MAYA, UN NOME TROPPO PICCOLO PER UN POPOLO COSÌ GRANDE

I Maya sono un popolo con una storia antichissima, eppure di loro sappiamo ancora molto poco. Ecco alcune cifre: 21 5 74 1 1 96.
La parola “Maya” significa “proboscide”, ma quello che è ancora più curioso è che nella lingua dei Maya la parola proboscide non esiste, o perlomeno non si scriveva così. Il sistema di scrittura Maya è ancora oggi uno dei più grandi misteri dell’archeologia moderna. Ecco per esempio un’iscrizione trovata su un vaso a forma di grande conchiglia nei pressi di Nacajuca:



Queste parole sono invece state rinvenute su una piccola scultura in Guatemala a forma di sasso qualsiasi:



I Maya vivevano in sontuosi palazzi a forma di spazio sotto gli alberi, costruiti perlopiù in legno lavorato a tronco avvolto da corteccia e con tegole di foglie che servivano per ripararsi dalla pioggia, una delle tante invenzioni Maya. Il loro abbigliamento era semplice e allo stesso tempo raffinato: le donne vestivano comodi involucri di epidermide ornati da due lunghe cotolette con capezzolo e da un triangolino di pelo molto discreto, mentre la moda maschile prevedeva un elegante batacchio penzolante fra le gambe, forse usato per misurare il tempo.
La scienza dei Maya era straordinariamente avanzata e non aveva nulla da invidiare a quella di altri grandi popoli come gli Unni, i Vandali o i cacciatori di teste del Borneo. Per esempio conoscevano lo zero e probabilmente anche il cinque, il nove e il ventiquattro e sapevano benissimo che la Terra è sferica, anche se la loro idea di sfera non era esattamente come la nostra.


Il sistema cosmologico dei Maya poneva la Terra al centro dell’universo e il Sole, gran sorriso della divinità, al di sopra dei pezzi di stoffa (le nuvole) che portano alla bocca una ciotola di formiche (la Luna) ruotanti verso destra con la pancia sporgente (le stelle, Giove e Pluturno).
Molti associano i Maya alla violenza dei riti religiosi, ai sacrifici umani e così via, ma questa fama è assolutamente immeritata. Facevano tributi di sangue alle divinità, è vero, ma la cosa non li divertiva per niente.
Che altro? Si spostavano da un posto all’altro usando gratuitamente i piedi, non avevano centrali nucleari e, scoperta recentissima, sono stati i primi a inventare la polvere da sparo, cosa di cui andavano ghiotti. Sembra invece infondata la credenza che li vorrebbe creatori dell’opera lirica: i Maya non sapevano cantare né suonare, come dimostrerebbero numerosi graffiti che li rappresentano mentre non cantano e non suonano, ma questo non è da vedere come un limite. Il disinteresse dei Maya per la musica ha probabilmente le sue origini nel modo in cui si pettinavano, anche se al momento rimane solo un’ipotesi senza senso.
Un discorso a parte merita il calendario di questo grande popolo, probabilmente uno dei più ingegnosi e sofisticati. L’anno è suddiviso in otto mesi, uno subito e gli altri a seguire. Il primo mese è quello stabilito per fecondare le donne e ha la durata di ventisei giorni, mentre gli altri durano in tutto duecentocinquantuno giorni e sono assegnati alla fecondazione delle donne che non ci stanno. La durata dell’anno Maya è quindi di duecentosettantasette giorni più o meno undici a seconda dell’umore del dio Oca Selvatica, che si manifesta sotto forma di oca selvatica tutte le volte che un Maya incontra un’oca selvatica. Le oche selvatiche erano sacre per i Maya, infatti le mangiavano con molto rispetto. A noi questo calendario può forse sembrare scomodo, ma sarebbe sbagliato giudicare una cultura così lontana con i nostri criteri. Per i Maya la precisione e la regolarità non erano valori, mentre tenevano in grande considerazione l’imprecisione e il fare le cose a caso.
E poi ci sono i leggendari rutti Maya, terrore dei nemici (i Maya non avevano nemici) e all’occorrenza pratici asciugacapelli (se solo avessero avuto la bocca sopra la testa), ma l’argomento è troppo complesso per poter essere trattato senza birra.