono quelli che pensano sempre di avere capito tutto e quelli che si tengono stretti i loro dati per evitare che qualcuno freghi loro l'idea. Incredibile, eh? Proprio come nel mondo reale. Ma se a uno capita fra le mani l'idea buona, la usa senza nessun problema, se è "eretica" ancora meglio, sarà più facile vincere lo scudetto.
Ovviamente nel dibattito scientifico esistono nozioni ormai assodate e ipotesi molto dibattute, ma nessuna idea viene sottoposta al vaglio del Potere. Il lavoro di ogni ricercatore viene sottoposto al vaglio dei suoi pari.

Approfondisco questo punto perché vorrei che fosse chiaro anche a Nicola (nome di fantasia). Quando un ricercatore sottopone il suo lavoro a una rivista specializzata, questa non lo farà controllare a un funzionario del Governo o a Goldman Sachs, ma lo sottoporrà molto più semplicemente a un collega dell'autore. Questo collega, in forma anonima e in modo del tutto indipendente, potrà rigettare il lavoro, proporre revisioni o approvarlo così com'è. Naturalmente può capitare che approvi un lavoro sbagliato, succede, in questo caso non mancheranno gli articoli che lo faranno notare nel modo più spiacevole possibile, ma in nessun caso può succedere che uno scarti un lavoro senza motivi validi, magari perché il suo autore appartiene alla fazione avversaria, perché in tal caso interviene l'editor della rivista. È un po' la logica garantista dei sistemi giudiziari nei paesi democratici: meglio un colpevole pubblicato, che un innocente rigettato.
Questo per dire che, se non esistono pubblicazioni sulla Terra piatta o le scie chimiche, non è perché sono idee scomode, è perché sono stronzate.
Allora perché c'è questo mito della scienza non ufficiale?

L'opinione pubblica è completamente all'oscuro degli argomenti di cui si discute in una disciplina scientifica. È normale, dopotutto non esistono trasmissioni televisive in cui si può assistere alla discussione fra un astrofisico che dice che la materia oscura è fatta di materia non barionica e un altro astrofisico che invece dice che è un effetto spiegabile modificando le leggi di Newton. Volerebbero gli schiaffi come in tutti gli altri talk show, ma pochi avrebbero voglia di capire di cosa si sta parlando.
L'opinione pubblica, però, sa che la Terra non è piatta e questa è già la base su cui costruire uno show, si tratta solo di scovare un tizio che dica che la Terra è piatta. Al mondo siamo in otto miliardi, non dovrebbe essere difficile. Che importa sapere chi sia questo tizio? L'importante è che sia uno con una spolverata di esperienza, non so, tipo un astronomo in pensione che non lavora dai tempi di Aristarco, oppure l'addetto alla pulizia dei pozzi neri dell'osservatorio di Vimercate. Magari questo tizio (chiamiamolo Maurizio Sbatacchi, un nome come un altro) si è fatto pure pubblicare degli articoli in qualcuna di quelle riviste finte in cui ti pubblicano qualsiasi cosa purché paghi. Esistono davvero, ecco un esempio.

A questo punto lo show si fa da sé: si invita in trasmissione questo professor Sbatacchi con la sua teoria "scomoda" della Terra piatta, lo si mette a confronto con un astrofisico qualsiasi che rappresenti tutta la comunità scientifica ed ecco servita la scienza non ufficiale.

Nota: Questo post è stato approvato con revisioni minori da Maria Paola.