PRETI - EP.4 MORALE
Voci: Guglielmo Favilla (stagista) e Fabrizio Odetto (parroco)
Musica: Snook
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COPPIA D’ANIMALI
Molte specie animali formano coppie: rinoceronti, pesci martello, ratti della sabbia, eccetera. Naturalmente esistono delle eccezioni, per esempio i tonni se ne stanno isolati in piccole lattine di metallo, comportamento comune a molti animali sott’olio, mentre alcune specie di molluschi si ammucchiano in grandi quantità attorno al proprio capo di partito, tuttavia si tratta di casi rari. La maggior parte degli animali tende a formare coppie. La stabilità di queste coppie varia da specie a specie e può andare da pochi nanosecondi (il tempo medio di una copula per l’homo sapiens sposato) a centinaia di anni, come per le statuine di plastica sulle torte nuziali. È bene precisare che non si sta parlando di monogamia, comportamento abbastanza raro in natura e praticato soprattutto dopo i novant’anni, ma semplicemente di coppie, cioè di gruppi di due animali più o meno della stessa specie dove uno dei due, quasi sempre lo stesso, introduce una parte del proprio corpo, quasi sempre la stessa, nel corpo dell’altro senza essere denunciato. Eccezione: se un essere umano introduce nel proprio stomaco un petto d’anatra, costui e l’anatra non vanno considerati una coppia, a meno che l’anatra non sia consenziente.
Qual è l’origine di questo comportamento? A cosa serve? È qualcosa che ha a che fare col sesso?
Chiunque abbia un po’ di esperienza avrà certamente notato che al mondo esistono due sessi. Attenzione: “sessi”, non “generi”. La parola “genere” appartiene al gergo politicamente corretto oggi tanto in voga e non vale la pena usarla, perché presto sarà sostituita da qualche altro eufemismo, qualcosa come “tipo” o “categoria”, finché di ammorbidimento in ammorbidimento tutte le parole del mondo saranno sostituite da un più asettico “cosa”.
Cosa cosa cosa, cosa.
Cosa cosa cosa.
Cosa?
Cosa.
Perché due sessi e non sette o otto? O, ancora meglio, uno solo? Sarebbe fantastico se ci fosse un sesso solo, la vita sarebbe incredibilmente più semplice e serena. Un essere umano dedica circa la metà del suo tempo all’accoppiamento (il doppio se si tratta di un maschio): il novanta percento di questo tempo è speso a pensare all’accoppiamento, l’uno percento a praticarlo e il resto a pulirsi. È chiaro che senza queste preoccupazioni uno potrebbe dedicarsi maggiormente a cose più serie, come l’ufologia o i viaggi nel tempo, la sua vita scorrerebbe pacifica e serena finché un giorno, alla prima masturbazione, paf! si sdoppierebbe in due neonati identici, entrambi forniti di mammelle per potersi autoallattare. Purtroppo il problema è che con un solo sesso sarebbe impossibile il rimescolamento genetico e oggi il genere umano non sarebbe così assurdamente evoluto. Probabilmente vivrebbe ancora in enormi scatoloni di cemento e andrebbe pazzo per i quiz televisivi.
Un numero di sessi superiore a due garantirebbe un rimescolamento genetico molto superiore e la specie umana riuscirebbe ad adattarsi anche ai cambiamenti climatici più rapidi: in inverno nascerebbero bambini con le orecchie pelose e in estate con le ciabatte di gomma, però diminuirebbero in modo proporzionale le possibilità di accordarsi sul giorno e il luogo della copula. È già difficile mettersi d’accordo in due, figuriamoci se ci fossero più sessi, ognuno col suo ben determinato set di orifizi e protuberanze e la sua personalissima idea su come deve essere un rapporto.
Chiaramente due sessi è il compromesso migliore: è più facile accontentarsi e c’è un briciolo di speranza che il figlio non sia un imbecille come i genitori.
Qual è l’origine di questo comportamento? A cosa serve? È qualcosa che ha a che fare col sesso?
Chiunque abbia un po’ di esperienza avrà certamente notato che al mondo esistono due sessi. Attenzione: “sessi”, non “generi”. La parola “genere” appartiene al gergo politicamente corretto oggi tanto in voga e non vale la pena usarla, perché presto sarà sostituita da qualche altro eufemismo, qualcosa come “tipo” o “categoria”, finché di ammorbidimento in ammorbidimento tutte le parole del mondo saranno sostituite da un più asettico “cosa”.
