Sembrare intelligenti è importante solo in due casi: fare bella figura con gli amici, riprodursi. Fare bella figura è importante per riprodursi. Perché sia importante riprodursi non è ancora del tutto chiaro.
A chi ama la vita introspettiva e il buon vecchio onanismo, sembrare intelligenti non serve assolutamente a niente. Costoro potranno così dedicare molto più tempo alla lettura.
Prima di passare ai consigli è bene sgombrare il campo da alcune false credenze.
Intelligenti si nasce, non si diventa. Il contrario è vero solo per i primi minuti di vita, poi, quando incominciano a evaporarti due o tre tazze di neuroni al giorno, hai voglia ad allenarti coi cruciverba. E poi, sinceramente, a chi è mai capitato di rivedere un amico proverbialmente imbecille e di trovarlo migliorato?
Ciao Dodo.
Ciao.
Vai ancora a quel corso di dattilografia preistorica?
Era una fregatura.
E come l’hai scoperto?
Così, all’improvviso. Un giorno mi sono svegliato e mi sono reso conto che era una fregatura.
Sul serio?
Scusa, ora ti lascio che ho un concerto.
Gigi d’Alessio?
Wagner.
...
Dirigo.
Gli imbecilli non migliorano. Al massimo sono stazionari, il più delle volte peggiorano, ma di sicuro non migliorano.
La seconda credenza che bisogna sfatare è che esistano tanti tipi diversi di intelligenza: sociale, intuitiva, parafrastica, domestica, rettale, eccetera. Ovviamente sono cose inventate solo per permettere agli insegnanti di dire “suo figlio è un genio” a genitori speranzosi senza sentirsi in colpa. Il più delle volte è sottinteso “rettale”.
L’intelligenza è una sola ed è il contrario della stupidità. O sei intelligente o sei stupido, in mezzo non c’è niente. Puoi essere più o meno intelligente, più o meno stupido, ma non puoi essere “parafrasticamente intelligente”, o meglio, può esserlo solo uno stupido.
Altre false credenze su cui non è il caso di soffermarsi sono: l’esistenza di una smisurata intelligenza potenziale (che è solo un modo carino di riferirsi alla smisurata stupidità effettiva), la superiorità intellettuale dei delfini (il fatto che i delfini siano più intelligenti della maggior parte degli uomini non significa che siano più intelligenti come specie), il test del QI non significa niente (che è vero, ma avercelo basso non è certo una cosa di cui andare fieri).
Ora i consigli.
1. Il primo fondamentale consiglio per sembrare intelligenti è questo: prendere in considerazione l’ipotesi di non esserlo. È la condizione fondamentale, senza questa tutto è vano. Certo è difficile: non solo ognuno è convinto di essere intelligente, ma crede anche di esserlo parecchio più degli altri. Il problema è che bisogna essere abbastanza svegli per rendersi conto di essere dei cretini.
Pare che le persone intelligenti siano meno di una su cinque e che la percentuale scenda drasticamente quando si accende Italia 1. Certo, uno pensa sempre di essere in quell’esigua percentuale di persone intelligenti. È come per le religioni: tutti pensano di essere stati abbastanza fortunati da nascere al posto giusto con i comandamenti giusti.
Siamo stati proprio fortunati, Joshua.
Puoi dirlo forte, Aaron.
Pensa che pasticcio se fossimo nati Taoisti.
Mio Dio!
Tutto il tempo a inebriarci con sostanze allucinogene e a fornicare con sacerdotesse lascive e prosperose.
Non ci voglio pensare.
E invece così...
Che fortuna!
Siamo qui io e te.
Tranquilli tranquilli.
In questo bar di Haifa.
Il migliore.
A berci il nostro bel bicchier d’acqua.
Se è un sogno non svegliarmi.
2. È importante tenere sempre una mano sul mento, come gli scrittori in quarta di copertina. Non bisogna togliersela mai per nessun motivo, nemmeno quando si gioca a tennis o si salutano i parenti dal treno.
