ALLARME ROSA

Io sono favorevole alle quote rosa. Il Parlamento dovrebbe rappresentare la popolazione il più fedelmente possibile, è questo il senso della democrazia rappresentativa: un parlamento uguale alla popolazione. Non peggiore, se no è oclocrazia, né migliore, se no è aristocrazia. Uguale. Invece nel Parlamento Italiano le donne sono solo circa il 20%. Per lo stesso motivo sono anche favorevole alle quote scienziati, prestigiatori, metallari e naturalmente alle quote persone intelligenti. Le uniche categorie che nel Parlamento Italiano non sono sottorappresentate sono i bigotti e i delinquenti. Per questo motivo la cosa migliore sarebbe un Parlamento di sorteggiati. Invece delle elezioni politiche, ogni cinque anni dovrebbero esserci le estrazioni politiche, ma purtroppo non si può, la gente a casa non capirebbe.
La causa di tutto questo sono i maschi che dirigono i partiti, i quali mettono nelle liste elettorali solo maschi come loro, trascurando le enormi quantità di donne iscritte, perché le donne iscritte ai partiti e che ambiscono a sedere in Parlamento sono sicuramente tante quante gli uomini, altrimenti che senso avrebbe parlare di quote rosa? Si è mai sentito di un argomento senza senso che venga trattato e sviscerato con la massima serietà da tutto il mondo per anni e anni o addirittura millenni? Io no.
Comunque, anche se non fosse così (ma dev’essere così), vorrebbe solo dire che i maschi impediscono alle donne anche di iscriversi ai partiti.


Buongiorno, vorrei iscrivermi al vostro partito.

Sesso?

Maschio.

Non si direbbe.

Non si faccia fuorviare dal rossetto.

E quelle due strane protuberanze sul petto?

Sono pompelmi.

Se li tolga, per favore.

Non posso.

Non può?

Sono attaccati.

Si spogli.

Nessun problema.

Quelle sono due mammelle. Una e due.

Non sono mammelle.

Due grosse mammelle rosa.

Sono due pompelmi, due grossi pompelmi rosa dotati di capezzolo.


La stessa cosa succede in tutti gli altri settori. Per esempio nel cinema, dove la maggior parte dei registi sono maschi per colpa dei produttori (maschi) che non vogliono finanziare i film delle donne, e anche se li finanziassero poi i distributori (maschi) non li distribuirebbero, e se li distribuissero il pubblico (maschi) non li andrebbe a vedere. Invece chi monta i film è molto spesso una donna, come mai? Semplice, è solo perché il montaggio è una cosa che ai maschi non interessa, come è dimostrato dal fatto che chi monta i film è molto spesso una donna. Quando una professione inizia a popolarsi di donne non vuol dire che il maschilismo sia diminuito, no, vuol solo dire che agli uomini quella professione non interessa più perché non conta niente. È successo per il montaggio, l’insegnamento, la matematica e l'ormai disprezzata professione di pop star.
Alle donne viene impedito non solo di dirigere i film, ma anche di girare dei cortometraggi casalinghi con gli amici. Per rendersene conto basta dare un’occhiata alle liste degli iscritti a un qualsiasi festival di cortometraggi, per esempio questo. Se si guardano i semplici iscritti (non i selezionati), si può vedere che, tolte le scuole, i doppioni e le persone col nome transgender, le donne sono solo 22 su 143, cioè il 15%. Più o meno come in Parlamento. Una coincidenza? No, è che la causa è la stessa: i maschi che fanno i commessi nei negozi di accessori audio-video si rifiutano di vendere le videocamere alle donne. Per questo sono necessarie quote rosa anche per gli iscritti ai festival di cortometraggi. I maschi in surplus dovranno cambiare sesso.
E non è finita, i maschi impediscono alle donne persino di suicidarsi. Come si vede dalla statistica dei suicidi in Italia elaborata dall’Istat, le donne che si suicidano sono circa il 20% dei suicidi totali. Perché i maschi vogliono tenere solo per sé questa ambitissima attività? Quote rosa anche qui.

