Un gruppo di ricercatori italiani diretto dal professor Tano Tronzi e dalla professoressa Palma Megma ha recentemente scoperto l’esistenza delle Parole Potenzialmente Buffe a meno di una “S”, le cosiddette parole PPB-S. Si tratta di parole di uso comune e apparentemente innocue che hanno la caratteristica di diventare inopportunamente buffe se fatte precedere da una semplice “S”. Per esempio “porcellana” diventa “sporcellana”, una parola senza senso che può gettare una luce inquietante su tutto un servizio da tè.
La scoperta è stata compiuta nei laboratori del Gran Sasso, a una profondità di un milione e quattrocentomila millimetri, una cifra da capogiro, ed è stata possibile grazie all’impegno e alla dedizione di oltre un ricercatore.
Ancora poco si sa delle proprietà delle parole PPB-S e dei loro possibili rischi per la salute umana, anche se l’equipe del Gran Sasso si sente di escludere che si tratti di parole radioattive. «La pericolosità di queste parole», spiega il professor Tano Tronzi, «non sta tanto nel loro lato buffo. La lingua italiana è piena di parole buffe assolutamente inoffensive. Parole come “lapislazzulo”, “nasiera” e “succhiello” vengono usate tutti i giorni senza che questo costituisca una minaccia per la nostra salute. Il problema delle parole PPB-S è semmai che non sono per niente buffe e allo stesso tempo nascondono un lato insospettabilmente buffo che le rende destabilizzanti. Per esempio “patologia” e “parallasse”».
Contrariamente a quanto si crede, l’importanza delle parole non sta nella loro utilità comunicativa. Naturalmente le parole servono anche per comunicare, ma se fosse solo per questo se ne potrebbe fare tranquillamente a meno visto che ci sono molti altri modi di comunicare, molto più efficaci e diretti delle parole. Una cravatta, per esempio, dice più di mille parole, dice che chi la porta è una persona seria, uno con una vita seria, un lavoro serio e probabilmente tantissime altre cose serie, come le basette a punta o la suoneria della Merrie Melodies. Certo, anche un uomo con la cravatta parla di gol annullati e prestazioni sessuali a pagamento, ma la sua cravatta sta lì proprio a dire che ne parla con una certa competenza, non come un ragazzino con la felpa della Juventus.
Le parole sono prima di tutto rassicuranti. Uno torna a casa la sera e ha voglia di trovare le sue parole pronte che lo aspettano, non vuole sorprese. Se le parole diventano ambigue e traditrici allora è la fine, se basta una “S” a trasformare una parola comune in qualcosa di strambo o fuori luogo, di che cosa ci si potrà più fidare? Come si potrà regalare un’”orchidea”? O bere da una “borraccia”? Chi mai potrà ammettere di essere “permaloso” o peggio ancora “egocentrico”?
«Erano molti anni che sospettavo l’esistenza di queste parole PPB-S», racconta visibilmente turbata la dottoressa Palma Megma, «fin da bambina ho sempre avvertito qualcosa che non andava in alcune parole senza capire precisamente cosa fosse, sentivo che qualcosa di sconvenientemente buffo si nascondeva dietro le parole più maneggevoli. Magari mi capitava di dire che avevo tanta voglia di “cacao” e subito mi sentivo come se avessi detto qualcosa di cretino. È orribile quando succede».
Secondo una prima stima le parole PPB-S sarebbero circa tremila, un numero che desta non poca preoccupazione. Ciononostante i ricercatori del Gran Sasso si dicono ottimisti e sostengono di poter arrivare in tempi brevi a una lista completa di tutte queste parole, in modo da poterle prontamente rimuovere dalla lingua italiana. «Le parole mancanti saranno sostituite con “beep”», spiega il professor Tronzi, «una parola semplice e di facile pronuncia che non ha mai dato problemi. Un metodo più rapido sarebbe stato quello di eliminare direttamente la lettera “S” dall’alfabeto, ma le autorità ecclesiastiche si sono opposte sostenendo che “Geù” sarebbe un nome troppo stupido».