3. Altra cosa importante: in una conversazione bisogna sempre mostrarsi partecipi e interessati, senza mettersi al centro dell’attenzione. Interloquire spesso ma cautamente con frasi come “conosco il problema”, “conosco a fondo il problema”, “conosco straordinariamente a fondo il problema” e di tanto in tanto dissentire, ma con cortesia. Evitare assolutamente di liquidare un’intera conversazione con sentenze sprezzanti, soprattutto quando non si ha nulla da aggiungere se non un sorrisetto a metà tra il saccente e il coma farmacologico.
4. Ogni tanto, però, bisogna pur tirar fuori un argomento. Uno o due, non di più. A questo scopo basta restare sul vago, ricordarsi di menzionare le parole “ermeneutica”, “Socrate”, “sorprendente” e ricorrere a frequenti pause, sia per dare un po’ di sospensione al discorso, sia per far passare il tempo.
5. L’ultimo consiglio riguarda l’umorismo, lo strumento di socializzazione più efficace a disposizione dell’uomo dopo i soldi. Fare delle battute argute è sicuramente importantissimo e per questo ci sono in giro degli ottimi battutari che uno si può comprare e studiare con calma. Più delle battute, però, è importante ridere a quelle degli altri, non importa se facciano veramente ridere o no. Questo per il semplice motivo che uno non ricorda mai quello che gli si è detto, di solito ricorda solo due cose: quello che lui ha detto, e se si è riso o no alle sue battute. Quindi l’unica cosa su cui bisogna concentrarsi è distinguere una battuta da una considerazione qualsiasi. Come si fa? Come sapere, per esempio, se bisogna limitarsi ad annuire o rotolarsi per terra tenendosi la pancia? Se ci sono altre persone è facile, basta fare quello fanno gli altri, ma se non c’è nessun altro? In questo caso l’unica soluzione è optare per una composta risata e, se butta male, dire “scusa, mi è venuta in mente una sorprendente battuta di Socrate sull’ermeneutica”.
6. Se tutto questo non funziona, allora non resta che simulare un improvviso malessere e accasciarsi sul pavimento. Mentre tutti sono occupati a chiamare i soccorsi, bisogna trascinarsi piano piano verso l’uscita, senza dare troppo nell’occhio, e scappare. Mi raccomando la mano sul mento.
A chi ama la vita introspettiva e il buon vecchio onanismo, sembrare intelligenti non serve assolutamente a niente. Costoro potranno così dedicare molto più tempo alla lettura.
Prima di passare ai consigli è bene sgombrare il campo da alcune false credenze.
Intelligenti si nasce, non si diventa. Il contrario è vero solo per i primi minuti di vita, poi, quando incominciano a evaporarti due o tre tazze di neuroni al giorno, hai voglia ad allenarti coi cruciverba. E poi, sinceramente, a chi è mai capitato di rivedere un amico proverbialmente imbecille e di trovarlo migliorato?
Ciao Dodo.
Ciao.
Vai ancora a quel corso di dattilografia preistorica?
Era una fregatura.
E come l’hai scoperto?
Così, all’improvviso. Un giorno mi sono svegliato e mi sono reso conto che era una fregatura.
Sul serio?
Scusa, ora ti lascio che ho un concerto.
Gigi d’Alessio?
Wagner.
...
Dirigo.
Gli imbecilli non migliorano. Al massimo sono stazionari, il più delle volte peggiorano, ma di sicuro non migliorano.
La seconda credenza che bisogna sfatare è che esistano tanti tipi diversi di intelligenza: sociale, intuitiva, parafrastica, domestica, rettale, eccetera. Ovviamente sono cose inventate solo per permettere agli insegnanti di dire “suo figlio è un genio” a genitori speranzosi senza sentirsi in colpa. Il più delle volte è sottinteso “rettale”.
L’intelligenza è una sola ed è il contrario della stupidità. O sei intelligente o sei stupido, in mezzo non c’è niente. Puoi essere più o meno intelligente, più o meno stupido, ma non puoi essere “parafrasticamente intelligente”, o meglio, può esserlo solo uno stupido.