100% POLIETILENVINILACETATO

Ci sono cose di uso comune alle quali nessuno fa più caso. Sto parlando degli apribottiglie, dei lacci da scarpe o delle penne a sfera, tutte cose semplici ma di grande importanza senza le quali non potremmo aprire bottiglie, allacciare scarpe o scrivere a sfera. Per quanto un oggetto sia piccolo e apparentemente insignificante, dietro c’è sempre chi l’ha inventato, c’è qualcuno che l’ha progettato, l’ha registrato, ha venduto il brevetto per due soldi ed è morto poverissimo in Tunisia.
Prendiamo le tende da doccia. Chi ha inventato le tende da doccia? Perché le ha inventate? Quando? Di che sesso era? Faceva sesso? Sotto la doccia? Perché non ha inventato anche il canapè da doccia, la cassetta delle lettere da doccia o la doccia da doccia? È la stessa persona che ha scoperto l’acqua calda?
Se si cercano in rete le parole “invenzione”, “tenda” e “doccia”, facendo attenzione a far precedere ogni parola da un “+” e evitando di mettere tutto fra virgolette, non si troverà assolutamente niente, il che ci dice che non può essere un’invenzione degli ultimi anni. Questo è un indizio.
Ora, andiamo per esclusione: io non le ho inventate, mia madre non le ha inventate, mio padre nemmeno. Questo esclude una grande fetta delle persone che conosco.
Infine si può fare ricorso alla logica. Deve essere per forza un’invenzione successiva a quella della doccia, altrimenti le docce si chiamerebbero docce per tende, ed è più che plausibile che la doccia sia stata inventata dopo la scoperta dell’acqua, a sua volta resasi necessaria dopo la scoperta del fuoco, quindi questo taglia fuori tutti gli australopitechi anamensis e il cerchio si chiude sul conte Rideau de Douche.
Nato a Parigi nel 1896 e morto a Cartagine nel 277 a.C., Rideau de Douche fu tra l’altro anche l’inventore della macchina del tempo, oggi comunemente nota col nome di grappa cinese, e in vita fu molto stimato e rispettato dai suoi concittadini che lo sbeffeggiavano con molto riguardo.
L’idea della tenda da doccia gli venne quando abitava in subaffitto nel ripostiglio di suo cugino. Una sera, mentre sbirciava nella toppa della porta del bagno per assicurarsi che le sue nipoti non si ferissero col bidet, fu testimone di un episodio veramente curioso: vide suo cugino che montava una tenda da doccia.


Che cosa stai facendo, cugino?

Rideau! Non si bussa più?

Scusa, non pensavo avessero già inventato il bussare.

Appendo intorno alla doccia questo drappo in tessuto idrorepellente 100% polietilenvinilacetato con stampe variopinte e anelli di plastica. È una cosa che mi rilassa.

Okay, ma io come faccio a lavarmi?

Non preoccuparti, appena ho finito metto via tutto.


E proprio mentre faceva la doccia, Rideau de Douche ebbe l’idea geniale. Mentre osservava impotente i suoi vestiti appoggiati sullo sgabello che si inzuppavano d’acqua, sentì un moto di ribellione.


NO!

Hai detto qualcosa, Rideau?

No.

Mi sembrava di averti sentito.

Ho detto no.

Ho capito, ho capito.

Cugino.

Che c’è, Rideau?

Credo di avere avuto un’idea geniale.


Rideau mostrò immediatamente al cugino la sua grande invenzione: “lo sgabello un po’ più distante”. Perfezionando quest’idea, a poco a poco, venne fuori l’odierna tenda da doccia, anche se prima ci furono molti tentativi frustranti, come le tende di carta di riso, quelle a striscioline verticali con palline di vetro e le tende immaginarie, molto economiche e maneggevoli, ma abbastanza deludenti.
Rideau de Douche registrò l’invenzione, vendette il brevetto per due soldi e morì poverissimo in Tunisia.

