Nei tempi antichi, quando l'aria era pulita, i cibi sani e gli animali d'allevamento più istruiti dei loro padroni, nessuno portava orologi (sarebbe stato scomodo spalare letame con un Rolex). A quel tempo c’erano le campane: un rintocco grave per l'ora, uno acuto per la mezz'ora o, se proprio si voleva essere precisi, il quarto d'ora. A Castelnuovo Rangone le campane suonavano ogni minuto, tanti colpi quante erano le ore e i minuti, con grande soddisfazione di tutta la comunità, gente molto pignola, gente che lavorava, soprattutto i bambini.
Alle sei di mattina o anche prima, a seconda della stagione (perché allora le stagioni c'erano eccome), si cominciava il duro lavoro nei campi. In realtà molti erano già svegli da un pezzo, soprattutto quelli che abitavano nei pressi della chiesa, gente puntuale, che lavorava sodo, sotto il sole o con la pioggia, con la neve o la grandine a sassate, sempre tutti a torso nudo, con indifferenza, tutti quanti, uomini e donne, vecchi e bambini, tutti nudi a lavorare la terra. Quando la campana batteva le dodici, le donne anziane servivano il pranzo e tutti, ma proprio tutti, dovevano farsi trovare pronti a tavola con il cucchiaio in mano e il tovagliolo al collo, tutti pronti allo scoccare delle dodici. Ma il più delle volte la gente si confondeva, il numero di rintocchi cresceva a dismisura con l’avvicinarsi di mezzogiorno ed era facile perdere il conto, soprattutto se non si sapeva contare. Così alla fine ognuno andava a mangiare quando gli pareva. Il pasto era molto frugale: un po' di polenta scotta e del brodo bruciato.
Dopo pranzo, all'una, si riprendeva il lavoro e si andava avanti finché c'era luce, che era un riferimento cronologico più sicuro. Solo il sabato ci si fermava un po' prima per l'aperitivo: latte crudo col gin e qualche uovo possibilmente non fecondato. Era gente precisa, la gente di Castelnuovo Rangone.
La domenica, ieri come oggi giorno di giubilo e di preghiera, la campana richiamava i fedeli quindici minuti prima dell'inizio delle funzioni: gli uomini da un lato, sbarbati, con le unghie pulite e il cappello della festa in mano, le donne dall’altro, profumate e pettinate, con una o due carriole di bambini, sfilavano in bell'ordine sul sagrato della chiesa. Questo in teoria, perché in pratica c'era una funzione unica che durava tutto il giorno, dall'alba alla sera, e tutti entravano e uscivano a caso, quando capitava, con i tappi nelle orecchie.
Com'erano belli e puri quei tempi, tutti si volevano bene e si aiutavano, figli e genitori si amavano, anche fisicamente, le cacche di gallina erano una prelibata leccornia e chi si lavava più di una volta all'anno veniva visto con sospetto. Forse è proprio questo che ci vogliono ricordare le grandi campane di Castelnuovo Rangone, campane potenti, piene di storia, che ancora oggi, come ai vecchi tempi, suonano tutti i cazzo di minuti.
(Foto di Nacchio Brothers)