E IL NOBEL PER LA FISICA A SUPERQUARK?
Quando ho saputo del premio Nobel a Bob Dylan ci sono rimasto male. Non perché abbia qualcosa contro di lui, anzi ho molti amici Bob Dylan, ma perché le cose ingiuste mi fanno soffrire. Mi fa soffrire che un bugiardo venga creduto, mi fa soffrire che il formaggio sia considerato una leccornia quando sa oggettivamente di piedi puzzolenti e mi fanno soffrire i Nobel dati a caso. Dico questo non perché le canzoni di Bob Dylan non siano anche, volendo, letteratura, ma perché sono letteratura di basso livello. Sono canzoni di alto livello, ma letteratura di basso livello, così come Superquark è divulgazione scientifica di alto livello, ma scienza di basso livello. Credevo che queste cose fossero delle banalità note a tutti, invece il 13 ottobre 2016 ho scoperto di vivere in un mondo dove è normale che un cantante pop sia messo nella stessa lista insieme a Thomas Mann. Thomas Mann, dico, non Giorgio Faletti. È stato come scoprire che in realtà tutti usano lo shampoo come sapone intimo, e viceversa. È inquietante. Ma la cosa che più mi ha depresso è un'altra.
Essendo io abbastanza ignorante in fatto di libri, ho sempre considerato il Nobel per la letteratura un punto di riferimento. Se vinceva uno che non mi piaceva gli davo una seconda chance, se invece vinceva uno di quelli mai sentiti, quelli col nome che sembra un copripiumino IKEA, lo inserivo d'ufficio nella mia GLAM, la Grande Lista degli Autori che Meritano. Ora tutto questo è finito, perché in questo caso hanno premiato uno che (a) conosco e (b) mi piace, e, proprio per le ragioni denominate "a" e "b" or ora esposte, posso dire con cognizione di causa che questo Nobel è ingiusto. Intendiamoci, anche il Nobel per la musica sarebbe stato ingiusto, dal momento che György Kurtág è ancora vivo, ma il Nobel per la letteratura è proprio un insulto.
Ehi ragazzi, quest'anno cosa possiamo inventarci per umiliare Philip Roth?
Diamo il nobel a Joseph Roth.
È morto.
Ancora meglio.
Ho un'idea migliore, diamolo a un cantante pop.
Geniale!
Diamolo a uno youtuber!
Questo l'anno prossimo.
A me piacciono molto le canzoni di Bob Dylan, mi piacciono anche quelle meno note, come "Lonely is the hunter" o la stupenda prima versione di "Let me know", quando ancora si intitolava "Sunday Driver". Devo dire che ho smesso di seguirlo dopo "Animalize", quando lui e la sua band hanno smesso di truccarsi, ma ciononostante rimane uno dei miei cantanti preferiti. Il punto è che non mi piace nello stesso senso in cui mi piace la letteratura che mi piace, che mi siedo, impegno tutto il cervello a mia disposizione e entro in un mondo. Bob Dylan mi piace nel senso che lo ascolto mentre faccio il tapis roulant o lo canticchio sotto la doccia, mi dà delle emozioni, certo, ma sono emozioni semplici da consumare in fretta. Dopo un libro che mi è piaciuto non sono più la stessa persona, mentre dopo una canzone sono solo un po' più allegro o un po' più triste, ma poi mi passa. Senza contare, poi, che è la musica che rende efficaci le parole. Come è stato scritto da qualcuno "le melodie di Bob Dylan sono scolpite nella roccia, ma i testi sono scritti con il rossetto". Allora perché ha vinto? Io ho una teoria.
Questi del Nobel sono suoi grandissimi fan, hanno tutti i suoi dischi, le t-shirt autografate, eccetera, e qual è il sogno di ogni fan che si rispetti? Uscire a cena con il proprio idolo. Cioè, questi pensavano di usare il Nobel come esca per realizzare il sogno di quand'erano giovani. E questo aggiunge tristezza alla tristezza.
Per tirarmi su di morale non c'è niente di meglio che una bella canzone di Bob Dylan.
LA MANCANZA DI POLCHINSKI
Era solo il 29 maggio quando ho messo in rete l'ultimo episodio di Polchinski e sembra che siano passati dei mesi. Quattro e mezzo per la precisione. Pensavo di potercela fare senza Polchinski, di riprendere la mia vita normale: alzarmi la mattina, fare colazione, tornare a letto. Una vita semplice, senza troppi baffi, ma non ce l'ho fatta. Il computer era così vuoto senza Polchinski, le giornate non finivano mai e qualche volta, soprattutto nelle sere d'inverno, mi sono sorpreso ad annusare i jpg dei suoi vestiti. È dura vivere senza Polchinski. Allora ho iniziato a cercarlo, sono andato in tutti i posti che era solito frequentare, e alla fine l'ho trovato nell'unico posto dove è sempre stato: nel mio Cuore. "Cuore" è il nome del mio hard disk esterno. È da lì che ho riesumato questo episodio inedito. Avevo deciso di non pubblicarlo perché, onestamente, non sono mai riuscito a capire che cosa stesse cercando di dirmi, ma poi mi sono detto: chi sono io per giudicare?
