Prendere un pene fresco, possibilmente ancora vivo.
Agitarlo energicamente fino a fargli assumere la caratteristica forma di una banana (attenzione: non togliere la buccia).
Prendere una vagina.
Farla rosolare per qualche minuto nel suo brodo, quindi inserire il pene. Questa operazione apparentemente semplice va eseguita con la massima attenzione. Il pene, soprattutto se appena pescato, tende a sgusciare da tutte le parti e potrebbe inavvertitamente finire nei posti più curiosi.
Per quanto certe invenzioni possano sembrare divertenti, non portano mai a niente di buono e alla fine ci si impiastriccia tutti e basta. Se si vuole cucinare qualcosa di buono e sostanzioso, l’unica cosa da fare è seguire dettagliatamente il grande libro delle ricette.
Dunque introdurre il pene, estrarlo parzialmente, reintrodurlo, estrarlo sempre parzialmente, introdurlo, estrarlo, introdurlo, estrarlo e così via. Introduzione e estrazione vanno eseguite più volte, sempre più velocemente, finché il pene non spruzza. Il tutto può richiedere svariati minuti o pochi secondi a seconda del sistema di riferimento. Infatti, secondo la teoria della relatività di Einstein,
il tempo scorre molto più lentamente nel sistema di riferimento della vagina che in quello del pene. Ecco perché un pene osservato dalla vagina fa il rumore di un minuscolo spazzolino elettrico.
Una volta lasciato appassire il pene, lo si tolga delicatamente dalla vagina facendo ben attenzione a non far fuoriuscire il liquido, quindi si faccia cuocere il tutto nell’utero per circa nove mesi. Quando il fagottino raggiunge le giuste dimensioni lo si estragga con cautela (attenzione che urla), lo si lasci sgocciolare qualche minuto sul lavandino e infine lo si serva ancora caldo con crema di carciofi e composta di scalogno.
È un piatto sano e appetitoso che non delude mai, ma anche se deludesse è pur sempre un modo per ammazzare il tempo.
Agitarlo energicamente fino a fargli assumere la caratteristica forma di una banana (attenzione: non togliere la buccia).
Prendere una vagina.
Farla rosolare per qualche minuto nel suo brodo, quindi inserire il pene. Questa operazione apparentemente semplice va eseguita con la massima attenzione. Il pene, soprattutto se appena pescato, tende a sgusciare da tutte le parti e potrebbe inavvertitamente finire nei posti più curiosi.
Per quanto certe invenzioni possano sembrare divertenti, non portano mai a niente di buono e alla fine ci si impiastriccia tutti e basta. Se si vuole cucinare qualcosa di buono e sostanzioso, l’unica cosa da fare è seguire dettagliatamente il grande libro delle ricette.
Dunque introdurre il pene, estrarlo parzialmente, reintrodurlo, estrarlo sempre parzialmente, introdurlo, estrarlo, introdurlo, estrarlo e così via. Introduzione e estrazione vanno eseguite più volte, sempre più velocemente, finché il pene non spruzza. Il tutto può richiedere svariati minuti o pochi secondi a seconda del sistema di riferimento. Infatti, secondo la teoria della relatività di Einstein,
il tempo scorre molto più lentamente nel sistema di riferimento della vagina che in quello del pene. Ecco perché un pene osservato dalla vagina fa il rumore di un minuscolo spazzolino elettrico.
Una volta lasciato appassire il pene, lo si tolga delicatamente dalla vagina facendo ben attenzione a non far fuoriuscire il liquido, quindi si faccia cuocere il tutto nell’utero per circa nove mesi. Quando il fagottino raggiunge le giuste dimensioni lo si estragga con cautela (attenzione che urla), lo si lasci sgocciolare qualche minuto sul lavandino e infine lo si serva ancora caldo con crema di carciofi e composta di scalogno.
È un piatto sano e appetitoso che non delude mai, ma anche se deludesse è pur sempre un modo per ammazzare il tempo.