I RISPARMI DI UNA VITA

Una delle mie regole di vita è sempre stata: “se uno ti propone un affare incredibile, l’affare è per lui, non per te”, se poi questo qualcuno è seduto dietro la scrivania di una banca, la regola si riduce a “scappa”. È comodo avere delle regole, perché così non devi rifare ogni volta tutto il ragionamento da capo per arrivare alla stessa conclusione, se va bene, o, se va male, alla conclusione sbagliata. È come con la matematica, un teorema lo dimostri una volta per tutte e poi non ci pensi più, lo usi e basta, non è che parti dagli assiomi di Peano ogni volta che devi dividere il conto del ristorante. Così, quando mi trovo davanti a uno che inizia a fare grandi discorsi che contengono la parola “investimento”, io chiudo istantaneamente i boccaporti delle orecchie e inizio a riflettere sulla differenza fra l’essere del fenomeno e il fenomeno dell’essere, e la stessa cosa faccio appena sento le parole “dio”, “omeopatia”, “complotto massonico”, “patriarcato”, “lettiera del gatto”, “Fedez” e tante altre ancora, poi però, siccome non sono perfetto, mi può succedere di non dare ascolto alle mie stesse regole e quando questo succede, naturalmente, me ne pento.
È quello che mi è successo un paio di anni fa, quando sono dovuto andare in banca perché mi serviva un certo servizio, chiamiamolo così. La cosa mi preoccupava molto, primo perché qualsiasi cosa mi preoccupa molto, anche ordinare la pizza, e, secondo, perché non era per niente scontato che la banca acconsentisse alla mia richiesta, non tanto per la richiesta in sé che, in fondo, voglio dire, non era poi chissà che, ma perché in generale è molto difficile che le persone acconsentano alle mie richieste, per quanto semplici e inoffensive possano essere. Non so perché, forse è colpa del mio caratteristico aspetto da persona predisposta a subire in silenzio, fatto sta che in generale, quando una persona si accorge di essere stata messa dalle circostanze in una posizione di provvisoria superiorità nei miei confronti, inizia subito a comportarsi come Eliogabalo, l’imperatore romano noto per la sua eccentricità e la sua dissolutezza, in questo caso un imperatore con un unico suddito: me. Da questo deriva un’altra delle mie più ferree regole: “mai chiedere niente a nessuno, perché chiedere ti mette in condizione di inferiorità e poi la gente se ne approfitta”, però in quel caso come facevo? Ero obbligato a chiedere alla banca questo famoso servizio, ne andava del buon esito delle mie vacanze estive, e così sono entrato, ho aspettato il mio turno, ho esposto il problema all’uomo dietro la scrivania, l’uomo dietro la scrivania ha fatto venire il direttore della filiale, il direttore ha telefonato alla sede centrale e, a quel punto, mi aspettavo che avrebbero chiamato Mario Draghi in persona, e invece no, Mario Draghi era fuori a pranzo.
“Certo, siamo un po’ stretti coi tempi e andrebbero fatte altre verifiche” mi dice il direttore, “ma come possiamo dire di no a un cliente come lei?”. Chiaramente era solo una lusinga e quando uno ti lusinga è sempre perché vuole qualcosa (altra regola). Ora, trovandomi io in una banca, cos’altro poteva volere da me il suo direttore? Un film di animazione ispirato all'Orlando Furioso. No, scherzo, soldi. I miei soldi, per la precisione.
Appena gli sento pronunciare la parola “investimento” inizio la procedura di immersione dentro me stesso, ma ormai era tardi. Purtroppo il mio cervello era inavvertitamente slittato su un altro set di regole, quelle relative alla situazione “elemosina”, regole che fanno più o meno così: “quando un barbone ti chiede dei soldi, prima glieli dai e prima te ne liberi”. Non so come sia successo, sarà stato per la cravatta leggermente allentata che dava al direttore quell’aspetto un po’ vissuto, o forse per la giacca di un grigio diverso da quello dei pantaloni, fatto sta che per riuscire ad andarmene dovevo prima dare qualche euro a quell’uomo.