IL RICHIAMO DELLA PREISTORIA
Assodato che Trump è un'invenzione italiana (vedi Appello al popolo americano), ho l'impressione che alcuni non si rendano conto fino in fondo di quanto quest'uomo sia nocivo. Ovviamente non mi riferisco a quelli a cui piace, loro se ne rendono conto benissimo e lo amano proprio per questo, perché sperano che cancelli per sempre dalla faccia della Terra tutte le cose che non sopportano, compresa la loro vita. Chi non se ne rende conto è invece da cercare fra quelli a cui non piace, e precisamente fra quelli che lo relegano nella tradizionale casella "destra brutto". Ora, effettivamente Trump è abbastanza destra brutto, ma la sua nocività non sta tanto in questo, quanto in altre cose, molte altre cose, e fra queste ne spicca in particolare una: il fatto che sia il portavoce mondiale delle più grandi stupidaggini che girano su internet, tipo "i vaccini fanno venire l'autismo", "il riscaldamento globale non esiste", "Obama ISIS" e così via, cioè il classico repertorio dei cretini, con tutto ciò che questo comporta: l'incapacità di distinguere fra opinioni e fatti, il disprezzo per ciò che non si conosce, la caccia alle streghe eccetera, in una parola: la preistoria.
Diversamente da quello che normalmente si pensa, la civiltà non è la tecnologia, il benessere, il metodo champenoise e via dicendo, queste sono solo piacevoli conseguenze. La civiltà consiste fondamentalmente in due cose:
1) questa non la dico perché non c'entra,
2) riconoscere l'oggettività del mondo.
Che non vuol dire negare l'importanza degli aspetti soggettivi del mondo, ma riconoscere che, oltre a impressioni, opinioni e interpretazioni esistono anche dati, quantità e fatti che sussistono indipendentemente da noi e che se ne fregano altamente di quello che ci piacerebbe fosse vero. Può sembrare banale, lo so, ma tanto banale non deve essere visto che l'umanità ha impiegato circa centonovantamila anni a rendersene conto, centonovantamila anni passati nel solipsismo più assoluto dei neonati, dopo di che, un giorno di diecimila anni fa, qualcuno ha notato che il mondo, sorprendentemente, continua a esistere anche quando chiudiamo gli occhi. Non so chi sia stato questo qualcuno, ma sicuramente l'avranno lapidato.
Questa massa di gente che vive chiusa fra le rassicuranti pareti del suo cranio è sempre esistita e esisterà sempre, quello che invece compare solo di tanto in tanto nel corso della storia è il portavoce di questa gente, l'uomo capace di unirla, motivarla e sguinzagliarla. Oggi è Trump, ieri era Jean Kambanda (giusto per non citare sempre il povero Hitler), l'altro ieri Caligola, prima ancora un ominide senza nome.
La preistoria è come un esercito di zombi rinchiusi nel sottoscala, ogni tanto c'è qualcuno che apre la porta e li fa uscire. Uno può dire "esagerato! È solo propaganda politica, non significa niente" e altre cose di questo tipo, certo, ma, io mi chiedo, senza il comune riconoscimento dell'oggettività com'è possibile la convivenza fra le persone? Esempio: se un dentifricio ha la stessa identica composizione chimica della pasta di acciughe, significa che quel dentifricio non è un dentifricio, fine della discussione, è un fatto oggettivo, non si può dire "vallo a spiegare ai bambini che muoiono di carie" o "il padre della sorella del fratello di mio figlio lo usa da anni e ha un alito buonissimo", no, se non è un dentifricio, non è un dentifricio. Punto. Non mi piace quando uno dice "punto", ma in questo caso ci sta tutto: punto. Eccolo qua:
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Anzi
E invece no. Il portavoce dei cretini prende i punti così faticosamente conquistati in tanti anni di evoluzione umana e li getta nell'abisso del nulla da cui siamo venuti, a secchiate, senza pensarci un secondo. Quest'uomo non è più una questione di destra o sinistra, è il richiamo della preistoria che torna a farsi sentire. Solo chi non lo capisce può dire cose come "alla fine Hillary Clinton non è tanto meglio di lui". Non è tanto meglio di lui? I parassiti delle pulci del cane di Jack lo Squartatore sono meglio di lui.
