Gran parte della musica strumentale della seconda metà del Settecento e dell’Ottocento è in forma sonata. La forma sonata è fatta così: esposizione, sviluppo, ripresa e coda. L’esposizione espone un paio di temi, lo sviluppo li sviluppa, la ripresa li riprende e la coda dà una conclusione soddisfacente a tutto quanto, il tutto prendendoti l’orecchio a una certa tonalità, portandotelo in giro per altre tonalità più o meno lontane e poi riportandotelo sano e salvo alla tonalità iniziale. Alla fine è come avere fatto un viaggio, solo che non ci si è mossi dal divano. Questo se la musica funziona, perché se non funziona è come non essersi mossi dal divano e basta. Ovviamente la forma sonata non è di per sé garanzia di riuscita estetica. È solo una forma, come un vaso ha la forma di un vaso o una giraffa ha la forma di una giraffa, poi ci sono giraffe e giraffe, così come ci sono i vasi attici e i vasi da notte. Anche la canzone della musica leggera è una forma: strofa, ritornello, strofa, ritornello, strofa, ritornello e così via all’infinito, tutto rigorosamente nella stessa tonalità, ma questo non è un difetto, è la forma che è così. Uno dei motivi per cui molte persone non apprezzano la musica cosiddetta classica è che la prendono come se fosse una canzone, ma è molto difficile canticchiare sotto la doccia un quartetto di Beethoven da cima a fondo, soprattutto quando si ha a disposizione un numero di bocche inferiore a quattro. È come se a uno servisse un vaso e si comprasse una giraffa, poi non può lamentarsi con la giraffa se non sa dove infilare i fiori.
Nella forma sonata l’esposizione è la testa, primo perché sta in cima a tutto, secondo perché tutto viene fuori da lì: o come risposta ai temi esposti o come loro elaborazione. Lo sviluppo è invece il corpo, quello che fa muovere la musica: a volte obbedisce alla testa, altre volte va un po’ per conto suo, ma alla fine torna sempre alla tonalità da cui la testa è partita. La ripresa sono le gambe, perché permette alla musica di stare in piedi. La coda è la coda. Ecco per esempio il primo movimento del quartetto K 590 di Mozart
Una classica giraffa di 198 battute con tutte le sue parti ben proporzionate: più testa che corpo (il doppio), gambe lunghe circa quanto la testa e una coda che non dà troppo nell’occhio. Ma la forma sonata non è sempre così. Haydn l’ha inventata, Mozart l’ha perfezionata, Beethoven l’ha ampliata, completata e poi fatta in tanti piccoli pezzi, Brahms ha raccolto questi pezzi e li ha rimessi insieme, dopodiché i compositori sono dovuti passare a qualcos’altro. In realtà non è proprio esatto dire che Haydn abbia inventato la forma sonata, dal momento che forme simili esistevano anche prima, delle specie di progenitori della forma sonata, come per esempio il preludio BWV 854 del primo libro del Clavicembalo ben Temperato
Forse è un po’ piccolo e non si vede bene (solo 24 battute), ma posso garantire che è una giraffa. Questo però non significa che l’inventore della forma sonata sia Bach o qualcun altro, ma significa semplicemente che non c’è nessun inventore. Non c’è nessuno che una mattina si è svegliato e ha detto “ci sono! esposizione, sviluppo, ripresa e coda!”. Le forme musicali non nascono così, ma emergono un po’ alla volta evolvendosi da qualcosa di preesistente, mutazione dopo mutazione. E comunque, sia detto per inciso, Bach preferiva di gran lunga l’autobus alla giraffa.
Per avere un’idea di come la giraffa si sia evoluta dal classicismo viennese fino agli inizi del romanticismo, può essere utile considerare i primi movimenti di tutti i quartetti di Beethoven. La vita di Beethoven può essere suddivisa in tre periodi: gioventù, maturità e vecchiaia, un po’ come la vita di tutti quanti, solo che Beethoven ha combinato qualcosa in tutti e tre i periodi, a differenza della maggior parte della gente che invece non combina niente in nessun periodo, e anzi spesso riesce addirittura a combinare qualcosa di dannoso, cioè qualcosa che contribuisce significativamente a peggiorare la qualità della vita altrui. Sto naturalmente parlando di Ludovico Einaudi. La figura che segue mostra i primi movimenti di tutti i quartetti che Beethoven ha composto nella sua gioventù.