MACRODONTA DIGERICULARIS

Un ecosistema è un insieme di specie animali o vegetali che si mangiano fra loro, mantenendosi così in equilibrio. Se una specie si estingue l’equilibrio si rompe e possono succedere due cose: il sistema si assesta su un nuovo equilibro, cioè qualcuno si adatta a mangiare qualcun altro, oppure muoiono tutti.
La Terra nel suo insieme è un grande ecosistema, dove al momento c’è una specie che mangia tutti, ma non è mangiata da nessuno: è l’homo sapiens sapiens sapiens (non ricordo mai quanti “sapiens” si è dato). Il motivo per cui gli uomini non vengono mangiati non è che non sono buoni, ma che il loro predatore naturale si è ormai estinto. Perché anche gli esseri umani hanno un predatore, e non è il leone, lo squalo 3 o alien, ma una pianta carnivora specializzata nell’attirare, catturare e digerire esseri umani. Sto parlando della Macrodonta Digericularis.
Detta volgarmente “primula nera”, la Macrodonta Digericularis è una piccola pianta dai colori molto vivaci: solitamente giallo chiaro o verde-azzurro, ma a volte anche lilla, fucsia, turchese, rosa salmone e international klein blu. Si dice “nera” non per il colore, ma perché uccide.
In epoche antiche era presente praticamente ovunque. Cresceva in pianura come in montagna, nella giungla, nella steppa, nelle distese ghiacciate della tundra o fra la sabbia dei deserti tropicali, e non c’era da sorprendersi di trovarla anche nei crateri dei vulcani attivi, fra le esalazioni di zolfo e acido cloridrico, o sui fondali marini, dove non arriva nemmeno la luce del sole. Cresceva persino in quello che è forse il luogo più inospitale di tutta la Terra: la Pianura Padana. Invece oggi ne esistono solo pochi esemplari, largamente insufficienti a contenere la crescita ormai fuori controllo della popolazione umana. Istintivamente verrebbe da dire che è un’ottima cosa che questa pianta antropofaga sia scomparsa e che gli esseri umani possano finalmente proliferare indisturbati, ma purtroppo la Terra ha una superficie finita, e prima o poi arriverà il giorno in cui traboccherà e la gente cascherà fuori nello spazio. Paradossalmente un essere vivente per sopravvivere come specie ha bisogno di qualcuno che lo mangi: il mais ha bisogno dei polli, i polli hanno bisogno degli esseri umani e gli esseri umani hanno bisogno della Macrodonta Digericularis.
Proprio come la primula, la Macrodonta Digericularis è una pianta senza fusto, con i fiori e le foglie che spuntano direttamente dalla radice. Le foglie sono grosse e rugose, più lunghe che larghe, disposte a rosetta sul terreno e colorate di un verde spento, quasi grigio, che fa risaltare la vivacità dei fiori. Questi sono radunati in un unico mazzo che si apre a partire dal centro della rosa di foglie, allargandosi all’esterno come la raggiera di un fuoco d’artificio. L’effetto è spettacolare, e non a caso: serve per attirare la gente.
Il fiore è una perfetta imitazione della Primula Vulgaris, l’unica differenza sono i colori, nel senso che quelli della Macrodonta Digericularis sono ancora più vivaci. In una distesa di comuni primule, la primula nera spicca immediatamente per la sua luminosità, quasi come se brillasse di luce propria. È più primula delle primule, è l’idea platonica della primula, così colorata e perfetta che cattura subito l’attenzione anche dell’occhio più distratto. La primula nera vuole essere colta.
Ma come fa una pianta così piccola a mangiarsi un essere umano tutto intero? È molto semplice: le foglie e i fiori sono solo la parte superficiale della pianta, mentre il grosso è nascosto sottoterra. La primula è solo la punta dell’iceberg o, come dicevano gli antichi, “la punta della Macrodonta Digericularis”, un piccolo ciuffetto colorato posto in cima a un enorme stomaco sotterraneo, l’ascidio, una grande sacca a forma di sigaro che s’inabissa nel sottosuolo per decine e decine di metri. La primula spunta da una delle tante radici filiformi che si diramano dal bordo esterno del peristoma, lo spesso orlo carnoso che circonda l'apertura dell’ascidio, ed è tenuta sospesa al di sopra di questa bocca, come un piccolo specchietto per le allodole (allodole sapiens, naturalmente). La bocca, che ha un diametro di circa un metro, è nascosta immediatamente sotto la superficie del terreno e per tutta la sua circonferenza è munita di tre file di grossi denti affilati, come gli squali, solo che in questo caso non servono tanto a smembrare la preda, quanto a regolare l’accesso allo stomaco, infatti la bocca deve aprirsi solo al momento giusto, quando la preda si china a cogliere il fiore. Appena il fiore viene strappato dalla pianta, la bocca si apre di scatto e la preda precipita in fondo allo stomaco, dove affogherà nei fluidi digestivi. Subito dopo la caduta il peristoma si contrae e la bocca si chiude, mentre le numerose radici, tutte terminanti con una piccola protuberanza a forma di cucchiaino, iniziano ad agitarsi e a mulinare come tanti tentacoli, ricoprendo subito la bocca di terra. La digestione dura circa due settimane, trascorse le quali spunta una nuova coloratissima primula nera. Non è meravigliosa la Natura? Nell’improbabile eventualità che la preda riesca ad aggrapparsi al bordo dell’apertura, le sue mani verranno mozzate alla chiusura della bocca. Per questa ragione, quando si notano delle mani in putrefazione vicino a una bellissima primula, è meglio non coglierla.
Com’è possibile che una pianta così perfetta e così resistente sia quasi del tutto scomparsa? Cosa può avere provocato l’estinzione di una creatura in grado di resistere ai climi e agli ambienti più ostili? Di sicuro non i pesticidi o i diserbanti. Gli Unni, per esempio, i terribili guerrieri mongoli che hanno devastato l’Europa del V secolo, costruivano i loro elmi proprio con i petali della Macrodonta Digericularis. Cogliere i suoi fiori era un’impresa eroica, pochi sopravvivevano, e il premio era un elmo indistruttibile che nessun diserbante avrebbe mai potuto scalfire. Allora cosa può essere stato? Cosa ha “scalfito” la Macrodonta Digericularis?
L’ipotesi al momento più attendibile, è che sia stata annientata dalla musica leggera. Si ritiene che le vibrazioni acustiche prodotte dalla musica leggera interagiscano con i pigmenti presenti nei petali della primula nera, attenuandone il colore. Sembra infatti che i ritmi ripetitivi scanditi da strumenti a percussione, le armonie statiche e le melodie piatte e sempre uguali entrino in risonanza con le molecole dei pigmenti di questa pianta e sciolgano i loro legami chimici. Con il diffondersi della radio e della TV, la Macrodonta Digericularis ha iniziato a stingersi e lentamente i suoi fiori sono diventati come quelli delle normali primule. Questo l’ha privata della sua arma principale, facendola morire di fame.
Ecco perché a Sanremo non si è mai vista la Macrodonta Digericularis.