Poi magari succede che, anche se viene eletto, farà meno danni dei suoi predecessori Repubblicani, chi lo sa? Magari si limiterà a trastullarsi con feste e puttane, come spesso fanno i demagoghi, e delegherà il potere ad altri più capaci di lui. È possibile, ma ormai il danno è fatto, la porta del sottoscala è stata aperta, e il giorno dopo le elezioni saremo tutti un po' più così
No, ho sbagliato. Volevo dire così
ACCUDIRE, SBACIUCCHIARE E ISTRUIRE
Carla aveva un sogno. Non si trattava di un piccolo sogno qualsiasi come i sogni degli uomini qualsiasi, che hanno grandi ambizioni ma sogni così piccoli che possono stare comodamente in un cassetto. No. Carla aveva un grande sogno, un sogno mai concepito da nessun altro essere vivente in nessuna parte dell’universo, o almeno così lei credeva: fare un figlio. E non un figlio qualsiasi, ma un figlio di Carla in persona.
Carla aveva questo sogno e, cosa che la faceva sentire ancora più speciale, ce l’aveva fin da quando era bambina. A differenza di tutte le sue amiche che perdevano tempo a giocare con le bambole, lei faceva pratica con piccoli figli di plastica: minuscole figure umanoidi che Carla accudiva, sbaciucchiava e istruiva con apposite voci buffe. Carla si sentiva una bambina prodigio.
Vanessa.
Sì, signora maestra.
Cosa farai da grande?
La dottoressa.
Brava. E tu, Paola?
L’ingegnere.
Giorgia?
L’astronauta.
E tu, Carla? Tu cosa farai?
Un figlio.
Cosa?
Un figlio di Carla.
Ma come tutte le bambine prodigio, Carla non veniva capita. Tutti la deridevano e la trattavano come se fosse stata pazza, ma era solo perché non comprendevano la grandezza del suo sogno:
fare un figlio
Così tutti i giorni, appena aveva un po’ di tempo libero, Carla si dedicava scrupolosamente alla realizzazione del suo sogno, con la sistematicità e la meticolosità che sono indispensabili ogni volta che si vuole fare qualcosa di veramente grande, ardito e, mi sia consentito dirlo, cuccioloso. Che fosse Natale o un 3 marzo qualsiasi, Carla si chiudeva nel suo laboratorio segreto detto “cameretta” e, per ore e ore, sperimentava su se stessa tutte le tecniche di fecondazione che riusciva a immaginare: rannicchiarsi sotto il letto aspettando in silenzio; accarezzarsi i capezzoli con la spugnetta bagnata; mettersi tante piccole uova di salmone nelle orecchie invocando l’aiuto di Priapo. Purtroppo nessuno di questi esperimenti produceva il risultato sperato, vale a dire una minuscola figura umanoide, possibilmente non di plastica.
Tutto andò avanti così per molto tempo finché un giorno, all’età di circa ventidue anni, Carla non entrò in bagno e, del tutto casualmente, trovò suo cugino Sandro che si stava facendo la doccia. Per Carla fu una rivelazione. Senza apparire esagerati, si può dire che Sandro è stato per Carla quello che per Newton è stata la mela, l’unica differenza è il punto in cui mela e Sandro sono, diciamo, caduti. Così, dopo nove mesi di paziente attesa, qualcosa di rumoroso e dall’aspetto decisamente figliesco uscì finalmente dal corpo di Carla, sotto gli occhi partecipi della comunità scientifica: medici e infermiere tutti lì riuniti ad ammirare il faticoso risultato delle ricerche di Carla. Ora nessuno osava più ridere di lei.
Quando Carla tornò a casa, venne accolta da tutti come colei che aveva strappato alla Natura uno dei suoi più rari segreti: l’origine della vita. Persino zia Irma, che sempre si mostrava fredda e tagliente nei suoi confronti, quel giorno si rivolse a lei con rispetto e, almeno così sembrava a Carla, una punta di invidia.
È meraviglioso. Veramente un amore.
È un figlio.
Brava Carla. Sei stata bravissima.
Non è difficile, zia Irma. Basta entrare in bagno quando Sandro fa la doccia. Il resto viene da sé.
Dopo alcuni giorni passati a riprendersi dallo sforzo, Carla pensò che fosse finalmente venuto il momento di mostrare anche all’opinione pubblica la sua eccezionale scoperta, così prese il figlio di Carla, lo mise in una specie di carrello da passeggio e lo trasportò fuori casa per esibirlo a tutto il mondo. Ma fu a questo punto che Carla ebbe una terribile sorpresa: appena fu in strada, notò che in giro c’erano tantissime altre persone, centinaia di persone, forse addirittura miliardi, che esibivano orgogliosamente un figlio del tutto analogo al suo. Evidentemente qualcuno le aveva rubato l’idea.
(Estratto da qui)