Molto tempo fa, prima che ci fosse il mondo, che ci fosse lo spazio dove mettere un mondo, che ci fosse il tempo di pensare a dove fare spazio e addirittura prima che ci fosse il fosse, il Signore Dio onnipotente camminava da solo per il nulla, cosa che, essendo il nulla tutto uguale, equivaleva un po’ a stare fermi. Camminava fischiettando e arricciandosi i peli della lunga barba bianca, e qualche volta si fermava a guardarsi un dito, prima con un occhio e poi con l’altro, per vedere l’effetto di parallasse. Tutte attività eseguite ogni volta divinamente e con impareggiabile onnipotenza, ma pur sempre le stesse attività di sempre, tutte ripetute un’infinità di volte. Senza contare che, diceva il Signore fra sé e sé e sé, la cosa della parallasse non è che funzioni molto bene quando lo sfondo è il nulla. Così un giorno, pare fosse un lunedì, Dio creò il mondo. Prese un piccolo pezzettino di nulla, grande più o meno come un bel niente, ci soffiò dentro e all’improvviso, con un grande botto, apparve il mondo. Dio vide che era cosa buona e giusta: le nubi molecolari si addensavano, le stelle trasformavano l’idrogeno in elio, le supernove esplodevano, e ogni tanto la gravità spingeva masse grandi come un mondo dentro il nulla. Ogni cosa era molto spettacolare, ma purtroppo nessuno spettacolo, per quanto spettacolare possa essere, può essere visto più di tre o quattro volte consecutivamente, e Dio, dopo tredici miliardi di anni di repliche, iniziava ad annoiarsi un po’. Allora creò la vita. Prese un pianeta a caso, gli diede una mescolata e dopo pochissimi milioni di anni saltarono fuori il ratto delle chiaviche, la blatta germanica, lo yersinia pestis e tanti altri curiosi animaletti che zampettavano allegramente per il paradiso terrestre. Fra questi il suo preferito era senza dubbio lo scarabeo stercorario: Dio sembrava non stufarsi mai di guardare quel buffo insetto che passava la vita a spingere una palla di merda (si noti che tutte queste cose sono scritte nella Bibbia, solo che le lettere sono disposte in modo diverso). E fu sera e fu mattina e Dio si stufò anche dello scarabeo stercorario. Prima o poi doveva succedere. A questo punto l’unica soluzione era creare un animale che fosse libero di disobbedire. Certo, l’idea di una creatura non completamente sotto il suo controllo gli dava abbastanza fastidio, ma l’alternativa era impiccarsi. Così Dio prese una scimmia, le tolse la coda, le diede un po’ di libero arbitrio e creò la sua nuova creatura prediletta: l’uomo stercorario.
Il tuo nome è Adamo e questa è tua moglie Eva. Andate e fate figli.
Quanti, Signore?
Tanti.
Sì, ma più o meno?
A più non posso.
D’accordo. Eva scrivi: fate figli. Poi?
Fatene altri.
Tutto qui?
Dite ai vostri figli di fare figli, e ai figli dei loro figli di fare altri figli. Voglio figli.
Posso fare una domanda?
Non puoi mangiare la mela.
No, non è questo.
Allora cos’è? Sbrigati, sto iniziando ad annoiarmi.
Mi è passato di mente.
