Si dice che quest’epoca sia veloce, complessa e così via, poi scopri che gli antichi greci dicevano esattamente le stesse cose della loro antica Grecia (che loro chiamavano Grecia postmoderna) e scommetto che anche i trogloditi erano sbalorditi dalle sconvolgenti innovazioni del paleolitico, come il sasso appuntito o le mani a conchetta. Naturalmente è solo una questione di prospettiva: quando in un’epoca ci vivi sai che c’è il neoprogressive, l’acid rock, il garage rock, l’epic metal, il death, doom, black, glam, punk, folk, funk metal, mentre la musica di duecento anni fa si chiama musica classica e basta, e non importa se ci sono più differenze fra due sonate di Beethoven che fra Celentano e i Daft Punk. Da vicino le differenze si vedono meglio e si vedono tutte, poi arriva il grande filtro della Storia (per comodità GFS) e spazza via tutta l’immondizia. Il passato si semplifica.
Qual è la musica di oggi che verrà ricordata fra cento anni? Per esempio, i vicini di Beethoven si rendevano conto che quel tizio strambo coi capelli unti sarebbe diventato quello che è diventato? Intendo un grandissimo musicista, non sordo. C’è solo una cosa peggiore dell’oblio a cui tutti siamo destinati (sì, anche tu), essere ricordati come quelli che non hanno riconosciuto il genio del proprio vicino di casa. Io per sicurezza chiamo tutti “maestro”.
Chi riempirà la casella dopo Stravinskij o Shostakovich nelle inevitabili raccolte “i grandi della musica classica”, “i grandi classici della musica”, “la classica musica dei grandi” e così via? Cosa si eseguirà nelle sale da concerto del 2365? John Cage o i Pet Shop Boys? Elliott Carter o Michael Jackson? Fa un certo effetto pensare a un Riccardo Muti del futuro che in smoking e bacchetta laser dirige Thriller, magari davanti a una platea di vecchi parrucconi che si lamentano quando uno applaude fra Beat It e Billie Jean.
Sublime.
Davvero struggente, non mi sono mai strutto tanto.
Si sente chiaramente l’influenza dei Metallica.
Peccato che l’interpretazione dei sintetizzatori sia stata decisamente troppo... come dire?
Funky?
È esattamente la parola che cercavo.
Ai tempi di Beethoven c’erano Dussek, Méhul, Hoffmann, Humboldt, Spohr (sono musicisti, non malattie), ma ora chi se li ricorda? Eppure erano più famosi di Beethoven, più ricchi di Beethoven e con più donne di Beethoven, anche se avere più donne di zero non è molto difficile. Tutta questa gente non è sopravvissuta al GFS e oggi, per ascoltare la loro musica, bisogna incappare nella giornata storta di un conduttore di Radio 3. Perché?
La mia opinione è che per passare il GFS non sia sufficiente avere un pubblico, ma sia anche necessario che questo pubblico abbia un peso nella società del tempo. Se vuoi lasciare il segno nella Storia, il tuo pubblico deve essere fatto dalla gente che fa la Storia. Che sia un pubblico numeroso conta fino a un certo punto, potrebbe anche essere fatto da una sola persona se questa persona fosse l’imperatore Marco Aurelio e ti trovassi nell’antica Roma invece che in un istituto psichiatrico.
Per esempio l’eclettico Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, musicista, pittore, scrittore e ragioniere di corte, era apprezzatissimo dal popolo, ma, purtroppo per lui, nell’Ottocento il popolo contava più o meno come i gatti. Per non parlare di Louis Spohr che riempiva le sale da concerto di gatti. Beethoven, invece, era apprezzato dall’alta borghesia e bisogna ammettere che essere apprezzati dalla borghesia nel secolo dell’ascesa della borghesia non è niente male, un po’ come essere apprezzati dall’aristocrazia nel Settecento o dai dinosauri nella preistoria.
Oggi è finalmente venuto il tempo del popolo, e quindi si può facilmente prevedere che la musica classica del futuro non sarà Elliott Carter, ma Michael Jackson.