Si può quindi dire che la situazione è perfettamente sotto controllo e che presto la popolazione potrà tornare a usare le parole in tutta tranquillità, come ha sempre fatto, senza preoccuparsi di quello che dice. Anche se, per completezza, bisogna purtroppo riferire una notizia che circola ormai da qualche settimana. Pare che il professor Evo Rododicane abbia scoperto una nuova pericolosissima classe di parole, le parole PPB-B.
La scoperta è stata compiuta nei laboratori del Gran Sasso, a una profondità di un milione e quattrocentomila millimetri, una cifra da capogiro, ed è stata possibile grazie all’impegno e alla dedizione di oltre un ricercatore.
Ancora poco si sa delle proprietà delle parole PPB-S e dei loro possibili rischi per la salute umana, anche se l’equipe del Gran Sasso si sente di escludere che si tratti di parole radioattive. «La pericolosità di queste parole», spiega il professor Tano Tronzi, «non sta tanto nel loro lato buffo. La lingua italiana è piena di parole buffe assolutamente inoffensive. Parole come “lapislazzulo”, “nasiera” e “succhiello” vengono usate tutti i giorni senza che questo costituisca una minaccia per la nostra salute. Il problema delle parole PPB-S è semmai che non sono per niente buffe e allo stesso tempo nascondono un lato insospettabilmente buffo che le rende destabilizzanti. Per esempio “patologia” e “parallasse”».
Contrariamente a quanto si crede, l’importanza delle parole non sta nella loro utilità comunicativa. Naturalmente le parole servono anche per comunicare, ma se fosse solo per questo se ne potrebbe fare tranquillamente a meno visto che ci sono molti altri modi di comunicare, molto più efficaci e diretti delle parole. Una cravatta, per esempio, dice più di mille parole, dice che chi la porta è una persona seria, uno con una vita seria, un lavoro serio e probabilmente tantissime altre cose serie, come le basette a punta o la suoneria della Merrie Melodies. Certo, anche un uomo con la cravatta parla di gol annullati e prestazioni sessuali a pagamento, ma la sua cravatta sta lì proprio a dire che ne parla con una certa competenza, non come un ragazzino con la felpa della Juventus.
Le parole sono prima di tutto rassicuranti. Uno torna a casa la sera e ha voglia di trovare le sue parole pronte che lo aspettano, non vuole sorprese. Se le parole diventano ambigue e traditrici allora è la fine, se basta una “S” a trasformare una parola comune in qualcosa di strambo o fuori luogo, di che cosa ci si potrà più fidare? Come si potrà regalare un’”orchidea”? O bere da una “borraccia”? Chi mai potrà ammettere di essere “permaloso” o peggio ancora “egocentrico”?
«Erano molti anni che sospettavo l’esistenza di queste parole PPB-S», racconta visibilmente turbata la dottoressa Palma Megma, «fin da bambina ho sempre avvertito qualcosa che non andava in alcune parole senza capire precisamente cosa fosse, sentivo che qualcosa di sconvenientemente buffo si nascondeva dietro le parole più maneggevoli. Magari mi capitava di dire che avevo tanta voglia di “cacao” e subito mi sentivo come se avessi detto qualcosa di cretino. È orribile quando succede».
Secondo una prima stima le parole PPB-S sarebbero circa tremila, un numero che desta non poca preoccupazione. Ciononostante i ricercatori del Gran Sasso si dicono ottimisti e sostengono di poter arrivare in tempi brevi a una lista completa di tutte queste parole, in modo da poterle prontamente rimuovere dalla lingua italiana. «Le parole mancanti saranno sostituite con “beep”», spiega il professor Tronzi, «una parola semplice e di facile pronuncia che non ha mai dato problemi. Un metodo più rapido sarebbe stato quello di eliminare direttamente la lettera “S” dall’alfabeto, ma le autorità ecclesiastiche si sono opposte sostenendo che “Geù” sarebbe un nome troppo stupido».
Si può quindi dire che la situazione è perfettamente sotto controllo e che presto la popolazione potrà tornare a usare le parole in tutta tranquillità, come ha sempre fatto, senza preoccuparsi di quello che dice. Anche se, per completezza, bisogna purtroppo riferire una notizia che circola ormai da qualche settimana. Pare che il professor Evo Rododicane abbia scoperto una nuova pericolosissima classe di parole, le parole PPB-B.