LA VOSTRA CRISI NON LA PAGHIAMO

A Bologna, sul muro della facoltà di Filosofia, c’è una scritta che dice “la vostra crisi non la paghiamo”. O forse c’era e adesso è stata cancellata. Oppure, niente di più probabile, è stata cancellata e poi scritta di nuovo. A Bologna la gente è così, deve scrivere tutto quello che le passa per la testa, e se per caso non ha con sé un pezzo di carta non le resta che scriverlo sul primo palazzo d’epoca che le capita sotto mano. Con caratteri a grandezza d’uomo. Circondati da fiamme. Tante fiamme. Così resta più impresso: “la vostra crisi non la paghiamo”. Ma vostra di chi?
Io purtroppo non so rispondere, non mi intendo di economia e finanza. Certo so cos’è un titolo di stato e, a grandi linee, potrei persino spingermi a spiegare cos’è un cosiddetto derivato, ma è una conoscenza vaga, insufficiente per potermi fidare di qualsiasi opinione netta io possa farmi sull’argomento. Fortuna che a Bologna la gente sembra invece intendersene. È proprio vero che l’apparenza inganna: chi mai direbbe che tutte queste persone in canottiera, ciabatte e birra Moretti sono grandi esperte di economia mondiale?
“È colpa degli speculatori”, dicono. Che gentili, non ho nemmeno dovuto chiedere, qualcuno si è premurato di farmelo trovare scritto su un muro. Allora per curiosità sono andato a fare un giro in uno dei posti con la più alta concentrazione di speculatori di tutti il mondo: la City di Londra.
Fra costosissimi palazzi di vetro e metallo allegramente mischiati a costruzioni in stile Tudor, postrinascimentale, barocco, vittoriano e chi più ne ha più ne metta, c’è tutto un viavai di gente in ghingheri accuratamente pettinata e spolverata, con la valigetta in una mano e il caffè di Starbucks nell’altra. Maledetti bastardi. Attraverso le finestre dei loro uffici li si può vedere davanti ai computer mentre tramano alle spalle della gente comune. Me l’immagino quello che dicono.


Allora, signor McGillis, quanti Stati ha fatto fallire oggi?

Dunque, vediamo... Capo Verde, Mauritania e Bhutan.

Tre?

Sì.

Cioè, mi faccia capire, lei in tutta una giornata di lavoro ha fatto fallire solo tre Stati?

Ah no, aspetti: quattro. C’è anche l’Azauad.

L’Azauad?

Sì.

L’Azauad non è uno Stato.

Come no? Guardi, ha anche la bandiera. L’ho fatto fallire, signore.

Non è riconosciuto dall’Onu.

Beh, io questo non potevo saperlo.

È solo una regione del Mali.

Allora tre e mezzo.


Solo una cosa non mi torna: com’è possibile che in questo covo di delinquenti, dove la gente lavora quotidianamente alla distruzione del mondo, tutti sono silenziosi, cortesi e hanno molta cura della città in cui vivono, mentre a Bologna, dove la gente ci tiene tanto a salvare il mondo, tutti sono rumorosi, cafoni e sembrano non avere altro obiettivo se non la distruzione della città in cui vivono? Perché, va detto, a Bologna le persone si intenderanno anche di economia, ma in quanto a civiltà sono una tacca sopra ai tirannosauri.