Cosa cosa cosa, cosa.
Cosa cosa cosa.
Cosa?
Cosa.
Perché due sessi e non sette o otto? O, ancora meglio, uno solo? Sarebbe fantastico se ci fosse un sesso solo, la vita sarebbe incredibilmente più semplice e serena. Un essere umano dedica circa la metà del suo tempo all’accoppiamento (il doppio se si tratta di un maschio): il novanta percento di questo tempo è speso a pensare all’accoppiamento, l’uno percento a praticarlo e il resto a pulirsi. È chiaro che senza queste preoccupazioni uno potrebbe dedicarsi maggiormente a cose più serie, come l’ufologia o i viaggi nel tempo, la sua vita scorrerebbe pacifica e serena finché un giorno, alla prima masturbazione, paf! si sdoppierebbe in due neonati identici, entrambi forniti di mammelle per potersi autoallattare. Purtroppo il problema è che con un solo sesso sarebbe impossibile il rimescolamento genetico e oggi il genere umano non sarebbe così assurdamente evoluto. Probabilmente vivrebbe ancora in enormi scatoloni di cemento e andrebbe pazzo per i quiz televisivi.
Un numero di sessi superiore a due garantirebbe un rimescolamento genetico molto superiore e la specie umana riuscirebbe ad adattarsi anche ai cambiamenti climatici più rapidi: in inverno nascerebbero bambini con le orecchie pelose e in estate con le ciabatte di gomma, però diminuirebbero in modo proporzionale le possibilità di accordarsi sul giorno e il luogo della copula. È già difficile mettersi d’accordo in due, figuriamoci se ci fossero più sessi, ognuno col suo ben determinato set di orifizi e protuberanze e la sua personalissima idea su come deve essere un rapporto.
Chiaramente due sessi è il compromesso migliore: è più facile accontentarsi e c’è un briciolo di speranza che il figlio non sia un imbecille come i genitori.
PRETI - EP.3 LITURGIA
Voci: Guglielmo Favilla (stagista) e Fabrizio Odetto (parroco)
Musica: Snook
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INTERVISTA A DIO
Prima di tutto una domanda doverosa, qual è il suo vero nome?
...
Non so se ha letto i giornali negli ultimi tremila anni, ma c’è un dibattito molto acceso su questo punto.
...
Non mi dica che nemmeno lei può nominare il suo nome. Come fa quando telefona? “Pronto, sono tu sai chi”?
...
Okay, senta, perché ha creato il mondo?
...
Ci pensi pure tutto il tempo che vuole.
...
Apprezzo molto le persone riflessive, per non parlare delle divinità riflessive.
...
Intanto che ci pensa, mi dice almeno perché ha creato l’uomo?
...
L’uomo, la donna e tutto quel che segue.
...
Non lo sa o non vuole che si sappia?
...
Se mi permette, vorrei farle vedere come li avrei creati io. È solo uno schizzo, eh.
...
Le piace? Mi sarei permesso di aggiungere un cervello di scorta.
...
Ah, e questa qui non è una canna da pesca ma il pene. Molta gente lo apprezzerebbe, sa? Io penso che se gli uomini riuscissero a succhiarselo da soli ci sarebbero molte meno guerre.
...
Chi tace acconsente?
...
Lei è decisamente un tipo di poche parole, è curioso che abbia tutto questo successo.
...
Non so se ha letto i giornali negli ultimi tremila anni, ma c’è un dibattito molto acceso su questo punto.
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Non mi dica che nemmeno lei può nominare il suo nome. Come fa quando telefona? “Pronto, sono tu sai chi”?
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Okay, senta, perché ha creato il mondo?
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Ci pensi pure tutto il tempo che vuole.
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Apprezzo molto le persone riflessive, per non parlare delle divinità riflessive.
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Intanto che ci pensa, mi dice almeno perché ha creato l’uomo?
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L’uomo, la donna e tutto quel che segue.
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Non lo sa o non vuole che si sappia?
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Se mi permette, vorrei farle vedere come li avrei creati io. È solo uno schizzo, eh.
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Le piace? Mi sarei permesso di aggiungere un cervello di scorta.