Altre false credenze su cui non è il caso di soffermarsi sono: l’esistenza di una smisurata intelligenza potenziale (che è solo un modo carino di riferirsi alla smisurata stupidità effettiva), la superiorità intellettuale dei delfini (il fatto che i delfini siano più intelligenti della maggior parte degli uomini non significa che siano più intelligenti come specie), il test del QI non significa niente (che è vero, ma avercelo basso non è certo una cosa di cui andare fieri).
Ora i consigli.
1. Il primo fondamentale consiglio per sembrare intelligenti è questo: prendere in considerazione l’ipotesi di non esserlo. È la condizione fondamentale, senza questa tutto è vano. Certo è difficile: non solo ognuno è convinto di essere intelligente, ma crede anche di esserlo parecchio più degli altri. Il problema è che bisogna essere abbastanza svegli per rendersi conto di essere dei cretini.
Pare che le persone intelligenti siano meno di una su cinque e che la percentuale scenda drasticamente quando si accende Italia 1. Certo, uno pensa sempre di essere in quell’esigua percentuale di persone intelligenti. È come per le religioni: tutti pensano di essere stati abbastanza fortunati da nascere al posto giusto con i comandamenti giusti.
Siamo stati proprio fortunati, Joshua.
Puoi dirlo forte, Aaron.
Pensa che pasticcio se fossimo nati Taoisti.
Mio Dio!
Tutto il tempo a inebriarci con sostanze allucinogene e a fornicare con sacerdotesse lascive e prosperose.
Non ci voglio pensare.
E invece così...
Che fortuna!
Siamo qui io e te.
Tranquilli tranquilli.
In questo bar di Haifa.
Il migliore.
A berci il nostro bel bicchier d’acqua.
Se è un sogno non svegliarmi.
2. È importante tenere sempre una mano sul mento, come gli scrittori in quarta di copertina. Non bisogna togliersela mai per nessun motivo, nemmeno quando si gioca a tennis o si salutano i parenti dal treno.
3. Altra cosa importante: in una conversazione bisogna sempre mostrarsi partecipi e interessati, senza mettersi al centro dell’attenzione. Interloquire spesso ma cautamente con frasi come “conosco il problema”, “conosco a fondo il problema”, “conosco straordinariamente a fondo il problema” e di tanto in tanto dissentire, ma con cortesia. Evitare assolutamente di liquidare un’intera conversazione con sentenze sprezzanti, soprattutto quando non si ha nulla da aggiungere se non un sorrisetto a metà tra il saccente e il coma farmacologico.
4. Ogni tanto, però, bisogna pur tirar fuori un argomento. Uno o due, non di più. A questo scopo basta restare sul vago, ricordarsi di menzionare le parole “ermeneutica”, “Socrate”, “sorprendente” e ricorrere a frequenti pause, sia per dare un po’ di sospensione al discorso, sia per far passare il tempo.
5. L’ultimo consiglio riguarda l’umorismo, lo strumento di socializzazione più efficace a disposizione dell’uomo dopo i soldi. Fare delle battute argute è sicuramente importantissimo e per questo ci sono in giro degli ottimi battutari che uno si può comprare e studiare con calma. Più delle battute, però, è importante ridere a quelle degli altri, non importa se facciano veramente ridere o no. Questo per il semplice motivo che uno non ricorda mai quello che gli si è detto, di solito ricorda solo due cose: quello che lui ha detto, e se si è riso o no alle sue battute. Quindi l’unica cosa su cui bisogna concentrarsi è distinguere una battuta da una considerazione qualsiasi. Come si fa? Come sapere, per esempio, se bisogna limitarsi ad annuire o rotolarsi per terra tenendosi la pancia? Se ci sono altre persone è facile, basta fare quello fanno gli altri, ma se non c’è nessun altro? In questo caso l’unica soluzione è optare per una composta risata e, se butta male, dire “scusa, mi è venuta in mente una sorprendente battuta di Socrate sull’ermeneutica”.
6. Se tutto questo non funziona, allora non resta che simulare un improvviso malessere e accasciarsi sul pavimento. Mentre tutti sono occupati a chiamare i soccorsi, bisogna trascinarsi piano piano verso l’uscita, senza dare troppo nell’occhio, e scappare. Mi raccomando la mano sul mento.