Altre storie di Horny Porny le ho messe in questo fumetto qui
COME SEDURRE UNA DONNA
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GRANDE NOVITÀ 2
FATE ALTRI VIDEO
Visto che su questo blog siamo fra pochi intimi posso dirlo: un commento così è il modo migliore per farmi passare la voglia di fare altri video. Penso sia comprensibile, no? Sono dieci anni che metto video su YouTube, se il giorno in cui faccio un fumetto mi dici "mannooooooooo" a me non viene voglia di fare altri video, a me viene voglia di cancellare anche quelli vecchi.
Perché non faccio video più spesso? Anzi no, prima di rispondere a questo, una premessa.
Anche a me piacerebbe fare tanti video: mi piace scrivere le mie storielle, mi piace vederle realizzate e soprattutto mi piace doppiarle insieme a Guglielmo Favilla e Fabrizio Odetto, due persone divertentissime oltre che due bravissimi attori. È un bellissimo gioco. Purtroppo il problema di fare un video animato sono le animazioni. Per due motivi che ora andrò brevemente a elencare:
1) Animare è una tortura.
Presente le pulizie del bagno? Ecco, animare è peggio delle pulizie del bagno. Infinitamente peggio. Animare è come fare le pulizie di un bagno che non viene pulito da almeno un mese, un bagno di 850 ettari. E qui arriva il secondo motivo per cui le animazioni sono un problema:
2) Il tempo.
Sarà che non sono un animatore, ma per fare animazioni anche semplicissime impiego un'infinità di tempo. Per esempio, per fare "Preti" ci ho messo circa un anno e mezzo. Un anno e mezzo per un video di 21 minuti... è un po' una cosa da matti, no? Una settimana per scriverlo (divertente), due giorni per doppiarlo (divertentissimo), un anno e mezzo per animarlo (tortura).
Invece per fare il fumetto di "Preti", che dura il doppio di "Preti", ci ho messo circa 6 mesi. Questo significa che nel tempo che ho impiegato per fare "Preti" e "Ancora Preti" avrei potuto fare "Preti", "Ancora preti", "Sempre più preti", "Preti a più non posso", "Preti, più preti e strapreti" e "Basta preti".
Ciò premesso, ecco la risposta:
Io sto facendo più video che posso, solo che richiedono un'enormità di tempo, ed essendo tutto lavoro fatto nel tempo libero, ci vuole ancora più tempo.
Ovviamente se un giorno arriverà un emiro miliardario che vorrà pagare una squadra di animatori coreani, io sarò più che felice di sfornare un video alla settimana, sarebbe un sogno, ma finché quell'emiro non arriva dovrò accontentarmi di uno o due video all'anno, se va bene.
Chi non vuole rischiare di perdere questi rari video annuali, può attivare le notifiche di YouTube. Chi addirittura si accontenta di disegni non animati, può seguirmi su Instagram (qui) o comprare i due fumetti che ho appena pubblicato (qui).
Penso sia tutto. Se mi viene in mente qualcos'altro te lo scrivo.
Ciao.
IL CALCIO NON È UNO SPORT RIDICOLO
Però, col fatto che l'Italia ha vinto gli Europei, ho iniziato a guardare qualche partita anch'io e devo dire che il calcio non è poi così male, basta guardarlo con la giusta prospettiva. Per esempio ho capito che non è uno sport che va goduto come pura esperienza estetica, tipo il beach volley, ma come surrogato momentaneo della vita sul quale focalizzare per 90 minuti la propria volontà. Da questo punto di vista funziona benissimo, basta avere una squadra per cui tifare ed è fatta: ti annulli completamente per tutta la partita, diventi un tutt'uno con la tua squadra e non pensi più alle scadenze, al mutuo, alla guarnizione della caldaia che sono due mesi che va fatta sostituire, ma pensi solo a fare gol. Le azioni confuse, i rimpalli casuali eccetera non sono più noiosi, sono momenti in cui soffri e speri. E se alla fine della partita la tua squadra ha vinto sei felice per almeno un paio di giorni, anche se la tua vita è rimasta esattamente come prima, se invece ha perso... beh, se ha perso la colpa è dell'arbitro o dell'allenatore o di qualche giocatore scarso, mai tua. Se vinci hai vinto tu, se perdi è colpa di qualcun altro. Non è bellissimo? Nota: tutto questo funziona meglio con un paio di birrette.
Così mi sono messo a guardare i risultati delle altre squadre e ho visto che la Francia ha battuto il Kazakistan 8 a 0. Pazzesco, no? 8 a 0 vuol dire un gol quasi ogni 10 minuti. Com'è possibile?