Benché tutte queste giraffe mantengano una loro classica eleganza, chi più chi meno, tuttavia si possono già notare due importanti mutazioni rispetto alla giraffa di Mozart: l’aumento delle dimensioni generali e, cosa ancora più evidente, l’ingrossamento del corpo. Assomigliano quasi più a mucche che a giraffe. Qui sotto si può apprezzare meglio l’andamento del rapporto corpo/testa partendo dalla giraffa 18/1 fino alla 18/6
Come si vede, a parte la terza giraffa, tutte le altre hanno un corpo che è più grande della metà della testa. In particolare l’ultima ha un corpo che è grande quasi quanto la testa (83 battute a 91) e questa tendenza evolutiva prosegue decisamente con le giraffe della maturità.
Ora, lasciando stare l’apparizione del cappello (l’introduzione), cosa che esisteva già ai tempi di Haydn, l’occhio più attento non mancherà certo di notare in queste giraffe una certa corpulenza. La 59/1, in particolare, è praticamente un’enorme giraffa a dondolo. Ma anche le altre non scherzano, visto che hanno tutte un rapporto corpo/testa circa uguale a uno. E non è tutto, in tre di queste giraffe si può anche notare una nuova e molto poco classica mutazione: le smisurate dimensioni della coda. La 74 ha addirittura una coda più grande della testa (59 a 53), e questo è la prima volta che succede, non so se nella storia della musica, ma di certo nella storia del mio iPod. È come se la testa avesse perso la sua importanza e la cosa interessante non fosse più quello che la giraffa dice, ma tutto quello che riesce a fare con ciò che dice.
Ma queste non sono tutte le giraffe del periodo maturo di Beethoven. All’appello ne manca ancora una, la cosiddetta giraffa seriosa
Cos’è successo? Perché è così piccola? Si sta forse tornando alle buone vecchie proporzioni classiche? Non proprio, visto quello che succede alle giraffe dell’ultimo periodo.
Se già così queste giraffe sembrano strane, si pensi che in realtà lo sono molto di più. Infatti dalla figura si vedono solo le proporzioni fra le varie parti della giraffa, mentre gli sconvolgimenti più grandi avvengono dentro e riguardano lo scheletro: teste con dentro piccoli corpi, corpi che sembrano gambe, code che sembrano gambe e corpi insieme, cappelli fusi col corpo e così via. Esteriormente sembrano giraffe, strane, ma pur sempre giraffe, dentro sono alien.
Poi a un certo punto arriva Brahms e, come si può vedere dal finale del quintetto Op. 34, rimette tutto in ordine.
Più o meno.
Nella forma sonata l’esposizione è la testa, primo perché sta in cima a tutto, secondo perché tutto viene fuori da lì: o come risposta ai temi esposti o come loro elaborazione. Lo sviluppo è invece il corpo, quello che fa muovere la musica: a volte obbedisce alla testa, altre volte va un po’ per conto suo, ma alla fine torna sempre alla tonalità da cui la testa è partita. La ripresa sono le gambe, perché permette alla musica di stare in piedi. La coda è la coda. Ecco per esempio il primo movimento del quartetto K 590 di Mozart
Una classica giraffa di 198 battute con tutte le sue parti ben proporzionate: più testa che corpo (il doppio), gambe lunghe circa quanto la testa e una coda che non dà troppo nell’occhio. Ma la forma sonata non è sempre così. Haydn l’ha inventata, Mozart l’ha perfezionata, Beethoven l’ha ampliata, completata e poi fatta in tanti piccoli pezzi, Brahms ha raccolto questi pezzi e li ha rimessi insieme, dopodiché i compositori sono dovuti passare a qualcos’altro. In realtà non è proprio esatto dire che Haydn abbia inventato la forma sonata, dal momento che forme simili esistevano anche prima, delle specie di progenitori della forma sonata, come per esempio il preludio BWV 854 del primo libro del Clavicembalo ben Temperato
Forse è un po’ piccolo e non si vede bene (solo 24 battute), ma posso garantire che è una giraffa. Questo però non significa che l’inventore della forma sonata sia Bach o qualcun altro, ma significa semplicemente che non c’è nessun inventore. Non c’è nessuno che una mattina si è svegliato e ha detto “ci sono! esposizione, sviluppo, ripresa e coda!”. Le forme musicali non nascono così, ma emergono un po’ alla volta evolvendosi da qualcosa di preesistente, mutazione dopo mutazione. E comunque, sia detto per inciso, Bach preferiva di gran lunga l’autobus alla giraffa.