Adamo ed Eva salutarono il Signore e iniziarono subito a fare figli. A lui piaceva concepirli ma odiava accudirli, lei odiava concepirli e anche accudirli, ma almeno quest’ultima cosa poteva farla senza simulare piacere. In pratica erano fatti l’uno per l’altra. Dopo dieci anni avevano già messo al mondo tre figli e otto figlie, di cui due già incinte. Adamo non era certo uno che stava con le mani in mano. Fecero figli su figli e lo stesso fecero i loro figli e i figli dei figli, e alla morte di Adamo ed Eva, per sicurezza, i loro figli decisero di istituire uno speciale ordine di funzionari addetti alla metafisica con la precisa funzione di tramandare di generazione in generazione la volontà del Signore, in modo che nessuno dimenticasse mai il suo volere: fare figli. Mai visto un animale così obbediente. Così in pochissimo tempo, neanche duecentomila anni, la superficie del pianeta si ricoprì di esseri umani. Prima le zone più comode e meglio servite dai mezzi pubblici, poi quelle via via più scomode: montagne, paludi, deserti e tutto ciò su cui fosse possibile avere una copula. Chiunque avesse un minimo di autorevolezza invitava i propri simili a fare figli, e tutti quanti, appena avevano un minuto libero, si precipitavano da qualche parte a fare figli. Intanto la tecnica progrediva e a un certo punto fu possibile fare figli via mail, fare figli in proprio con la bustina e persino far fare figli ai calzini sporchi. Non c’era limite al numero di figli che si potevano fare e alcuni ne avevano così tanti che li surgelavano per i momenti di sterilità. Tutto andò avanti così per secoli finché un giorno, più o meno quando la gente cominciò a cascare in mare, a un uomo venne un dubbio. L’uomo si tirò su velocemente i pantaloni e invocò il nome del Signore, che, per la cronaca, è Alberto. Il Signore apparve con un immenso sbadiglio.
Dimmi.
Signore, perché tutti questi figli?
Niente, ero curioso di vedere cosa succedeva.
Il tuo nome è Adamo e questa è tua moglie Eva. Andate e fate figli.
Quanti, Signore?
Tanti.
Sì, ma più o meno?
A più non posso.
D’accordo. Eva scrivi: fate figli. Poi?
Fatene altri.
Tutto qui?
Dite ai vostri figli di fare figli, e ai figli dei loro figli di fare altri figli. Voglio figli.
Posso fare una domanda?
Non puoi mangiare la mela.
No, non è questo.
Allora cos’è? Sbrigati, sto iniziando ad annoiarmi.
Mi è passato di mente.
Adamo ed Eva salutarono il Signore e iniziarono subito a fare figli. A lui piaceva concepirli ma odiava accudirli, lei odiava concepirli e anche accudirli, ma almeno quest’ultima cosa poteva farla senza simulare piacere. In pratica erano fatti l’uno per l’altra. Dopo dieci anni avevano già messo al mondo tre figli e otto figlie, di cui due già incinte. Adamo non era certo uno che stava con le mani in mano. Fecero figli su figli e lo stesso fecero i loro figli e i figli dei figli, e alla morte di Adamo ed Eva, per sicurezza, i loro figli decisero di istituire uno speciale ordine di funzionari addetti alla metafisica con la precisa funzione di tramandare di generazione in generazione la volontà del Signore, in modo che nessuno dimenticasse mai il suo volere: fare figli. Mai visto un animale così obbediente. Così in pochissimo tempo, neanche duecentomila anni, la superficie del pianeta si ricoprì di esseri umani. Prima le zone più comode e meglio servite dai mezzi pubblici, poi quelle via via più scomode: montagne, paludi, deserti e tutto ciò su cui fosse possibile avere una copula. Chiunque avesse un minimo di autorevolezza invitava i propri simili a fare figli, e tutti quanti, appena avevano un minuto libero, si precipitavano da qualche parte a fare figli. Intanto la tecnica progrediva e a un certo punto fu possibile fare figli via mail, fare figli in proprio con la bustina e persino far fare figli ai calzini sporchi. Non c’era limite al numero di figli che si potevano fare e alcuni ne avevano così tanti che li surgelavano per i momenti di sterilità. Tutto andò avanti così per secoli finché un giorno, più o meno quando la gente cominciò a cascare in mare, a un uomo venne un dubbio. L’uomo si tirò su velocemente i pantaloni e invocò il nome del Signore, che, per la cronaca, è Alberto. Il Signore apparve con un immenso sbadiglio.
Dimmi.
Signore, perché tutti questi figli?
Niente, ero curioso di vedere cosa succedeva.