Kazakistan - Finlandia: 0 - 2
Kazakistan - Bosnia ed Erzegovina: 0 - 2
Macedonia del Nord – Kazakistan: 4 -0
Albania – Kazakistan: 2 - 0
Kazakistan – Lituania: 1 - 2
Ha perso pure con la Lituania? In casa? L'Italia con la Lituania ha vinto 5 a 0. Ma quanto è scarso il Kazakistan?
Con Andorra invece se la gioca: un pareggio (1-1) e una vittoria (4-0).
Andorra: 77260 abitanti.
Kazakistan: 18750000 abitanti.
Se la gioca...
Com'è possibile che con 19 milioni di abitanti a disposizione, il Kazakistan non abbia nessuno di meglio da mandare in campo di Aýımbetov, Zharynbetov, Taykenov eccetera? E perché si chiamano tutti Qualcosaov?
Il Kazakistan non è un paese ricco, ok, ma ha pur sempre un PIL procapite che è quasi il doppio di quello del Brasile.
PIL procapite Kazakistan: 26500 $, ranking FIFA 125°.
PIL procapite Brasile: 15500 $, ranking FIFA: 2°.
E poi il calcio non è uno sport da ricchi. Non è come il golf o la Formula 1 che per praticarli da bambino devi avere i soldi per comprarti le mazze o una Ferrari, per il calcio basta avere una palla e almeno un amico disposto ad andare in porta.
L'unica spiegazione è che agli abitanti del Kazakistan, del calcio, non freghi assolutamente niente, un po' come gli italiani con il cricket. Allora mi è tornato in mente che i Kazaki vanno pazzi per i cavalli, proprio così. L'avevo scoperto guardando John Oliver.
Quindi, ho pensato, lo sport nazionale del Kazakistan sarà sicuramente qualcosa con i cavalli. Cosa potrà mai essere? L'ippica? Il dressage? Il volteggio? No, il buzkashi, detto anche "polo con capra".
Siccome non ho mai sentito nominare questo buzkashi, mi limito a riportare quello che c'è scritto su Wikipedia:
Spero non sia sfuggita l'espressione "carcassa di una capra".
In Kazakistan il buzkashi viene preso molto sul serio. C'è un campionato nazionale con giocatori professionisti, tifosi e moviole del dopo partita esattamente come in Italia per il calcio. C'è anche una competizione internazionale eurasiatica tipo la Champions League, visto che il buzkashi è popolare anche in Afghanistan, Pakistan, Kirghizistan e, chi l'avrebbe mai detto, Tagikistan.
ANNUNCIAZIONE!
Il 9 novembre sarà il 3321° giorniversario di Preti, apparso per la prima volta fuori dal mio computer il 6 ottobre 2012 al Colchester Film Festival in (controllo su Google Maps) Inghilterra. Per celebrare degnamente questo evento, uscirà Preti. Il mistero della fede.
Che cos'è?
Grazie per la domanda. È un libro a fumetti (non si sono ancora accorti che non so disegnare) che racconta lo storico stage YouTubiano in modo molto più esteso. Per dire, ci sarà anche il catechismo, le preghiere della sera, la confessione, l'esegesi della genealogia di Gesù, le pulizie del bagno eccetera. Potremmo definirlo un reboot del prequel del sequel Ancora Preti.
Purtroppo non ci saranno le voci di Guglielmo Favilla e Fabrizio Odetto, è vero. È davvero un peccato che in tutti questi anni nessuno abbia ancora inventato un modo per far emettere suoni alla carta, però a questo c'è un rimedio molto semplice: basta ascoltare qualche episodio di Preti su YouTube e poi leggere il fumetto trattenendo nelle orecchie le loro voci. Io faccio così per qualsiasi libro: ascolto cinque minuti di Favilla e Odetto e poi mi metto a leggere Tolstoj.
Il libro contiene anche una prefazione di Saverio Raimondo, con cui condivido la passione per le divinità e i loro adoratori. Non ho ancora capito per quale miracoloso motivo si sia prestato a dare il suo contributo per questo fumetto, so solo che gli ho mandato un timido DM con scritto, più o meno: "Ciao... ehm, eh eh... cioè... scusa se ti disturbo, ma vista la nostra affinità di umorismo, non scriveresti la prefazione del mio fumetto?", e lui, invece di rispondermi “Affinità tua nonna”, mi ha risposto “Conta su di me”. Giuro, “Conta su di me”. Credo non me l'abbia mai detto nessuno a parte mia madre.