Per avere un’idea di come la giraffa si sia evoluta dal classicismo viennese fino agli inizi del romanticismo, può essere utile considerare i primi movimenti di tutti i quartetti di Beethoven. La vita di Beethoven può essere suddivisa in tre periodi: gioventù, maturità e vecchiaia, un po’ come la vita di tutti quanti, solo che Beethoven ha combinato qualcosa in tutti e tre i periodi, a differenza della maggior parte della gente che invece non combina niente in nessun periodo, e anzi spesso riesce addirittura a combinare qualcosa di dannoso, cioè qualcosa che contribuisce significativamente a peggiorare la qualità della vita altrui. Sto naturalmente parlando di Ludovico Einaudi. La figura che segue mostra i primi movimenti di tutti i quartetti che Beethoven ha composto nella sua gioventù.
Benché tutte queste giraffe mantengano una loro classica eleganza, chi più chi meno, tuttavia si possono già notare due importanti mutazioni rispetto alla giraffa di Mozart: l’aumento delle dimensioni generali e, cosa ancora più evidente, l’ingrossamento del corpo. Assomigliano quasi più a mucche che a giraffe. Qui sotto si può apprezzare meglio l’andamento del rapporto corpo/testa partendo dalla giraffa 18/1 fino alla 18/6
Come si vede, a parte la terza giraffa, tutte le altre hanno un corpo che è più grande della metà della testa. In particolare l’ultima ha un corpo che è grande quasi quanto la testa (83 battute a 91) e questa tendenza evolutiva prosegue decisamente con le giraffe della maturità.
Ora, lasciando stare l’apparizione del cappello (l’introduzione), cosa che esisteva già ai tempi di Haydn, l’occhio più attento non mancherà certo di notare in queste giraffe una certa corpulenza. La 59/1, in particolare, è praticamente un’enorme giraffa a dondolo. Ma anche le altre non scherzano, visto che hanno tutte un rapporto corpo/testa circa uguale a uno. E non è tutto, in tre di queste giraffe si può anche notare una nuova e molto poco classica mutazione: le smisurate dimensioni della coda. La 74 ha addirittura una coda più grande della testa (59 a 53), e questo è la prima volta che succede, non so se nella storia della musica, ma di certo nella storia del mio iPod. È come se la testa avesse perso la sua importanza e la cosa interessante non fosse più quello che la giraffa dice, ma tutto quello che riesce a fare con ciò che dice.
Ma queste non sono tutte le giraffe del periodo maturo di Beethoven. All’appello ne manca ancora una, la cosiddetta giraffa seriosa
Cos’è successo? Perché è così piccola? Si sta forse tornando alle buone vecchie proporzioni classiche? Non proprio, visto quello che succede alle giraffe dell’ultimo periodo.
Se già così queste giraffe sembrano strane, si pensi che in realtà lo sono molto di più. Infatti dalla figura si vedono solo le proporzioni fra le varie parti della giraffa, mentre gli sconvolgimenti più grandi avvengono dentro e riguardano lo scheletro: teste con dentro piccoli corpi, corpi che sembrano gambe, code che sembrano gambe e corpi insieme, cappelli fusi col corpo e così via. Esteriormente sembrano giraffe, strane, ma pur sempre giraffe, dentro sono alien.
Poi a un certo punto arriva Brahms e, come si può vedere dal finale del quintetto Op. 34, rimette tutto in ordine.
Più o meno.