IL DONO DELLA VITA

La vita non è un dono.
Un dono è una cosa che viene data a qualcuno che esiste a prescindere dal dono, cioè una cosa che, una volta ricevuta, può anche essere messa da parte e dimenticata. Per esempio nessuno è obbligato ad appendersi al collo quei ridicoli peni colorati chiamati “cravatte”. Si può accettare una cravatta con un sorriso cortese e poi buttarla nell’immondizia, così tutti sorridono e nessuno ci resta male. Invece la vita non è così. La vita è quello che tu sei. Se ti levi la vita non diventi un tu senza vita. Non puoi accettare o rifiutare quello che sei, lo sei e basta, così chi ti ha dato la vita non te l’ha donata, te l’ha imposta. Non è il dono che qualcuno ha fatto a te, ma sei tu a essere il dono che quel qualcuno ha fatto a se stesso. Tu non sei il festeggiato cui viene gentilmente donata una cravatta, i festeggiati sono gli altri, festeggiati e festeggianti allo stesso tempo. Tu sei la cravatta. Non ci sono schiere di esistenze senza vita che aspettano da qualche parte nel nulla un benefattore che doni loro una vita. Chi dona la vita dona contemporaneamente vita e esistenza, e entrambe le cose le dona a se stesso. Ognuno ha il suo particolare motivo, o forse non ha nessun motivo, non è questo che conta, quello che conta è che la vita non viene donata a chi nasce ma a chi la fa nascere. Un dono fatto a se stessi può essere ancora chiamato dono, è vero, ma solo per scherzo.

Ma prescindendo da tutto questo e facendo finta che tu non sia la tua vita ma un qualcos’altro con l’aggiunta di una casa, uno telefono, una cravatta e una vita, un dono resta comunque una cosa fatta per far piacere a chi la riceve. Chi dona ha piacere a far piacere. Si chiama altruismo. L’altruismo non è il far piacere disinteressatamente, visto che non è possibile non essere interessati a quello che si fa, l’altruismo è farsi piacere facendo piacere. Sia l’egoismo che l’altruismo mirano al proprio piacere, ma non per questo sono la stessa cosa: il piacere del primo prescinde dal far piacere o dispiacere ad altri, mentre il piacere del secondo è conseguenza del far piacere ad altri. Chi dona la vita è altruista? Chi dona Champagne a un non astemio è altruista, chi dona un film a un appassionato di cinema è altruista, chi dona una cravatta a uno che odia le cravatte fa un errore, pensava gli piacessero, ma è ancora altruista, invece chi dona qualcosa che non ha idea di cosa sia è ancora altruista? Perché la vita è così, è una scatola in cui può esserci dentro di tutto, anche il lupus eritematoso sistemico, la morte dei figli o quarant’anni in catena di montaggio. È altruismo donare una scatola chiusa di cui non si conosce il contenuto? Chi dona la vita fa una cosa che fa piacere a lui, come tutte le cose che uno fa, altruistiche o egoistiche che siano, ma non ha nessuna idea se farà piacere anche a chi la riceve, e questo si chiama egoismo. La vita non è un dono ma una scommessa sulla pelle di un altro.

Ma prescindendo anche da questo e dando per scontato che la vita sia sempre sana, fortunata e comoda, rimane comunque il fatto che un dono, una volta donato, appartiene a chi lo riceve: può essere perso, rubato o esaurirsi, ma è comunque nella disponibilità di chi lo ha ricevuto. Chi dona una cravatta non pretende che tu gliela debba restituire in qualsiasi momento, anche subito, senza preavviso, senza nemmeno chiederti per favore, ma venendotela a strappare dal collo quando meno te l’aspetti. Invece chi dice di donare la vita dona contemporaneamente anche l’obbligo certo e incondizionato di restituirla in qualsiasi momento, cioè dona anche la morte. Non si può donare una cosa senza l’altra. Chi ti dona la vita ti dona una cravatta che non sarà mai tua, un film anticipandoti il finale, uno Champagne in una bottiglia di titanio senza apertura, cioè ti fa un dono che consiste nel negarti quel dono, perché la morte non è un qualcosa di accidentale che, se capita, mette fine alla vita, la morte è un aspetto essenziale della vita, un aspetto che definisce la vita e la rende quello che è, e a sua volta la vita è un aspetto essenziale della morte. Non si può guardare un morto senza immaginarlo quand’era vivo e non si può guardare un vivo, vecchio o giovane che sia, senza vederlo già morto.

Si puniscono gli assassini perché danno la morte, ma in realtà nessun assassino può dare veramente la morte a qualcuno, al massimo può anticiparla. A dare la morte sono i genitori.