Le altre due persone responsabili dell'esistenza di questo fumetto sono Mattia Fontana, editor e grande appassionato di apocalissi (il libro ha infatti un tocco apocalittico, come il periodo in cui stiamo vivendo), e Donatella Franciosi, manager artistica e nel mio caso anche mental coach, per non dire psichiatra.
Bene, ora credo che mi riposerò per un paio di decenni.
IL MONDO PIÙ PAZZO DEL MONDO (seconda postilla)
IL MONDO PIÙ PAZZO DEL MONDO (postilla)
IL MONDO PIÙ PAZZO DEL MONDO
COSE MISTERIOSE
LA SERA IN CUI SONO ANDATO A MANGIARE LA PIZZA CON THOMAS BERNHARD
In quel periodo io ero fidanzato con Morena, una ragazza straordinaria ma sempre a corto di soldi e che, non so per quale motivo, si ostinava a chiamarmi “abbello”. Una sera che dovevamo uscire a cena, passo a prenderla al solito posto sotto il viadotto, ma lei non c’è. Aspetto un po’, niente, non si fa vedere. Impegni di lavoro, mi dirà poi. Siccome però io avevo già prenotato in pizzeria e non mi andava di mandare tutto a monte, decido di chiamare una babysitter per farmi compagnia, tanto, penso, che problema c’è? I soldi glieli do e non deve neanche cambiarmi il pannolino. Solo che come babysitter chi mi arriva? Esatto.
Al tempo non sapevo chi fosse, appena mi rivela che è uno scrittore, cerco di capire meglio.
Quindi lei è uno scrittore?
Cosiddetto.
Bello.
Ho pubblicato alcuni romanzi, racconti e altre cose.
Sembra divertente.
Lo è, finché uno ne ha la forza.
In che senso? Lei non scrive seduto?
Scriverei sdraiato se la macchina da scrivere sulle costole non mi togliesse il respiro. Ho provato, sa? Ma sono andato in coma. Mi hanno dovuto ricoverare d’urgenza al centro medico Grillparzer. Una vera scocciatura. Io non sopporto Grillparzer.
E com’è il coma?
Meglio.
In effetti non sembrava molto in forma. Stava tutto curvo, col berretto di lana, la coperta sulle ginocchia e due infermieri che gli praticavano una toracocentesi. Il rumore del liquido intercostale che sgocciolava nella bacinella sotto il tavolo era abbastanza fastidioso.
Beh, dopotutto si è tolto le sue soddisfazioni, no? Non è obbligato a continuare a scrivere. Perché non si gode la pensione e basta?
Ho cinquantaquattro anni.
Terrestri?
A me interessa solo pubblicare. Scrivo le mie cose su carta economica e poi mi ritrovo dei libri così carini da mettere in ordine sulla mensola. È per questo che ho diviso la mia autobiografia in cinque parti, per massimizzare i volumi.
Quindi non le interessa diventare famoso?
Ogni cosa è ridicola se paragonata alla morte.
Ah, non me ne parli.
Com’è semplice a volte avere a che fare con le persone. Uno pensa che uno stimato scrittore austriaco e un ragazzino brufoloso non abbiano niente da dirsi, e invece eccoli lì in pizzeria a parlare della stupidità della razza umana, dell’ipocrisia e della volgarità di ogni religione, di quanto sarebbe utile tagliare le orecchie a chi fa un figlio (parole sue) e del suicidio. Ah, il suicidio! La nostra grande passione comune.
Davvero non hai mai provato con le borse di plastica?
No!
Dovresti. Basta una borsa della spesa e un laccio emostatico, è veramente facile.
Sembra divertente.
Molto meglio dei barbiturici. L’ultima volta sono stato a letto quattro giorni.
No, sei pazzo? Se vuoi ti do i miei. Mi sono salvato solo perché erano scaduti.
Una persona davvero piacevole. Dopo la pizza gli ho proposto una grappa a casa mia, davanti a una puntata di Magnum P.I., ma Thomas era molto provato e preferiva tornare a casa a sistemare i suoi libri sullo scaffale. Poi, nei mesi successivi, ne ho letti alcuni e devo dire che non sono niente male. “Il respiro” è uno dei miei preferiti. Lo consiglio assolutamente a tutti quelli che quando sentono l’annuncio “allontanarsi dal binario due, treno in transito”, oltrepassano anelanti la linea gialla e poi si fermano incerti sull’orlo della banchina. È un libro eccezionale, fa l’effetto di una spintarella.