HOMO HOMINI BISONTE

Ormai i bisonti americani si sono estinti. Ne restano solo pochissimi esemplari, confinati in riserve naturali dove sopravvivono grazie ad aiuti di Stato e alla gestione di piccoli casinò.
Un tempo non era così. Un tempo il nord America era pieno di bisonti, milioni e milioni di bisonti che correvano avanti e indietro, dall’atlantico al pacifico, dal pacifico all’atlantico e così via, senza fermarsi mai. Pascolavano di corsa, facevano pipì di corsa, si riproducevano di corsa, correvano di corsa. Perché tutto questo correre? Il comportamento dei bisonti è rimasto un mistero per secoli. Oggi sappiamo che cercavano solo di sfuggire a un branco di bisonti.
Questi animali dalla stazza poderosa e la tipica forma di bisonte hanno costituito per secoli la principale fonte di nutrimento dei nativi americani (o “indiani d’America”, come furono erroneamente chiamati), che li cacciavano con la tecnica dello sgambetto. Quando un bisonte ruzzolava per terra moriva sul colpo, e prima di esalare l’ultimo respiro si distendeva in una padella cosparsa d’olio con due rametti di rosmarino dietro le orecchie. Questo garantiva una scorta di cibo praticamente inesauribile, anche se il menù era molto monotono.