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Ah, e questa qui non è una canna da pesca ma il pene. Molta gente lo apprezzerebbe, sa? Io penso che se gli uomini riuscissero a succhiarselo da soli ci sarebbero molte meno guerre.
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Chi tace acconsente?
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Lei è decisamente un tipo di poche parole, è curioso che abbia tutto questo successo.
PRETI - EP.2 CONSENSUS GENTIUM
Voci: Guglielmo Favilla (stagista) e Fabrizio Odetto (parroco)
Musica: Snook
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MAYA, UN NOME TROPPO PICCOLO PER UN POPOLO COSÌ GRANDE
I Maya sono un popolo con una storia antichissima, eppure di loro sappiamo ancora molto poco. Ecco alcune cifre: 21 5 74 1 1 96.
La parola “Maya” significa “proboscide”, ma quello che è ancora più curioso è che nella lingua dei Maya la parola proboscide non esiste, o perlomeno non si scriveva così. Il sistema di scrittura Maya è ancora oggi uno dei più grandi misteri dell’archeologia moderna. Ecco per esempio un’iscrizione trovata su un vaso a forma di grande conchiglia nei pressi di Nacajuca:
Queste parole sono invece state rinvenute su una piccola scultura in Guatemala a forma di sasso qualsiasi:
I Maya vivevano in sontuosi palazzi a forma di spazio sotto gli alberi, costruiti perlopiù in legno lavorato a tronco avvolto da corteccia e con tegole di foglie che servivano per ripararsi dalla pioggia, una delle tante invenzioni Maya. Il loro abbigliamento era semplice e allo stesso tempo raffinato: le donne vestivano comodi involucri di epidermide ornati da due lunghe cotolette con capezzolo e da un triangolino di pelo molto discreto, mentre la moda maschile prevedeva un elegante batacchio penzolante fra le gambe, forse usato per misurare il tempo.
La scienza dei Maya era straordinariamente avanzata e non aveva nulla da invidiare a quella di altri grandi popoli come gli Unni, i Vandali o i cacciatori di teste del Borneo. Per esempio conoscevano lo zero e probabilmente anche il cinque, il nove e il ventiquattro e sapevano benissimo che la Terra è sferica, anche se la loro idea di sfera non era esattamente come la nostra.
Il sistema cosmologico dei Maya poneva la Terra al centro dell’universo e il Sole, gran sorriso della divinità, al di sopra dei pezzi di stoffa (le nuvole) che portano alla bocca una ciotola di formiche (la Luna) ruotanti verso destra con la pancia sporgente (le stelle, Giove e Pluturno).
Molti associano i Maya alla violenza dei riti religiosi, ai sacrifici umani e così via, ma questa fama è assolutamente immeritata. Facevano tributi di sangue alle divinità, è vero, ma la cosa non li divertiva per niente.
Che altro? Si spostavano da un posto all’altro usando gratuitamente i piedi, non avevano centrali nucleari e, scoperta recentissima, sono stati i primi a inventare la polvere da sparo, cosa di cui andavano ghiotti. Sembra invece infondata la credenza che li vorrebbe creatori dell’opera lirica: i Maya non sapevano cantare né suonare, come dimostrerebbero numerosi graffiti che li rappresentano mentre non cantano e non suonano, ma questo non è da vedere come un limite. Il disinteresse dei Maya per la musica ha probabilmente le sue origini nel modo in cui si pettinavano, anche se al momento rimane solo un’ipotesi senza senso.
Un discorso a parte merita il calendario di questo grande popolo, probabilmente uno dei più ingegnosi e sofisticati. L’anno è suddiviso in otto mesi, uno subito e gli altri a seguire. Il primo mese è quello stabilito per fecondare le donne e ha la durata di ventisei giorni, mentre gli altri durano in tutto duecentocinquantuno giorni e sono assegnati alla fecondazione delle donne che non ci stanno. La durata dell’anno Maya è quindi di duecentosettantasette giorni più o meno undici a seconda dell’umore del dio Oca Selvatica, che si manifesta sotto forma di oca selvatica tutte le volte che un Maya incontra un’oca selvatica. Le oche selvatiche erano sacre per i Maya, infatti le mangiavano con molto rispetto. A noi questo calendario può forse sembrare scomodo, ma sarebbe sbagliato giudicare una cultura così lontana con i nostri criteri. Per i Maya la precisione e la regolarità non erano valori, mentre tenevano in grande considerazione l’imprecisione e il fare le cose a caso.