LA MIA STORIA CON PETER DEL MONTE
COMUNICAZIONE FASTIDIOSA
TEST PER CAPIRE SE SEI UNA MERDA
SCHOPENHAUER E I RAPPER ITALIANI
MINIMIZZATORI E NEGATORI
Per un virus, soprattutto un virus che si trasmette attraverso le vie respiratorie e non attraverso, che so, l'ingestione dei peli delle ascelle, ogni contatto sociale è un'occasione di contagio, non importa se coloro che si contattano socialmente sono stranieri, proletari, discotecari, vigili urbani, fisici nucleari o Presidenti delle Repubbliche, il virus non guarda in faccia a nessuno, e ogni occasione di contagio è per lui una possibilità in più di replicarsi, propagarsi e evolversi. Certo, ci sono alcune attività sociali che sono più virus-friendly di altre (per esempio giocare a rugby nello sgabuzzino è sicuramente più a rischio che giocare a ping pong nel deserto), ma rimane il fatto che, ogni volta che si entra in contatto con un'altra persona senza adottare tutte le precauzioni che ormai dovremmo avere imparato a memoria, si sta giocando nella squadra del virus. Perché è così, è come se ci fosse una partita Umani - Virus, una specie di derby, visto che entrambe le squadre giocano in casa, e chi ignora le suddette precauzioni è uno che, per qualche motivo, ha deciso di giocare col virus. Chi dice cose tipo "se non mi metto la mascherina sono cazzi miei" è esattamente come un giocatore della Juventus, poniamo, che dice ai suoi compagni di squadra "se durante la partita Juventus – Torino provo a fare autogol sono cazzi miei". Cioè, se vuoi fare autogol fai pure autogol, hai il libero arbitrio, ma non è vero che sono “cazzi tuoi”; se fai autogol il punteggio diventa Juventus – Torino: 0–1, non Juventus – Torino – Giocatore della Juventus che ha fatto autogol: 1–1–0.
Quindi, visto che non ci sono untori, bisogna rassegnarsi all'idea di non dare la colpa a nessuno? Beh, non saltiamo subito alle conclusioni. Se oggi la situazione è molto più grave di quella che avrebbe potuto essere, se dovremo trascinarci dietro questo flagello per chissà quanto tempo ancora e se per un bel pezzo le nostre vite non sono state e non saranno più quelle di prima, i colpevoli ci sono. Sono i minimizzatori e i negatori, a cominciare dal Governo cinese.
In questo articolo (Covid-19: Five days that shaped the outbreak), Jane McMullen ricostruisce in modo chiaro e preciso il comportamento delle autorità cinesi nei primi giorni della non-ancora-pandemia. Il concetto è grosso modo questo: in una fase in cui per la prima volta il virus stava esplodendo in modo esponenziale (n.b. la parola "esponenziale" è qui usata nel senso di "esponenziale" e non nel senso di "pazzesco") e in cui, cito, "ogni giorno e ogni ora erano determinanti", la Cina ha deciso di minimizzare e negare l'esistenza del problema per più di due settimane, silenziando i suoi medici e i suoi scienziati. "That was the shot we had, and we lost it", dice l'articolo.
Dopo di che (qui sono io che parlo, non è più l'articolo) la torcia del minimizzare e del negare è passata al resto del mondo: ad altri Governi non democratici o aspiranti tali, a politici opportunisti, a giornalisti ignoranti, a sedicenti esperti a caccia di notorietà e, infine, ai semplici scemi (gli scemi sono sempre la base della piramide di ogni disastro). Tutti questi minimizzatori e negatori sono colpevoli, esattamente come sarebbe colpevole chi invitasse la gente a guidare ubriaca minimizzando o negando gli effetti dell'alcol sulla lucidità della mente umana, o come chi si mettesse lui stesso a guidare ubriaco, o perché ha deciso che non gli frega niente delle conseguenze o magari semplicemente perché è disperatamente scemo.
Sono troppo severo? Non mi pare. Se non fosse per quelli che "le mascherine sono inutili", "è solo un'influenza", "muoiono solo i vecchi", "la cura esiste ma non ce lo dicono", "i numeri sono gonfiati" eccetera, ora non saremmo nella situazione in cui siamo, e visto che non si può dare la colpa di tutto questo a un virus che sta semplicemente facendo il suo lavoro in modo egregio, a chi altri la si può dare se non a quelli che, pur non essendo nella squadra del virus, hanno deciso di giocare con lui?
Se hai un amico minimizzatore o negatore, per favore, fagli leggere questo post e digli da parte mia che è un criminale, ma senza la dignità di quei criminali che pianificano i loro crimini e li portano a termine, no, è più un criminale tipo Schettino. “Te lo ricordi Schettino?” digli, “ecco, tu sei così. Un criminale deficiente”.