Dunque, io prendo bisonte al bisonte, del bisonte con bisonte e un po’ di bisonte.

E per lei, signora?

Ce l’avete il bisonte?

Sì.


Per chi non mangiava bisonte la vita non era semplice. Costoro erano bollati con l’infamante epiteto di “smorbi”, che significa “colui che non mangia il bisonte”, ed erano puniti con il divieto assoluto di mangiare bisonte, almeno finché non cambiavano idea.
L’importanza di questi enormi mammiferi (intendo i bisonti) non era limitata all’alimentazione. Erano indispensabili anche per l’abbigliamento, la lavorazione di utensili ed erano usati come moneta. Naturalmente questo comportava l’uso di portafogli molto grandi, ma rendeva le transazioni commerciali molto semplici. Ad esempio un bisonte costava un bisonte, due bisonti due bisonti e così via. L’unica eccezione erano quattordici bisonti: quattordici bisonti costavano ventitre bisonti. Sembra che questo abbia a che fare col significato del numero quattordici, che nella cabala Cheyenne significa “fermata dell’autobus”.
Il brano che segue testimonia l’importanza che i bisonti avevano nella vita dei nativi americani.

“I bisonti sono molto importanti.”

Con l’arrivo dei colonizzatori europei (o “indiani d’Europa”, come furono erroneamente chiamati), i bisonti furono sterminati, e nel giro di poche settimane il loro numero passò da circa trenta milioni a cinquantadue. I superstiti continuavano a correre da una costa all’altra, ma meno convinti.
Per i nativi americani fu un colpo durissimo.


Qual è il tuo piano, Labbro Sporgente?

I più valorosi fra gli uomini si travestiranno da bisonte, e tutti gli altri li cacceranno, li scuoieranno e via dicendo.

Scommetto che io sono fra quei “valorosi uomini”.

Indovinato.

Tu che dici, Faccia da Schiaffi?

Potremmo invocare l’aiuto degli Spiriti Guardiani e sperare che la nostra religione sia quella giusta.

Orecchie a Sventola?

Potremmo scegliere un nuovo animale. Mi sembra stupido fissarsi coi bisonti, con tutti gli animali che ci sono.

Questo ha senso. Porta qui l’enciclopedia.


Purtroppo la scelta cadde sugli acari della polvere. Nel giro di poche settimane anche gli indiani d’America scomparvero dalla faccia della Terra.
Secondo un’antica credenza indiana, un uomo può pronunciare la parola “bisonte” solo un numero limitato di volte, dopo di che deve ricominciare da capo.

L’OLOCAUSTO È SERVITO

Le razze umane non esistono, è spiegato qui.
Nemmeno le etnie esistono, perlomeno non nel senso che di solito si dà alla parola “etnia”. Le culture si mischiano di continuo e al di fuori di ogni controllo, solo la smemorataggine o l’ottusità possono far parlare di “cultura di un popolo” come di una cosa unica e antichissima da conservare e tramandare. Anche se le persone fanno di tutto per riprodursi solo con i propri simili (gli arabi con gli arabi, gli ebrei con gli ebrei, i milanesi con i milanesi), le loro culture si mischiano lo stesso, alle loro spalle. Tra cento anni, forse anche meno, gli italiani difenderanno il kebab come adesso difendono il crocifisso. È spiegato qui, non è il caso che lo spieghi io in questo posticino.
Progettare di eliminare una razza o un’etnia è una cosa, prima ancora che crudele, semplicemente cretina. Sembra assurdo che un’idea così cretina possa aver tenuto occupati i tedeschi per anni, gente adulta dotata di giacca e cravatta che ha investito tempo, energie e soldi nello sterminio di tutte le persone senza prepuzio. Perché, alla fine, di questo si è trattato. Sarebbe stato meno cretino schiavizzarle, questo almeno avrebbe avuto un senso, ma volerle eliminare fisicamente è stata una cosa totalmente e profondamente cretina. Hitler, se non fosse che è esistito veramente, sembrerebbe il cattivo di un cartone animato.