E poi ci sono i leggendari rutti Maya, terrore dei nemici (i Maya non avevano nemici) e all’occorrenza pratici asciugacapelli (se solo avessero avuto la bocca sopra la testa), ma l’argomento è troppo complesso per poter essere trattato senza birra.
La parola “Maya” significa “proboscide”, ma quello che è ancora più curioso è che nella lingua dei Maya la parola proboscide non esiste, o perlomeno non si scriveva così. Il sistema di scrittura Maya è ancora oggi uno dei più grandi misteri dell’archeologia moderna. Ecco per esempio un’iscrizione trovata su un vaso a forma di grande conchiglia nei pressi di Nacajuca:
Queste parole sono invece state rinvenute su una piccola scultura in Guatemala a forma di sasso qualsiasi:
I Maya vivevano in sontuosi palazzi a forma di spazio sotto gli alberi, costruiti perlopiù in legno lavorato a tronco avvolto da corteccia e con tegole di foglie che servivano per ripararsi dalla pioggia, una delle tante invenzioni Maya. Il loro abbigliamento era semplice e allo stesso tempo raffinato: le donne vestivano comodi involucri di epidermide ornati da due lunghe cotolette con capezzolo e da un triangolino di pelo molto discreto, mentre la moda maschile prevedeva un elegante batacchio penzolante fra le gambe, forse usato per misurare il tempo.
La scienza dei Maya era straordinariamente avanzata e non aveva nulla da invidiare a quella di altri grandi popoli come gli Unni, i Vandali o i cacciatori di teste del Borneo. Per esempio conoscevano lo zero e probabilmente anche il cinque, il nove e il ventiquattro e sapevano benissimo che la Terra è sferica, anche se la loro idea di sfera non era esattamente come la nostra.
Il sistema cosmologico dei Maya poneva la Terra al centro dell’universo e il Sole, gran sorriso della divinità, al di sopra dei pezzi di stoffa (le nuvole) che portano alla bocca una ciotola di formiche (la Luna) ruotanti verso destra con la pancia sporgente (le stelle, Giove e Pluturno).
Molti associano i Maya alla violenza dei riti religiosi, ai sacrifici umani e così via, ma questa fama è assolutamente immeritata. Facevano tributi di sangue alle divinità, è vero, ma la cosa non li divertiva per niente.
Che altro? Si spostavano da un posto all’altro usando gratuitamente i piedi, non avevano centrali nucleari e, scoperta recentissima, sono stati i primi a inventare la polvere da sparo, cosa di cui andavano ghiotti. Sembra invece infondata la credenza che li vorrebbe creatori dell’opera lirica: i Maya non sapevano cantare né suonare, come dimostrerebbero numerosi graffiti che li rappresentano mentre non cantano e non suonano, ma questo non è da vedere come un limite. Il disinteresse dei Maya per la musica ha probabilmente le sue origini nel modo in cui si pettinavano, anche se al momento rimane solo un’ipotesi senza senso.
Un discorso a parte merita il calendario di questo grande popolo, probabilmente uno dei più ingegnosi e sofisticati. L’anno è suddiviso in otto mesi, uno subito e gli altri a seguire. Il primo mese è quello stabilito per fecondare le donne e ha la durata di ventisei giorni, mentre gli altri durano in tutto duecentocinquantuno giorni e sono assegnati alla fecondazione delle donne che non ci stanno. La durata dell’anno Maya è quindi di duecentosettantasette giorni più o meno undici a seconda dell’umore del dio Oca Selvatica, che si manifesta sotto forma di oca selvatica tutte le volte che un Maya incontra un’oca selvatica. Le oche selvatiche erano sacre per i Maya, infatti le mangiavano con molto rispetto. A noi questo calendario può forse sembrare scomodo, ma sarebbe sbagliato giudicare una cultura così lontana con i nostri criteri. Per i Maya la precisione e la regolarità non erano valori, mentre tenevano in grande considerazione l’imprecisione e il fare le cose a caso.
E poi ci sono i leggendari rutti Maya, terrore dei nemici (i Maya non avevano nemici) e all’occorrenza pratici asciugacapelli (se solo avessero avuto la bocca sopra la testa), ma l’argomento è troppo complesso per poter essere trattato senza birra.