Così, per la prima volta nella mia vita, faccio un investimento. Quattro investimenti, per la precisione, perché io quando faccio una cazzata devo farla in grande stile. “Sono investimenti a lungo termine” mi dice, “non li controlli tutti i giorni, eh”. “Eh eh...” rispondo io con una goccia di sudore sulla fronte e la mattina dopo, naturalmente, la prima cosa che faccio è aprire il computer e controllare i miei investimenti, e lo stesso faccio la mattina dopo, e quella dopo, e così via per un paio d’anni. La mia regola sulle proposte di investimento si era rivelata esatta, ma l’avere ragione non mi dava nessuna gioia, perché giorno dopo giorno vedevo evaporare quelli che tecnicamente potremmo definire i risparmi di una vita. Certo, non sono molti, ma sono miei, e tanti o pochi che siano io ci tengo. Credo sia lo stesso con i figli.
Devo recuperare i soldi persi, mi dico. Che ci vuole? Tutti riescono a fare soldi con la finanza, perché non dovrei riuscirci io che non ho studiato economia? Inizio a guardare tutti i fondi disponibili sul mercato: azionari, obbligazionari, bilanciati, hedged, non hedged, fondi di fondi, fondi di fondi di fondi, è incredibile quanti ne esistano, ognuno col suo storico dei rendimenti e i suoi indici descrittivi: lo sharpe, la volatilità, il DSR, il VAR 95... qualcuno di questi ho anche capito cosa significa. È proprio vero che i mercati ti rendono cinico, in tutte queste ricerche non ho mai guardato la composizione del fondo ma solo quanto potesse rendermi, se poi dentro c’erano fucili mitragliatori o grissini al gusto pizza, io non ci facevo caso. Io dovevo recuperare i miei soldi. Recuperare i miei soldi e poi magari, perché no, diventare ricco. Già sognavo una villa d’epoca col giardino alla francese, le statue antiche intorno allo stagno con le ninfee, il campo da tennis, i saloni da ballo coi soffitti stuccati, grandi vetrate a parete, la libreria coi pannelli di quercia, i corridoi di marmo colorato, il caminetto monumentale, la doccia di granito grande come un appartamento, la serra con tutte le piante del mondo compresa la cannabis e naturalmente almeno tre Lamborghini, una gialla, una blu opaco e una bianca decapottabile. Se non esiste decapottabile, me la faccio costruire, e se non me la costruiscono mi compro tutto lo stabilimento e gli do fuoco e poi, la sera, lo guardo bruciare da lontano, ammirando i bagliori dell’incendio che illuminano le nuvole come il sole al tramonto, mentre io me ne sto beatamente seduto nella mia terrazza neoclassica a sorseggiare una pregiatissima bottiglia di champagne decapottabile.
Trovo un fondo azionario che sembra fare proprio al caso mio, un fondo che, dice la descrizione, “mira a massimizzare il rendimento investendo a livello mondiale almeno il 70% del patrimonio in azioni di società operanti prevalentemente nel settore tecnologico” e massimizzare il rendimento è esattamente quello che voglio fare io, e poi è una bella cosa che investa nel settore tecnologico (prevalentemente) e non in quello dei fucili mitragliatori. Certo, è classificato come fondo ad alto rischio, ma, mi dico, sono anni che il suo prezzo sale, nel 2015 è salito del 15,40%, nel 2016 dell’8,70%, nel 2017 del 33,02%, cioè, voglio dire, 33%! Se uno avesse investito 1000 euro il 1° gennaio del 2017, alla fine dell’anno avrebbe guadagnato 330 euro, così, senza fare niente. L’entusiasmo è alle stelle. Entro nell’account della banca e faccio la mia puntata su questo magnifico fondo tecnologico. Vai, bello! Corri più forte del vento!
La settimana dopo c’è il crollo in borsa delle aziende tecnologiche di tutto il mondo. Il Wall Street Journal dice che non capitava dal 2011.