Himmler! Göring! Questa è l'ultima occasione che vi concedo! Capito!?

Sì, signore.

Il mio genio superiore sospetta che quei dannati ebrei possano impedirmi la conquista del mondo!

Ne è proprio sicuro, signore?

Non voglio correre il minimo rischio! Catturateli e sterminateli!

Sì, signore.

Perché il mondo è mio!


Ma a pensarci bene non è una situazione così assurda. Dopotutto per fare un Olocausto servono solo due ingredienti: una popolazione che odi una certa categoria di persone e un partito xenofobo che prometta di “risolvere il problema”. Prendi questi due ingredienti, frullali assieme, lascia riposare il tutto per un po’ e l’Olocausto è servito.
Tutti hanno una categoria di persone che odiano, non c’è niente di strano in questo. Io, per esempio, odio i notai. Certo non parteciperei direttamente alla loro eliminazione fisica, ma se da un giorno all’altro tutti i notai sparissero dalla circolazione, non mi farei troppe domande. In Italia tutti odiano gli zingari. Naturalmente con gradazioni diverse: ci sono quelli che gli danno fuoco, quelli che gli darebbero fuoco, quelli che sono contenti se qualcun altro gli dà fuoco, e così via, fino ad arrivare a quelli a cui non frega niente se qualcuno gli dà fuoco o no, tanto sono zingari e gli zingari, si dice, rapiscono i bambini. Ma gli zingari non rapiscono i bambini, è spiegato qui.
Per odiare gli zingari non ci vuole una popolazione di gente cattiva, ma una popolazione di brava gente smemorata e ottusa, gente che dia per scontato che gli zingari rapiscono i bambini, trasmettono le malattie, vengono dalla romania e non sono spiritosi (oddio, questo un po’ è vero).
In Italia tutto è già apparecchiato per un bell’Olocausto nostrano, manca solo un governo nazista che lo organizzi, perché una società nazista disposta a farlo c’è già, e non vede l’ora di mettersi al lavoro. Se il governo italiano decidesse di organizzare lo sterminio sistematico degli zingari, troverebbe centinaia di migliaia di italiani pronti ad ammazzare, milioni di italiani felici di aiutare, decine di milioni di italiani disposti a chiudere un occhio.
Ma per fortuna in Italia non c’è nessun partito xenofobo.

UNA VITA SENZA EMOTICON

Io sono cresciuto senza emoticon. Non perché sia vecchio, conosco molte persone ben più vecchie di me, alcune ancora vive, ma perché sono un po’ conservatore.
Per esempio ho fatto parte di quella categoria di persone che si vantavano di non avere il cellulare e ostentavano disprezzo per tutti quelli che ce l’avevano. Ho seguito tutto il percorso: le occhiatacce a chi telefonava in pubblico, l’indignazione per la sciatteria degli sms, le crociate contro le suonerie musicali e così via. Ora ho sette cellulari, uno per ogni nota della scala diatonica.
Ho fatto la stessa cosa con internet, sono andato avanti per anni col mio Olivetti M24 senza modem né hard disk, guardando dall’alto in basso tutti gli altri. Sbandieravo il fascino spartano del monitor monocromatico, lodavo la purezza del Dos e la comodità dei floppy disk da cinque pollici, “tanto io”, dicevo con boria, “quando mi serve un programma, me lo faccio”. In questo modo, quando ormai tutti i miei amici si facevano una cultura coi siti porno, io cercavo disperatamente di programmarmi una vagina in GW-Basic.
Quando sono arrivate le emoticon, sono rimasto completamente spiazzato. La prima, l’ho vista in uno scambio di sms con un’amica a proposito di non so più che cosa. A un certo punto lei mi scrive:

sei uno scemo :P

Era la prima volta che qualcuno mi dava dello scemo, in genere la gente mi insulta con delle perifrasi. Ma soprattutto che voleva dire “due punti P”? Era un refuso? Un saluto in codice? L’iniziale del suo nome? E se sì, da quando Francesca si scriveva con la “P”?

scusa francesca, posso chiamarti?

preferirei di no ;)

In realtà la gente non era improvvisamente diventata diretta e sincera, come avevo inizialmente pensato, ma aveva solo trovato un modo sbrigativo per dire quello che pensava senza doversi sforzare di dirlo in modo simpatico. Per esempio, “:)” significa “in realtà sto scherzando e quello che ho appena detto, qualsiasi cosa sia, non va preso alla lettera, inoltre dovresti immaginarti una battuta spiritosa, grazie”.
Dopo un po’ ho deciso che l’idea mi piaceva. Mi sembrava che le emoticon fossero una grande invenzione, una specie di scudo morale contro ogni tipo di ripercussione permalosa, oltre che un notevole risparmio di tempo. Già immaginavo tutte le ore che avrei potuto finalmente dedicare alla lettura dei classici dopo aver detto alla gente quello che pensavo:

Il tuo alito sa di fogna. (occhiolino)

Sei una piattola merdosa. (linguaccia)

Crepa! (sorrisetto)

Sfortunatamente ho scoperto a mie spese che le emoticon funzionano solo nei dialoghi scritti.

PREGI E DIFETTI DI UOMINI E DONNE

Mi rendo conto che può suonare maschilista, ma io penso che le donne siano migliori degli uomini.
Non ho studi scientifici da citare, ma ho pensato: le persone più schifose che ho conosciuto sono uomini. Con questo non intendo dire che le donne mi siano sembrate più intelligenti. Ho conosciuto tantissime donne stupide e tantissimi uomini stupidi, però non ho mai conosciuto una donna che andasse fiera della sua stupidità. In tanti anni non mi è mai capitato di entrare in contatto con una donna che sfoggiasse la propria ignoranza come se fosse una laurea, che si vantasse di essere limitata e ottusa, che sfruttasse sempre ogni occasione, anche la più piccola, per far notare a tutti quanto fosse rozza, mentre di uomini così ne ho conosciuti a rimorchi. Conosco tantissimi uomini e tantissime donne pieni di difetti, ma solo uomini che se ne vantano: uomini narcisisti che si vantano di essere narcisisti, pigri che si vantano di essere pigri, bastardi che si vantano di essere bastardi, veri e propri escrementi di cane che si vantano di essere putridi, cilindrici e puzzolenti. Quello che manca alla maggior parte degli uomini è il senso del pudore, è questo che li rende così schifosi.
Spesso si sente dire che tutti i più grandi geni dell’umanità sono uomini: filosofi, scrittori, pittori, eccetera. È vero, ed è una cosa che viene ricordata sia dai femministi che dai maschilisti, anche se per dimostrare cose completamente diverse. È strano che nessuno faccia mai notare che anche i più grandi pezzi di merda dell’umanità sono uomini. Anche oggi, i più grandi pezzi di merda che calpestano la superficie del pianeta sono uomini. Persino Dio, l’essere in assoluto più schifoso, è un uomo, vanitoso e spudorato come un uomo.
Io penso che alla base del genio ci sia lo stesso principio del pezzo di merda: entrambi sono persone senza vergogna a cui piace mettersi in mostra, cioè uomini, e ognuno di loro mette in mostra quello che è, solo che le persone di merda sono infinitamente di più dei geni. Nel rarissimo caso di un genio, la spudoratezza è coraggio e la vanità è consapevolezza. Non basta essere eccezionali per essere dei geni, bisogna essere anche spudorati e vanitosi. All’inizio, quando leggevo la biografia di qualche grande uomo, mi stupivo sempre nel vedere che si rendeva perfettamente conto di essere un genio. Newton, Beethoven e Schopenhauer parlavano di sé come di menti eccelse e si consideravano seriamente i vertici supremi della storia dell’umanità. E avevano ragione. Solo che poi ho visto che anche Paolo, Carlo e Giuseppe si considerano seriamente i vertici supremi dell’umanità.
L’unica cosa in cui le donne sono effettivamente peggiori degli uomini, è l’aspetto fisico. Anche prendendo gli esempi migliori di corpi maschili e di corpi femminili, non c’è confronto. Il corpo maschile è asciutto, slanciato e proporzionato, invece quello femminile ha i fianchi grandi, le natiche sporgenti, le labbra gonfie e le mammelle che sembrano messe lì a bilanciare il peso delle natiche, dando alle donne una postura che ricorda vagamente quella di un’oca. Per non parlare dell’organo sessuale femminile. Si può immaginare qualcosa di più schifoso di un buco peloso? Forse un buco peloso con otto zampette.
È incredibile che sia gli uomini sia le donne cerchino normalmente di fare colpo sulla gente sfoggiando il loro lato peggiore: le donne il corpo, gli uomini se stessi.

IL MINESTRONE

La gente si divide fra quelli che pensano che il mondo sia brutto e quelli che pensano che sia bellissimo. In mezzo non c’è niente, nessuno che dica “il mondo è passabile”, “il mondo è mediocre” o anche solo “il mondo è non saprei”. La gente è fatta così, le piace dividersi: Bendetto XVI è il male / Benedetto XVI è sexy, gli OGM fanno venire il cancro / gli OGM sono meglio della chemio, gli zingari vanno uccisi / gli zingari vanno uccisi lentamente.
Nel gruppo di chi pensa che il mondo sia eccezionale, ci sono le donne incinte, i concorrenti della Corrida, i Papa Boys (ma non il Papa), chiunque stia mangiando un Krapfen con la marmellata di prugne, gli appassionati di film come “la vita è bella”, “la vita è meravigliosa”, “la vita è decisamente uno spasso”, il marito di Jenna Jameson, Francesco Alberoni e Leibniz, la famosa marca di biscotti metafisici.
Nell’altra categoria ci sono invece gli ambientalisti, le balenottere azzurre e i gorilla (ma non Angelino Alfano), il pubblico di Elisir, chiunque abbia appena finito di mangiare un Krapfen con la marmellata di prugne, i fan di “Airport X con X appartenente a N”, i testimoni di Geova, Geova e io.
Per molto tempo ho pensato che il mondo non fosse poi così male, in fondo ci sono un sacco di donne nude, una partita di calcio dura solo novanta minuti e fanno un gelato discreto. Poi, un giorno, ho pranzato con mio zio Mario e ho capito: ha finito il minestrone bevendolo direttamente dal piatto e gli sono rimasti tutti i fili di sedano impigliati nei baffi. Li ha mangiati col dolce.
Il mondo fa veramente schifo. Fa talmente schifo che bisognerebbe mettere un cartello all’uscita di ogni vagina: “Attenzione, mondo di merda”.
Ecco le prove:

i) Michael Jackson ha venduto più dischi di Beethoven.

ii) Il salame senza nitrati sa di cacca.

iii) James Bond non è ancora morto.

iv) Il bello è raro, il brutto è ordinario; se è bello e ordinario, sei in un museo.

v) La risposta al maschilismo è stata il femminismo.

vi) I brufoli non vengono mai sotto le ascelle.

vii) Qualsiasi maschio battezzato celibe può diventare Papa, ma viene sempre eletto un prete arteriosclerotico.

viii) La pubblicità è l’anima del commercio.

ix) Fabrizio Cicchitto può citare Montesquieu e Montesquieu non può sputargli in faccia.

x) Mio zio Mario va pazzo per il minestrone.